Politica
Di Maio indica la manina: è quella di Giorgetti
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2018-10-20
Di Maio ha accusato ma senza fare nomi, nella migliore tradizione dei Conigli Mannari della Prima Repubblica. Ma l’identikit è precisissimo
Luigi Di Maio ha un colpevole per la storia dello scudo penale nel condono fiscale: si tratta del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti. Proprio quel Giorgetti che pronosticava uno schianto solitario per il M5S in un’intervista ieri e che sembra sempre più ai ferri corti con il MoVimento 5 Stelle. Sotto accusa c’è il preconsiglio dei ministri che doveva servire a risolvere i nodi tecnici del maxicondono firmato Lega e M5S e che però non è stato convocato. Un dettaglio importante: Di Maio ha accusato ma senza fare nomi, nella migliore tradizione dei Conigli Mannari della Prima Repubblica:
«Le norme del decreto dovevano essere scritte tecnicamente in un preconsiglio che non c’è stato. Chi avrebbe dovuto convocarlo? Non Giuseppe Conte. E mi fermo qui». Il nome che non fa, ma che indica, è quello di Giorgetti. Che secondo una ricostruzione raccolta in casa 5 stelle era furente già lunedì. Talmente in difficoltà per un accordo politico che non gli piaceva da andar via prima dal Cdm sbattendo la porta.
Sarebbe stato lui, per i grillini, ad accordarsi per scrivere il testo con i tecnici del Mef in modo da allargare le maglie del condono. Rileggendo tutto, qualcuno a Palazzo Chigi se ne sarebbe accorto e avrebbe avvisato Laura Castelli, che a sua volta avrebbe avvisato Di Maio. Ma perché, chiede Salvini e chiede la logica, il leader M5S sceglie di andare a denunciare un’oscura manina a Porta a Porta invece di chiamare l’alleato? Perché cerca di accusare ancora una volta i tecnici del ministero?
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Il tutto fa parte di una teoria del complotto ben delineata:
La verità è che Di Maio è convinto da tempo che la Lega di Salvini e quella di Giorgetti e del viceministro al Mef Massimo Garavaglia siano due partiti diversi. Ha un feeling con la prima, non sopporta la seconda. Pensava che alzare la posta con un attacco così plateale avrebbe convinto il ministro dell’Interno a stare dalla sua parte, ma ha sbagliato i conti. C’entrano poco i fichiani della maggioranza e la festa di oggi al Circo Massimo.