Di Maio e il contratto alla tedesca che PD e Lega non potranno rifiutare

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Il candidato premier del MoVimento 5 Stelle non vuole fare accordi ma prendere impegni (e non vende sogni, ma solide realtà). Peccato che quello che chiede in cambio a PD e Lega sia impossibile. A meno di non ingoiare il rospo Berlusconi

In un lungo post pubblicato sul Blog delle Stelle, Luigi Di Maio propone al Partito Democratico e alla Lega un contratto di governo “come quello che viene sottoscritto dalle principali forze politiche in Germania dal 1961”. Il candidato premier del MoVimento 5 Stelle vuole sottoscrivere un contratto “in cui scriviamo nero su bianco, punto per punto, quello che vogliamo fare, dove si spiega per filo e per segno come si vogliono fare le cose e in quanto tempo. Dentro si inseriscono tutti i dettagli delle cose che si devono fare, si firma davanti agli italiani e poi si realizza. Quello che c’è scritto è ciò che il governo si impegna a fare”.



Di Maio e il contratto alla tedesca che PD e Lega non potranno rifiutare

L’iniziativa politica di Di Maio, che “non è un’alleanza né un accordo ma un impegno” (qualunque cosa ciò voglia dire) è indirizzata esplicitamente alla Lega o al Partito Democratico, secondo la politica dei due forni di andreottiana memoria: come la Democrazia Cristiana negli anni Sessanta «per acquistare il pane (cioè fare la politica più congeniale ai propri interessi alleandosi con altre forze), doveva servirsi di uno dei due forni che aveva a disposizione, a seconda delle opportunità: il forno di sinistra (socialisti), il forno di destra (liberali, eventualmente anche i missini)», così Di Maio evidentemente ritiene che sia la Lega che il PD possano avere in comune con il M5S abbastanza da poter sostenere un governo insieme.



Ma, sostiene sempre Di Maio, per riuscire nell’accordo è necessario che o la Lega molli Berlusconi o il PD molli Renzi. E, ovviamente, che il presidente del Consiglio sia la personalità espressa dal MoVimento 5 Stelle, ovvero lui stesso. Un modo un po’ curioso di fare un’offerta che non si può rifiutare, come succedeva nel Padrino.

Il centrodestra disunito e il PD anti-Renzi

Di Maio infatti dovrebbe essersi accorto del fatto che la Lega governa insieme a Berlusconi dal 1994, che oggi molte giunte comunali e regionali si reggono in base all’alleanza tra Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia e che proprio per questo l’accordo tra i due partiti non può essere superato a cuor leggero da Matteo Salvini viste le prevedibili conseguenze che questo avrebbe sulla politica italiana. Tanto più che è lo stesso Di Maio a dire che questa non è un’alleanza e probabilmente, conclusa l’esperienza del governo, tutto tornerebbe come prima tra M5S e Lega ma probabilmente non tra Forza Italia e il Carroccio.



Il sondaggio SWG sul governo Lega-M5S (Il Messaggero, 30 marzo 2018)

Dall’altra parte il Partito Democratico è ancora saldamente in mano a Renzi, come ha dimostrato la partita dei capigruppo. Se anche il PD si liberasse di Renzi, come nei desiderata di Di Maio, i deputati e i senatori renziani rimarrebbero lì e sarebbero pronti, ove necessario, a tanti agguati parlamentari per rompere le uova nel paniere all’alleanza tra M5S e quel che resta del PD. È probabile che un governo Di Maio non trovi nemmeno i voti necessari per la prima fiducia in Parlamento. Figuriamoci per realizzare i punti del programma frutto dell’eventuale accordo tra un Partito Democratico decapitato e un M5S a guida Di Maio.

Il governo possibile

L’offerta di Di Maio insomma non sembra aver considerato le troppe incognite che le svolte che lui stesso chiede a PD e Lega si porterebbero dietro. C’è poi la questione del programma. Che ha maggiori punti in comune tra il M5S e la Lega rispetto al Partito Democratico, ma di questo il leader M5S non sembra si voglia preoccupare. Anzi: lui così attento ai temi, non ha sprecato nemmeno una parola per dire quali punti di contatto ci sarebbero tra PD e M5S o tra Lega e M5S, mentre chiedeva un’alleanza necessaria per raggiungere i numeri per il governo. Un po’ curioso, no?

Fonte: Il Sole 24 Ore del 06/03/2018

Di certo il probabile no del Partito Democratico a qualsiasi proposta di collaborazione con il MoVimento 5 Stelle porterà prima o poi Luigi Di Maio a rassegnarsi all’evidenza che dei due forni soltanto uno è aperto e solo lì può recarsi per comprare il pane. D’altro canto anche stamattina si scriveva che Salvini sarebbe pronto a incassare tre ministeri di peso per il Carroccio, in un eventuale esecutivo populista: Economia, Interni e Sviluppo economico. E sarebbe disposto a restare fuori dal governo. Per non bruciarsi. Per evitare di sottostare plasticamente all’alleato in consiglio dei ministri. E per garantirsi mani libere, utili a staccare la spina al patto giallo-verde in qualsiasi momento. Tutto questo è possibile, se il forno del centrodestra rimanesse aperto. Ma è difficile che riesca a far schiodare Berlusconi dalla cassa.