Quello che Di Maio non racconta sugli effetti del Decreto Dignità

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-12-07

La macchina della propaganda del MoVimento 5 Stelle ci racconta oggi dei prodigiosi effetti del Decreto Dignità che ha portato ad un vertiginoso aumento dei contratti a tempo indeterminato. Ma se si vanno a guardare i numeri del 2018 si scopre che l’aumento c’era anche prima dell’entrata in vigore della legge di Di Maio. Come mai?

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Nei giorni scorsi Assolavoro e Federmeccanica hanno lanciato l’allarme sugli effetti del Decreto Dignità. Secondo l’associazione delle imprese industriali del settore metalmeccanico «il 30% delle imprese del settore non rinnoverà, alla data di scadenza, i contratti a tempo determinato in essere». Per Assolavoro – l’associazione nazionale delle agenzie per il lavoro – dal primo di gennaio 2019 53mila persone non potranno più essere impiegate con le Agenzie per il Lavoro a causa del raggiungimento del tetto massimo di 24 mesi (prima era 36) per un impiego a tempo determinato. La stima prudenziale è basata su quanto previsto da una circolare del Ministero del Lavoro che ha retrodatato a prima dell’entrata in vigore della legge di conversione del Decreto Dignità il termine da considerare per gli assunti dalle agenzie.

Di Maio e i fantastici effetti del Decreto Dignità

È comprensibile quindi che Luigi Di Maio abbia voluto correre ai ripari con un post ad effetto su Facebook.  Il ministro del Lavoro ha pubblicato su Facebook lo screenshot di un commento di una ragazza che recita: «Grazie al decreto dignità oggi il mio contratto è stato cambiato in indeterminato. Grazie Luigi». Segue emoticon con il baciotto.  Lo screen è presentato al pubblico dei fan pentastellati come la prova provata dell’effetto del decreto dignità.

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Il ministro del Lavoro poi ha tenuto a precisare che di messaggi come questo gliene sono arrivati diversi in questi mesi (il provvedimento è entrato in vigore il 14 luglio) ma soprattutto sono arrivati i dati ufficiali del Ministero relativi alle attivazioni di contratti di lavoro nel terzo trimestre del 2018. Di Maio può così annunciare trionfante che «ci sono state 56 mila e 400 trasformazioni in più di contratti da tempo determinato in tempo indeterminato. Cioè sono aumentati di quasi il 50% rispetto allo stesso periodo del 2017».

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«Che botta che abbiamo dato alla precarietà smontando quella follia del Jobs Act! Finalmente le persone tornano a respirare» commenta Di Maio prima di dare un abbraccio a tutte le 56.400 persone che adesso «possono iniziare a scrivere una nuova storia della loro vita!». Ma davvero i dati relativi al terzo trimestre sono effetto del Decreto Dignità?

Cosa dicono davvero i dati sulle trasformazioni dei contratti a tempo determinato

Per scoprirlo – fa notare Mario Seminerio su Phastidio – sarebbe necessario confrontarli con quelli dei trimestri precedenti. Se il numero di attivazioni di contratti a tempo determinato è stabile non si può certo attribuire il numero delle assunzioni a tempo indeterminato alla legge voluta da Di Maio. Partiamo intanto dai dati forniti dal Ministero del Lavoro: nel terzo trimestre del 2018 il 67,4% delle attivazioni è costituito da rapporti di lavoro a Tempo Determinato, mentre quelli a Tempo Indeterminato raggiungono il 18,9% del totale. La maggior parte dei nuovi contratti di lavoro quindi – grazie al Decreto Dignità? – è ancora per contratti a termine.

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Ma anche così è possibile ancora sostenere che il numero di trasformazioni di contratti da tempo determinato a tempo indeterminato sia uno degli effetti positivi del Decreto Dignità. Di Maio si limita a dire che il numero di trasformazioni è in aumento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno con un +48,6% (173mila trasformazioni). Ma come sono andate le cose durante i due precedenti trimestri del 2018?

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Consultando il rapporto dell’osservatorio dell’INPS sul precariato pubblicato il 10 novembre scorso (quindi i dati relativi al terzo trimestre sono ancora provvisori rispetto a quelli del Ministero del Lavoro) ci si può fare un’idea più precisa di come Di Maio stia nascondendo alcuni dati per far risultare dai numeri di ieri l’esistenza di un successo del Decreto Dignità. Ecco quindi che si scopre che nel primo trimestre 2018, le trasformazioni sono state 141.315 con un aumento del 55% rispetto allo stesso trimestre del 2017. Durante il secondo trimestre del 2018 le trasformazioni dei contratti a termine a tempo indeterminato sono state 121.645 e l’aumento rispetto al 2017 è stato più contenuto (+32%). Però durante quel periodo il Decreto Dignità non c’era, come è possibile quindi che ci sia stato un aumento delle trasformazioni dei contratti a tempo indeterminato? Evidentemente l’aumento tanto sbandierato dal ministro non è un effetto del Decreto Dignità. Di Maio lo sa e infatti sul Blog scrive che «le aziende già avevano previsto questa inversione di tendenza quando il decreto è stato approvato». Che è un modo per dire che anche il MoVimento 5 Stelle sa bene che è ancora troppo presto per cantare vittoria (così come è troppo presto per dare la colpa dell’aumento della disoccupazione al Decreto Dignità) e quindi sostiene che le aziende avessero previsto il contenuto del Decreto Dignità e avessero quindi iniziato ad adeguarsi ancora prima. Ma non è così.

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