Come il piano Lamorgese per mandare i piccoli spacciatori in carcere rovinerà il settore della cannabis legale

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2020-02-21

La ministra dell’Interno sta lavorando ad una riforma del Testo Unico sulle droghe per consentire la custodia cautelare in carcere anche degli spacciatori “recidivi” trovati in possesso di “modiche quantità” di sostanze stupefacenti. Ma oltre a non essere la risposta adeguata questo provvedimento rischia di far finire in carcere anche quelli che coltivano la canapa legale

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La ministra dell’Interno Luciana Lamorgese sta lavorando ad una nuova legge per mandare in carcere gli spacciatori abituali, anche se trovati in possesso di piccole quantità di sostanze stupefacenti. Il Viminale sta studiando assieme al Ministero della Giustizia di Alfonso Bonafede una modifica al Testo unico sulle droghe del 1990 «per arrestare immediatamente con la custodia in carcere coloro che si macchiano di questo reato».

Cosa prevede la riforma Lamorgese-Bonafede del Testo unico sulle droghe

L’idea è quella di colpire gli spacciatori recidivi cercando di porre un argine al fenomeno dei pusher che una volta fermati vengono rilasciati dopo poche ore e magari il giorno successivo sono già al lavoro nei luoghi di spaccio. L’attuale normativa prevede infatti (ai commi 5 e 5 bis dell’articolo 73 del Testo Unico) la sospensione condizionale della pena se si tratta di un reato di lieve entità (vale a dire in caso di una modica quantità di sostanze stupefacenti) con la possibilità di accedere al lavoro di pubblica utilità al posto di pene detentive e pecuniarie. Come ha spiegato la ministra Lamorgese a margine Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza in Prefettura ad Ancona: «ho predisposto una norma per superare l’attuale disposizione dell’art. 73 comma cinque che non prevede l’arresto immediato per i casi di spaccio». Spesso infatti gli spacciatori “al dettaglio” non hanno addosso che una minima quantità di droga e questo secondo le associazioni delle forze dell’ordine consente loro di accedere alla “scappatoia” prevista dall’articolo 73.

mantero lamorgese bonafede spacciatori recidivi cannabis light - 1

Poco altro si sa al momento sulla natura della riforma del Testo Unico sulle sostanze stupefacenti, ma le reazioni non sono mancate. Secondo il senatore del M5S Matteo Mantero «lo spaccio di droga non si combatte aumentando le pene per i “pesci piccoli” ma eliminando il mercato». Pare infatti che la modifica legislativa non faccia alcuna distinzione sul tipo di sostanze stupefacenti equiparando chi viene trovato in possesso di modiche quantità di cannabis a chi viene trovato in possesso di altre droghe considerate invece pesanti come eroina e cocaina. Per Benedetto Della Vedova di +Europa «la grande idea dell’esecutivo rischierà di mandare in galera decine di migliaia di giovani e meno giovani anche solo per qualche canna in tasca». Mentre Riccardo Magi sottolinea che «dai dati contenuti nel decimo Libro bianco sulle droghe del giugno 2019 emerge che il 30 per cento degli ingressi in carcere nel 2018 è stato causato da imputazioni o da condanne per spaccio», un dato che in mancanza di una legalizzazione della cannabis e di una proporzionalità delle sanzioni in base al tipo di sostanza dimostra che il carcere non è la soluzione al problema dello spaccio di droga. Anche per Magistratura Democratica questa proposta significa «ignorare l’inutilità della risposta carceraria a questo problema».

Perché la proposta di riforma della ministra Lamorgese danneggia il settore della cannabis legale

Come sottolinea in un comunicato stampa Luca Fiorentino di Cannabidiol Distribution (un’azienda attiva nel settore della cannabis legale, o light) questo potrebbe far finire in carcere anche chi non spaccia ma che potrebbe essere considerato uno spacciatore: «si pensi, a titolo di semplice esempio, all’acquirente di sostanza stupefacente il quale, per fini di semplice approvvigionamento, decida di comparare un quantitativo che, al momento del controllo della polizia giudiziaria, possa non sembrare destinato esclusivamente all’uso personale».

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C’è da rilevare inoltre che non è molto chiaro nemmeno il concetto di “recidiva” e questo secondo Fiorentino potrebbe addirittura far finire in carcere i produttori, i coltivatori e i negozianti che vendono cannabis legale. Il combinato disposto della nuova normativa prevista dal Lamorgese e Bonafede e del vuoto normativo sulla vendita dei derivati della Cannabis light rischia infatti di stroncare definitivamente il settore della canapa legale. Spiega infatti Fiorentino che anche se non si parla specificamente di canapa o cannabis light «tutti i negozianti e i coltivatori del settore della canapa sono indagati per spaccio a causa del vuoto normativo. Quindi chiunque in caso di secondo controllo potrebbero essere considerati spacciatori “recidivi” e quindi finire in carcere». Si tratta di migliaia di lavoratori onesti che nulla hanno a che fare né con lo spaccio né con la droga.

Dal punto di vista procedurale, scrive Fiorentino nel comunicato, la misura della custodia cautelare in carcere non può applicarsi – ai sensi del comma 2bis dell dall’art. 275 codice procedura penale – “se il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni“. Dal momento che la pena prevista per il fatto di lieve entità è la reclusione da sei mesi a quattro anni e che la quasi totalità dei processi avviene secondo riti alternativi che prevedono lo sconto di un terzo della pena ne consegue che sarebbe sostanzialmente impossibile (o in ogni caso molto improbabile) poter applicare la misura della custodia cautelare in carcere proprio per le fattispecie di reato contemplate dalla ministra Lamorgese.

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