Zingaretti e Di Maio, la cena delle beffe

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-08-24

La chiusura a sorpresa di una trattativa nata male e finita peggio: o il PD accetta il ritorno dell’Avvocato del Popolo o il M5S torna con la Lega. L’alternativa è Di Maio premier in un governo con il PD

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Giuseppe Conte presidente del Consiglio e taglio dei parlamentari come diciamo noi: la cena in casa di Vincenzo Spadafora tra Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti, che in teoria avrebbe dovuto ratificare il patto, in realtà sembra la premessa di una definitiva rottura. Se è vero che il M5S pone come pregiudiziale l’immediato taglio dei parlamentari e il ripristino dell’avvocato del popolo nelle sue funzioni di premier, si capisce che il MoVimento ha fatto la sua scelta. E intende far saltare la trattativa per tornare tra le braccia della Lega.

La cena delle beffe tra Zingaretti e Di Maio

Zingaretti aveva pubblicamente dettato nei giorni scorsi alcuni punti fermi nella trattativa: serve discontinuità rispetto a Conte perché un discorso contro Salvini non cancella tutti i mesi in cui è rimasto appecoronato ai bisogni dell’ex vicepremier. E serve anche ripartire da zero sul taglio dei parlamentari per inquadrarlo nell’alveo di una riforma costituzionale che prenderà tempo, ovvero tutta la legislatura, insieme a una nuova legge elettorale che tolga i collegi uninominali per non favorire Salvini. Invece Di Maio spariglia e fa saltare il banco. Spiega Tommaso Ciriaco su Repubblica che la tattica serve a tornare dalla Lega, ma senza Conte:

«Eppure – gli ricorda Di Maio con malizia – anche i renziani sono favorevoli al ritorno di Conte a Palazzo Chigi». E’ esattamente il motivo per cui Zingaretti deve resistere. Le contraddizioni, però, spazzano via anche l’unità di facciata dei vertici grillini. Perché la sfida di Di Maio nasconde un motivo inconfessabile: il vicepremier ha già riavviato il dialogo con Matteo Salvini. Con Zingaretti nega decisamente, «parlo sono con il Pd, la Lega è un capitolo chiuso». Ma in realtà esiste uno schema già pronto. Ne hanno discusso anche i pontieri grillo-leghisti, chiedendo ai vertici cinquestelle una risposta entro le 10 di lunedì mattina. Prevede una riedizione gialloverde con i “quattro cavalieri populisti” nei ruoli chiave. L’unico che potrebbe sfilarsi, come detto, è Giuseppe Conte.

Le cronache della cena raccontano che è stata a base di pizza bianca. Tommaso Labate sul Corriere dice che c’è stato un contatto tra Zingaretti e Renzi prima della cena delle beffe:

Di fronte alla contromossa di Di Maio, siamo alle 20.10, il segretario del Pd telefona al senatore di Rignano. «Mi ha chiamato Di Maio per incontrarci. Mi proporrà Conte premier e io gli dirò di no. Tu da che parte stai?», è la richiesta secca. «Da quella del Pd. E quindi dalla tua»,è il ragionamento d iRenzi.

E spiega come potrebbe finire la partita:

Al Nazareno, a notte fonda, c’è chi predica pessimismo. Della serie, «non ne usciremo, se siamo distanti sul premier non faremo neanche il secondo step». Ma dal fronte dei pontieri si suggerisce una seconda lettura: Di Maio userà il no di Zingaretti (e Renzi) a Conte per togliere dal risiko proprio il suo antagonista più insidioso, quell’avvocato del popolo rilanciato ieri in pompa magna da Grillo. Dice un ex ministro pd: «Luigi sapeva benissimo che avremmo detto no subito a Conte, non è un ingenuo. Quindi o voleva chiudere subito i ponti con noi per tornare da Salvini oppure voleva far fuori il nome di Conte per sempre».

E si torna allo spettro dei due forni. Con un terzo scenario: i due leader di Pd e M5S una terza via ce l’hanno. Un governo con l’unico scopo di approvare una legge elettorale proporzionale e sbarrare la strada ai «pieni poteri» di Salvini. Un piano diabolico, che consentirebbe a entrambi di darsi appuntamento dopo il voto. E stavolta per fare sul serio.

Le alternative: Di Maio premier o il ritorno con la Lega

Se il nome di Conte cade, il M5S a questo punto potrebbe proporre proprio Luigi Di Maio come premier, portando a casa l’offerta della Lega ma con il Partito Democratico, come preconizzato ieri da Alessandro Di Battista. Intanto, racconta oggi Ilario Lombardo sulla Stampa, il ministro dell’Interno sta cercando un contatto con Di Maio e gli avrebbe già inviato un messaggio whatsapp per vedersi.

aggio whatsapp per vedersi. Sembra essere tornati al marzo 2018, quando i grillini avevano davvero di fronte due strade. Ora è passato un anno, Di Maio e Salvini che allora non si conoscevano hanno fatto in tempo a stimarsi e a deteriorare il rapporto di fiducia. Eppure c’è chi alle sirene della Lega non rinuncia. Come anche all’altro scenario: il voto. Di Battista, vede il duplice corteggiamento al M5S, e chiede di alzare la posta al massimo, convinto che se si tornasse a elezioni ci sarebbero voti a valanga per il Movimento.

pd m5s trattativa

«Se invece andiamo col Pd scendiamo al 5%», dice a Di Maio dopo una giornata passata a leggere i commenti sui social. Ma la sua uscita fa inferocire i gruppi parlamentari compatti a sostegno del governo giallorosso. I capigruppo rimangono stupiti: perché hanno sentito con le loro orecchie quando Di Battista ha dato un sì condizionato al Pd nelle villa toscana di Grillo. Ha cambiato idea su Facebook, sostengono. Luigi Gallo lo silura: «Irresponsabile, vuole far precipitare il Paese per farsi rieleggere». Le chat si infiammano: «Fatelo tacere, a che titolo parla?».

La chiusura a sorpresa di una trattativa nata male e finita peggio.

Copertina da: Il Fatto Quotidiano

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