Rimborsopoli e non solo: tutto quello che non torna nelle rendicontazioni a 5 Stelle

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-02-13

Due parlamentari a 5 Stelle sono a rischio espulsione perché hanno mentito sui bonifici al fondo per il Microcredito. Ma nel MoVimento “francescano” quasi nessuno si dimezza davvero lo stipendio. Mentre c’è chi i rimborsi se li spende tutti, fino all’ultimo centesimo. E l’indennità?

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I vertici del MoVimento 5 Stelle si affannano a spiegare che i deputati e i senatori che hanno mentito sulle restituzioni non hanno fatto nulla di illegale ma hanno solo violato le regole interne del partito. Motivo per cui Cecconi e e Martelli hanno preso l’impegno a dimettersi una volta eletti. Il che naturalmente non significa nulla, perché delle dimissioni dei due parlamentari decideranno le Camere. Ed è già successo che per un’intera legislatura un ex portavoce del M5S – il senatore Giuseppe Vacciano – si sia visto respingere per cinque volte la richiesta di dimissioni.

I 5 Stelle che si tengono quasi tutti i rimborsi

È quindi del tutto da stabilire la sorte di Cecconi e Martelli che con ogni probabilità intanto verranno eletti grazie alla candidatura nel MoVimento 5 Stelle. E ci sarebbe da aprire una lunga discussione sulle capacità non solo di controllo dei rendiconti ma di selezione dei candidati pentastellati. Possibile che dopo aver passato cinque anni a chiedere elezioni un mese sì e uno pure il M5S si sia fatto trovare così impreparato all’appuntamento decisivo?Cosa sarebbe successo se le Iene (o altri giornalisti) non avessero scoperto le falle interne al M5S? In nome della trasparenza qualcuno le avrebbe denunciate dall’interno? Se non è successo fino ad oggi, ovvero fino a che il MoVimento non ha sentito sul collo il fiato dei media, è lecito pensare di no. Nel frattempo segnaliamo che da ieri la senatrice Barbara Lezzi risulta dispersa dopo aver annunciato di volersi recare in banca a recuperare lo storico dei bonifici di restituzione da lei effettuato.

Lo stato dei rendiconti sui rimborsi aggiornato al 9 febbraio. Tabella elaborata da Mariangela Paradisi (via Facebook.com)

Maurizio Buccarella invece ha “spiegato” di aver revocato bonifici per 12mila euro perché voleva “chiudere il conto corrente”. Gli altri 5 Stelle si trincerano dietro una difesa ridicola: quelle dei portavoce sono delle donazioni, nessuno li obbligava a farle e gli altri non le fanno. Insomma a caval donato non si guarda in bocca e poco importa che quei 20 milioni di donazioni dichiarate al Fondo per il Microcredito non rappresentino che una piccola percentuale delle disponibilità del Fondo stesso.

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Lo stato dei rendiconti sui rimborsi aggiornato al 9 febbraio. Tabella elaborata da Mariangela Paradisi (via Facebook.com)

Visto che l’onestà non è proprio così “onesta” cosa rimane quindi? La trasparenza. Ed è proprio grazie alla trasparenza che qualcuno ha fatto i conti sui rimborsi percepiti da importanti esponenti del MoVimento quali Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Paola Taverna, Roberto Fico o Roberta Lombardi e li ha confrontati con quelli di Andrea Cecconi. Conti alla mano, le tabelle elaborate dalla professoressa Mariangela Paradisi ci fanno vedere che Cecconi non è certo l’unico pentastellato a incassare la quasi totalità dei rimborsi. I recordman in questo senso sono Taverna e Toninelli. E c’è da ricordare che Paola Taverna vive a Roma quindi non si fa nemmeno rimborsare vitto e alloggio.

Quel rimborso di Toninelli per l’assistenza sanitaria integrativa della casta

Si dirà: tutto quello che spendono i 5 Stelle è “rendicontato al centesimo”. Nessuno però ha mai visto quei famosi scontrini. E risulta difficile credere che Roberta Lombardi sia così precisa da essere riuscita a restituire per sei mesi di fila la stessa identica cifra. C’è poi chi ha fatto notare come Danilo Toninelli si sia fatto rimborsare a marzo 2017 5.480 euro di assicurazione sanitaria integrativa (lo stesso mese Di Battista se ne faceva rimborsare appena 90 euro).

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Duemilacinquecento euro di biglietti ferroviari in un mese. Ma ti rendi conto? Fonte

Qualcuno si ricorderà come quella per l’abolizione dell’assistenza sanitaria dei parlamentari sia stata nel 2016 una delle battaglie del grillino Riccardo Fraccaro che al grido di #nonpagolacasta ne chiedeva l’abolizione. Addirittura nel 2011 il Giornale, non certo un quotidiano pentastellato, indicava le spese sanitarie come una delle vergogne della Casta. Ad aprile 2017 Fraccaro cantava vittoria, l’assistenza sanitaria non sarebbe più stata a carico dei contribuenti. Nel dubbio Toninelli il mese prima si faceva rimborsare più di cinquemila euro (e non è certo stato l’unico dei 5 Stelle ad usufruirne).

Un MoVimento molto poco francescano

L’ultima difesa è che “i deputati e i senatori del M5S si dimezzano lo stipendio”. Quanti altri parlamentari lo fanno? Anche qui bisogna distinguere tra propaganda e realtà. In aiuto ci vengono nuovamente le tabelle Excel elaborate dalla professoressa Paradisi. Si evince chiaramente che a fronte di un netto in busta pari a circa cinquemila euro i parlamentari del MoVimento 5 Stelle ne incassano poco più di tremila.

Quanto si tagliano lo stipendio i parlamentari a 5 Stelle? Dati aggiornati al 9 febbraio. Tabella elaborata da Mariangela Paradisi (via Facebook.com)

Questo significa che non è vero che i portavoce pentastellati si dimezzano lo stipendio visto che ne incassano circa il 60%. Paola Taverna, ad esempio, nel corso del 2017 ha incassato il 65,76% dell’ammontare delle indennità parlamentari quando invece stando ai proclami avrebbe dovuto guadagnare la metà rispetto ai suoi colleghi. Roberto Fico, che qualche tempo fa ci spiegava le difficoltà di vivere con tremila euro al mese, incassa mediamente il 65% del totale delle indennità parlamentari.

Quanto si tagliano lo stipendio i parlamentari a 5 Stelle? Dati aggiornati al 9 febbraio. Tabella elaborata da Mariangela Paradisi (via Facebook.com)

È chiaro che nessuno, se non le regole interne del partito di Grillo, può obbligare i parlamentari a percepire esattamente la metà. Ma il fatto che nessuno dei maggiorenti del partito rispetti quelle regole significa che non c’è nessun interesse a farle rispettare. Del resto c’è da notare che i 5 Stelle vanno dicendo che loro “hanno rinunciato ai vitalizi” quando in realtà i vitalizi propriamente detti sono stati aboliti nel 2012. E non risulta che i 5 Stelle abbiano intenzione di rinunciare alla pensione che gli spetterà in base alle regole attuali. Qualcuno si ricorderà di quando Di Battista telefonava alla mamma per dirle che lui non prendeva mica 10mila euro al mese come gli altri. Ma a conti fatti, tra rimborsi e indennità Di Battista arriva tranquillamente a quella cifra. E rimane una domanda: come faranno i pentastellati che spendono tutti i rimborsi a trovare i 300 euro al mese da versare alla Casaleggio?

EDIT ORE 13:52 13 febbraio 2018: Barbara Lezzi su Facebook posta questo status di spiegazioni:

barbara lezzi

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