Fact checking
Rosatellum Bis: la legge elettorale voluta dal PD rischia di far perdere (male) il PD
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2017-10-14
Il M5S, pur in difficoltà, si aggiudicherebbe più collegi uninominali così come il centrodestra. Il Partito Democratico invece sarebbe a rischio anche nelle regioni tradizionalmente rosse. Mentre il centrodestra…
Il Rosatellum bis, fortemente voluto dal Partito Democratico, rischia di far perdere male il Partito Democratico. La caratteristica aggiuntiva rispetto alla legge in vigore, ovvero i collegi uninominali, penalizza proprio il centrosinistra che, in base alle simulazioni, rischia di aggiudicarsene meno del centrodestra e meno del MoVimento 5 Stelle.
La legge elettorale penalizza il Partito Democratico
Il Corriere della Sera ieri ha pubblicato un riepilogo degli effetti del Rosatellum Bis: in base all’elaborazione spalmata su tutto il territorio nazionale, affiorano tre dati spiazzanti, riepilogato oggi da Fabio Martini sulla Stampa:
Il primo: se si votasse oggi, nei collegi il Pd e l’alleato Alfano se ne aggiudicherebbero pochi (58), molti meno della coalizione di centro-destra (108 collegi-Camera), ma a sorpresa meno anche del solitario Movimento Cinque Stelle (70). Una cattiva performance, quella del Pd, che è determinata dalla seconda sorpresa: nelle regioni “rosse” il Pd non farebbe il consueto “cappotto”, in particolare in Emilia-Romagna, Marche, Umbria, Liguria e anche Campania.
Terza sorpresa. Lo studio Ipsos dimostra che con l’Italicum “corretto”, la legge elettorale attualmente in vigore e ricavata dalle sentenze della Consulta, il Pd conquisterebbe alla Camera 178 seggi, mentre il Rosatellum in via di approvazione gliene assegnerebbe 163.
La decisione di inserire i collegi uninominali, pensata per dare una chance di governabilità a chi vincerà, fallirebbe quindi l’intento di regalare la maggioranza (il centrodestra si aggiudicherebbe 238 seggi alla Camera) la sera del voto, ma in compenso avrebbe la curiosa caratteristica di far perdere il Partito Democratico sia nella ripartizione proporzionale che in quella dei collegi, dove il partito di Renzi arriverebbe terzo.
Il Rosatellum Bis fa perdere male il Partito Democratico
La Stampa racconta il caso esemplare delle regioni rosse: nel 1996 in Emilia-Romagna l’Ulivo (a trazione Prodi) vinse in 31 collegi su 32, nel 2001 (quando le elezioni le vinse Berlusconi), il cappotto si ripete: 30 contro i 2 collegi vinti dal centrodestra.
Ed ecco la sorpresa: col Rosatellum voluto da Renzi, in Emilia il Pd vincerebbe in meno metà dei collegi (5 su 11). Nelle Marche, nel 1996 l’Ulivo conquistò 11 collegi su 12, oggi ne prenderebbe 2 su 7, in Liguria 10 su 14 nel 1996 e oggi 2 su 7. L’en plein sarebbe confermato soltanto in Toscana con 12 collegi vinti su 14. Una caduta che ha una spiegazione quasi “meccanica”. Sostiene Piero Martino, già portavoce del Pd durante la segreteria Franceschini e che da qualche settimana è passato con Mdp: «Nei collegi delle regioni “rosse”, le percentuali che vengono attribuite a Mdp sono superiori a quelle della media nazionale e dunque quando al candidato del Pd venisse a mancare un 6-8 per cento in un collegio, questo finirebbe per diminuirne le possibilità di vittoria».
Quindi una situazione che porterebbe il PD a far parte del terzo raggruppamento, una situazione peggiore a quella del 2013, quando non si era vinto ma si era arrivati primi, per rovesciare il concetto di Bersani.
Le regioni decisive e il voto utile
A contrastare l’ombra di questo effetto paradossale c’è la possibilità, spiega oggi il Messaggero, che le candidature azzeccate nei collegi ribaltino il risultato finale.
Al momento gli addetti ai lavori danno in bilico moltissimi seggi maggioritari, almeno 80,e molti di questi – circa 30 e forse di più – i sondaggi di questi giorni li attribuiscono ai 5 Stelle che però sul territorio finora hanno vinto, e in qualche caso stravinto, solo con il meccanismo del doppio turno. Secondo gli esperti poi le prossime elezioni saranno decise in quattro regioni: Piemonte; Lazio; Campania e Puglia.
Per i 18 seggi sabaudi la partita si giocherà fra centro-sinistra e centro-destra, mentre nel Centro-Sud molto dipenderà dalla tenuta dell’elettorato grillino ma anche dal peso che eserciteranno i ras politici locali come i governatori delle Regioni oppure personaggi forti sul territorio come ad esempio Raffaele Fitto in Puglia.
A determinare l’esito della partita potrebbe essere infine il cosiddetto “effetto voto utile”. Accadde nel 2008 quando la sinistra radicale finì sotto il 3% e non entrò in Parlamento schiacciata dalla sfida fra Walter Veltroni e Silvio Berlusconi. «Il voto utile attrae elettori di sinistra e anche astensionisti e potrebbe far crescere il consenso per il Pd e per Forza Italia, quest’ultima anche del 2% che equivale a 5/600mila voti – dice al quotidiano Enzo Risso, direttore della casa di sondaggi SWG – Mentre la capacità di espansione di M5S e Lega da qualche tempo è stazionaria».
Il centrodestra a trazione leghista
Il leader della Lega intanto si gode i risultati del sondaggio Index per la trasmissione Piazza Pulita che attesta il suo partito in testa rispetto al resto del centrodestra. Non solo: se la Lega Nord cresce di uno 0,2% arrivando al 14,8% mentre Forza Italia è inchiodata al 14,2%, così come Fratelli d’Italia, dato al 5,3%. Se il trend di crescita venisse confermato ed il centrodestra unito dovesse arrivare primo, spetterebbe dunque al Carroccio esprimere il candidato premier. Uno scenario che non preoccupa Arcore dove regna la convinzione che con Silvio Berlusconi attivamente in campo per la campagna elettorale, Fi possa tornare ad essere il partito guida della coalizione.
Intanto M5s, Mdp e SI annunciano battaglia in Senato. Luigi Di Maio ha promesso di “continuare la battaglia” anche in Senato, mentre Loredana De Petris, inventrice dell’ostruzionismo a suon di emendamenti (6.000 sulla riforma costituzionale), ammonisce a non mettere la fiducia anche a Palazzo Madama. Alfredo d’Attorre ha poi sollevato un altro problema: c’è un errore materiale nel testo, che la Presidenza della Camera, come avviene in casi simili, sta correggendo nell’ambito del coordinamento formale del testo, di cui ha ricevuto mandato in Aula. D’Attorre sostiene che l’errore non è formale e va corretto in Senato, il che richiederebbe una terza lettura alla Camera. Si può prevedere quindi a Palazzo Madama una bagarre già su questo punto. In MDO, il partito più danneggiato insieme a Sinistra Italiana dai collegi uninominali, c’è la convinzione che se la legge non fosse approvata prima delle elezioni siciliane del 5 novembre, potrebbe saltare l’accordo tra Pd, Ap, Fi e Lega. Per questo una terza lettura alla Camera, foss’anche per una modifica minima del testo apportata in Senato, aprirebbe degli spiragli per lo schieramento che si oppone al Rosatellum.