Tutti quelli a cui Renzi ha rubato il nome “Italia viva”

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-09-18

Il Presidente della Campania De Luca lo definisce “un simpatico plagio” di un titolo di un’iniziativa promossa dal Comune di Salerno nel 2014. Per lo scrittore Mario Capanna, che nel 2000 ha pubblicato un libro con lo stesso titolo invece è un plagio vero. E Renzi non è nemmeno il primo a “rubarglielo” visto che nel 2008 Veltroni usò proprio L’Italia Viva come slogan per la sua campagna, quella che il PD perse contro Berlusconi

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Matteo Renzi è uscito dal Partito Democratico e ha lanciato il suo nuovo partito. Si chiamerà Italia Viva, come ha spiegato il senatore semplice di Scandicci ieri a Porta a Porta. «Il tema è non fare una cosa politichese e antipatica, noiosa. Vogliamo parlare a quella gente che ha voglia di tornare a credere nella politica» ha detto Renzi, mentre intanto si scopriva che il dominio per il sito ufficiale del partito era già stato registrato il 9 agosto, notizia che ha dato la stura a tutta una serie di ipotesi di fantapolitica vista la coincidenza temporale con l’apertura della crisi tra Lega e M5S.

Il titolo del libro di Capanna che non portò bene a Walter Veltroni

Ma nelle more del lancio del partito di Renzi spuntano anche le polemiche per i plagi dell’ex Presidente del Consiglio. Il primo a denunciare il simpatico plagio è stato il Presidente della Campania Vincenzo De Luca, che ha ricordato che Italia viva è un copyright De Luca visto che è il titolo di un’iniziativa sulla trasformazione urbana e sull’architettura moderna promossa nel 2014 quando era sindaco di Salerno.

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Ma De Luca non è l’unico a vantare “crediti” intellettuali nei confronti di Italia Viva. Lo scrittore Mario Capanna è quello che forse più di tutti può dire di aver coniato lo slogan. Capanna nel 2000 ha pubblicato per Rizzoli il saggio  Italia viva. Viaggio nel paese dell’impegno e della speranza e questa mattina su Facebook parla apertamente e non ironicamente di Renzi plagiatore facendo sapere che «un pool di avvocati mi ha contattato, offrendosi spontaneamente di approfondire, sul piano legale, le conseguenze del plagio renziano»

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Mario Capanna, già deputato e Segretario di Democrazia Proletaria e poi Eurodeputato con i Verdi ricorda anche un altro plagio che dovette suo malgrado subire: «il plagio di Renzi segue quello di Veltroni, che chiamò “L’Italia Viva” la sua campagna elettorale del 2008. Fantasia poca, come si vede. Allora lasciai correre. Ma adesso?».

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Capanna all’AdnKronos ha dichiarato: «ricordiamo tutti come andò, non gli portò certo fortuna. Credo che anche in questo caso non porterà fortuna a Renzi: il plagio non paga mai, ha le gambe corte. Lui prende una cosa buona e la converte nel suo contrario, una cosa cattiva». Ed è vero: nel 2008 l’allora Segretario del Partito Democratico chiamò “L’Italia Viva” la sua campagna elettorale. Campagna oggetto di battutine e frecciatine perché lo slogan era “si può fare”, una cosa che doveva essere un calco dello Yes we can di Obama ed è finito per sembrare essere una citazione dal film Frankenstein Junior di Mel Brooks. Certo pensare oggi che il risultato del PD di undici anni fa fu un flop fa sorridere. Veltroni prese il 33,18% dei voti, nel 2018 il PD post Renzi valeva poco più del 18%.

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Veltroni però doveva essere parecchio affezionato a quelle due paroline se nel 2011 chiamò Viva l’Italia la convention del Movimento Democratico al Lingotto. Nella locandina si legge una sorta di manifesto programmatico per la Nazione: Fuori dal Novecento, giusta, aperta, forte. E deve essere solo una coincidenza il fatto che Renzi nell’annunciare la sua scissione abbia dichiarato che «il modello novecentesco di partito non basta più per rispondere al cambiamento».

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