Scatta il primo aprile il blocco della rivalutazione delle pensioni per gli assegni al di sopra dei 1500 euro lordi. Il meccanismo messo a punto dal governo prevede sei fasce. Per gli assegni da 3 a 4 volte il minimo (sotto la rivalutazione è piena, come prima) l’adeguamento sarà del 97%. Per quelle da 4 a 5 la percentuale scende al 77%. Poi il taglio inizia a diventare robusto. Tra 5 e 6 volte l’asticella si ferma al 52%, per quelle tra 6 e 8 al 47% e per quelle tra 8 e 9 volte al 45%.
Al di sopra la perequazione si ferma al 40%. Di che cifre stiamo parlando? Tenendo conto che il tasso di inflazione annuo è stato fissato, in via provvisoria, all’1,1%, è possibile effettuare qualche calcolo. La perdita è ovviamente più leggera per le pensioni più basse. Anzi, quelle tra 3 e 4 volte il minimo guadagneranno addirittura qualcosa, visto che la legge del 2000 prevedeva una rivalutazione al 90 e quella del governo Conte al 97%.
Dallo scalino successivo, però, si inizia a pagare. Pochi euro al mese per chi prende un assegno tra 4 e 5 volte (da 2.052 a 2.565 euro lordi, che sono 1.800 netti). Ma dopo il salasso si fa più sostanzioso. Per le pensioni da 6 volte il minimo (3.078 lordi, poco più di 2mila euro netti) la perdita annuale è di 167 euro, per quelle da 7 volte il minimo (3.591 lordi, circa 2.500 netti) è di 184 euro. Continuando a salire si arriva a 322 euro l’anno per pensioni di 10 volte il minimo (5.130 lordi).
Quindi nei prossimo mesi l’Inps comunicherà le modalità di recupero delle somme relative al periodo gennaio-marzo 2019. Che sono la vera materia del contendere.
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