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Regione Sardegna: la legge del cemento sulle coste approvata

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-08-03

Supera i vincoli imposti dai Beni Culturali. Il ministero dell’Ambiente: “È contro la costituzione, va fermata”

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La “legge del cemento” della Regione Sardegna è stata approvata. Il piano del governatore azionista-leghista Solinas, varato per la prima volta nel gennaio scorso, ma che sarà addirittura retroattiva, la libera dal concordare con il Mibact i vincoli sulla fascia costiera (quella «intoccabile», fino a 300 metri dal mare), sui beni identitari e sulle zone agricole. Una materia, spiega Mario Tozzi oggi su La Stampa, su cui la stessa Regione, negli anni passati, aveva esercitato progressivamente vincoli sempre più stringenti che avevano restituito al Mediterraneo un’isola fortemente identitaria decisa a non svendere i propri gioielli.

Regione Sardegna: la legge del cemento approvata

La “legge del cemento” (21/2020), il cui scopo di scardinare il Piano Paesaggistico Regionale finora vigente, ufficialmente  serve soltanto ad evitare il parere negativo della Soprintendenza sulla strada a quattro corsie Sassari-Alghero.

Ma si poteva, eventualmente, agire solo su quel contenzioso (su cui, peraltro, le Soprintendenze hanno le loro ragioni di tutela e conservazione),  lasciando intatte le altre regole di tutela che hanno finora salvato la Sardegna dall’assalto di cemento e mattoni, sempre in agguato dell’isola.  Inoltre il ministero avrebbe potuto esercitare uno sblocco immediato per motivi di interesse superiore. Ma questi predatori di futuro conoscono solo le leggi mercantili dei prezzi e nulla sanno di valori collettivi che, in ultima analisi, sono di tutti gli italiani, non solo dei sardi. Il mare di Sardegna e il suo paesaggio interno sono patrimonio di tutti e nessuno se ne può appropriare per lucro, neanche con la scusa delle infrastrutture.

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Ma c’è di peggio, spiega il quotidiano:

A guadagnare dalla infrastrutturazione costiera non saranno gli isolani,  che finiranno, nella migliore delle ipotesi, a fare i cuochi o i camerieri o a servizio (come sempre avvenuto in passato, basta guardare la Costa Smeralda), ma sempre e soltanto i costruttori, in genere non autoctoni, che vedono la Sardegna come uno degli ultimi luoghi su cui portare i loro colpi mortiferi. Quelli, per essere chiari, che dove c’è un valore ambientale vedono una montagna di soldi e che hanno ridotto al 29% le spiagge ancora integre lungo le coste della penisola e delle isole. In Italia c’è  posto per ogni tipo di turismo balneare, c’è Riccione e c’è Tropea, ma evitare di trasformare ulteriormente un’isola ancora in gran parte intatta è un danno  per la nazione e per il turismo del futuro che non tornerà volentieri e non resterà a lungo su mari sfregiati dal cemento e, di fatto, privatizzati.

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