Popolare di Bari, la prossima banca da salvare?

Categorie: Economia, Fact checking

Il governo di quelli che se la prendevano con chi salvava le banche potrebbe presto dover fare i conti con un altro istituto di credito che da qualche tempo naviga in cattive acque, ecco perché

Dopo il salvataggio di Carige da parte del governo Lega-M5S c’è chi si chiede se la Popolare di Bari sarà la prossima banca ad essere salvata. Al momento per la banca pugliese non si parla di interventi governativi ma il perdurare della situazione di crisi e le dimissioni “improvvise” di Giulio Sapelli, il vicepresidente dell’istituto di credito nominato appena un mese fa, sono segnali che non possono essere sottovalutati.



Perché la Popolare di Bari è a rischio

C’è chi da tempo definisce la Popolare di Bari una bomba ad orologeria pronta ad esplodere nel sistema del credito italiano. A farlo è l’ADUC che da tempo denuncia i problemi strutturali della banca pugliese. Problemi che hanno radici comuni con le banche salvate dai governi precedenti. Nel 2011 la banca partecipò – assieme a Banca Popolare di Cividale, Banca Popolare Valsabbina (Brescia) e Cassa di Risparmio di Cesena – al tentativo fallito di ricapitalizzazione di Cassa di Risparmio di Ferrara acquistando azioni per di 4,037 milioni di euro. Nello stesso periodo però Carife (che è una delle banche risolte assieme a Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti) acquistò lo stesso quantitativo di azioni della Popolare di Bari partecipando al relativo aumento di capitale. Un’operazione – quella della sottoscrizione reciproca – che è vietata dalla legge perché non concorre all’aumento effettivo del capitale.



La Popolare di Bari è l’ultima delle grandi banche cooperative a trasformarsi in Società per Azioni, così come stabilito dalla legge sulle Popolari che stabilisce che debbano diventare Spa. I soci – che sono circa 70mila – però hanno visto che le azioni, acquistate a 9,53 euro quando la società  non era quotata, ora ne valgono appena 2,38 ovvero il 75,03% in meno rispetto al massimo fatto registrare dalle azioni (e il 65,51% in meno rispetto ai 7,50 euro fissati al momento della quotazione nel giugno 2017). Un valore “virtuale” perché al momento non c’è mercato. Il crollo del valore delle azioni significa anche un calo della capitalizzazione della banca, e per questo motivo si renderebbe necessario un aumento di capitale. Di quanto? Si parla di circa 250-300 milioni di euro. Soldi che però non arriveranno da soci e azionisti, che hanno visto crollare il valore delle proprie azioni. Da chi allora? Questo è uno dei dubbi principali. E ci si ricorda appunto di quando nel 2011 Carife necessitava di 150 milioni di euro per l’aumento di capitale. Le cose poi finirono come sappiamo con il grande scandalo del 2015 e i grillini a sgolarsi contro il PD “amico dei banchieri”.

I “guai” della Popolare di Bari

Ma perché la Popolare di Bari è in crisi e – secondo Aduc – addirittura sull’orlo del crack? Oltre al calo del valore delle azioni che fa diminuire il “valore della banca” nella storia della banca ci sono anche operazioni di acquisizione condotte in maniera poco assennata (per usare un eufemismo). Nel 2013 la banca acquistò Cassa di Risparmio di Teramo (Tercas) che a sua volta controllava Caripe, la Cassa di Risparmio di Pescara. Quell’acquisizione – avvallata da Bankitalia – aggravò la situazione dei conti dopo anni di gestione irregolare, bilanci in perdita, prestiti anomali che sono diventati oggetto di un’inchiesta della Procura di Bari.



Banca Popolare di Bari, i conti (La Repubblica, 6 gennaio 2019)

Le associazioni dei consumatori chiedono l’intervento del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, così come è stato già deliberato nei confronti di Carige prima del decreto del Consiglio dei Ministri. Il timore è che la Popolare di Bari stia seguendo la stessa strada delle popolari venete e quindi che l’esito possa essere analogo. Qualche segnale c’è. Ad ottobre la Consob ha sanzionato i vertici dell’istituto di credito per un totale complessivo di 2,6 milioni di euro avendo ravvisato violazioni di legge sugli aumenti di capitale del 2014 e 2015 nella vendita delle azioni ai clienti. Da parte sua la banca ribadisce di aver sempre operato nel rispetto delle norme e in dialogo con l’Autorità di controllo. Ma chi ha seguito la vicenda della Popolare di Vicenza comincia a notare troppe similitudini.

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