Fact checking
Tutta la storia del caso Boschi-Vegas
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2017-12-15
I presunti retroscena sull’incontro organizzato da Verdini. La guerra del governo Renzi al presidente di Consob. Lo stenografico della Camera e la storia del decreto sulle Popolari. E infine una verità semplice semplice che però Maria Elena Boschi non ha detto
Lo scherzetto di fine mandato di Giuseppe Vegas a Maria Elena Boschi ha radici lontane e retroscena molto interessanti, che vanno al di là delle parole pronunciate dall’ormai ex presidente della Consob alla Commissione Banche ma che delineano bene, in attesa dell’audizione di Visco e Ghizzoni, i contorni di una vicenda che si è trasformata ieri ufficialmente in un boomerang per il Partito Democratico.
Tutta la storia del caso Boschi-Vegas
In primo luogo la questione va inquadrata storicamente, e per farlo bisogna tornare ai precedenti nel rapporto tra i governi PD e la guida dell’autorità di controllo della Borsa. Che nel 2010, ricorda oggi Enrico Marro sul Corriere della Sera, suscitò molte chiacchiere sul suo ruolo super partes presentandosi a votare contro una mozione di sfiducia nei confronti del governo Berlusconi, spiegando che la sua nomina in Consob non era ancora stata perfezionata. Nel 2014 Vegas finisce sotto accusa su Report per la cancellazione degli scenari probabilisti nei prospetti informativi per i risparmiatori e Carlo Calenda lo critica: sembra il prodromo a una sua sostituzione al vertice della Consob – commissaria viene nominata Anna Genovese – ma lui rimane fino alla fine del suo mandato settennale.
E qui, un bel giorno dell’aprile 2014, incontra Maria Elena Boschi. Secondo alcune indiscrezioni riportate da Corriere e Messaggero è Denis Verdini a fare da tramite per l’incontro, anche se questo non è stato detto dagli interessati. In quei giorni il presidente della Banca Popolare di Vicenza ha annunciato la presentazione di un’offerta per Banca Etruria. Un «accordo di processo» tra le due banche viene stipulato il 12 aprile 2014, ricorda oggi Fiorenza Sarzanini. Pochi giorni dopo «le parti avviano un approfondimento congiunto avente ad oggetto, in particolare, la realizzazione di un’operazione di integrazione alla pari tra banche popolari prendendo in considerazione la possibilità di procedere ad una fusione tra i due istituti di credito». Proprio in quei giorni Boschi vede Vegas.
L’incontro tra Maria Elena Boschi e Giuseppe Vegas
Il 15 maggio arriva l’offerta e due giorni dopo il CDA di Etruria si riunisce e la respinge, ma senza un voto ufficiale. Secondo Bankitalia i vertici di Banca Etruria “rifiutarono in modo ingiustificato l’unica offerta pervenuta, quella della Popolare di Vicenza. Gli amministratori di Banca Etruria furono sanzionati sia per non aver saputo giustificare questo rifiuto sia per aver tenuto in materia un comportamento negligente e omissivo. Il Consiglio di amministrazione di Banca Etruria non sottopose ai soci la proposta di aggregazione formulata dalla Popolare di Vicenza”.
«Ho avuto modo di parlare della questione (di Banca Etruria, ndr.) con l’allora ministro Boschi», ha detto ieri alle 14 Vegas, nel suo ultimo giorno da presidente di Consob, sollevano un nuovo caso politico. Rispondendo alle domande della commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario Vegas ha aggiunto che Maria Elena Boschi espresse «un quadro di preoccupazione perché a suo avviso c’era la possibilità che Etruria venisse incorporata dalla Popolare di Vicenza e questo era di nocumento per la principale industria di Arezzo che è l’oro». Spiega oggi Gianluca Paolocci sulla Stampa che “in effetti sì, proprio il ricco settore orafo aretino era tra le fazioni contrarie alla fusione con Vicenza, timorosi di perdere«centralità» rispetto all’altro grande distretto orafo italiano, Vicenza”.
MEB e lo stenografico della discordia
La replica più velenosa è quella che la stessa Boschi tira fuori davanti alle telecamere di Otto e mezzo: «Si, ho incontrato Vegas, ci sono stati più incontri e il 29 maggio 2014, in una di quelle occasioni, Vegas mi chiese in modo inusuale di incontrarci a casa sua alle 8 di mattina, e io risposi che ci dovevamo vedere al ministero o in Consob, non a casa sua». La data di questo incontro è importante. Il giorno prima, 28 maggio, era arrivata ad Arezzo l’offerta della Popolare di Vicenza. Mentre qualche giorno dopo – il 3 giugno, risulta dai verbali di Banca Etruria – i vertici dell’istituto incontrarono a loro volta Vegas in Consob.
“Nessun favoritismo, nessun conflitto di interessi, chi ha sbagliato paga e pagherà”. Queste le parole di Maria #Etruria nel 2015. Oggi sappiamo che non era così ed è ora che la #Boschi si dimetta e lasci la politica per sempre! pic.twitter.com/dsUhSLZApW
— Danilo Toninelli (@DaniloToninelli) 14 dicembre 2017
Dopo l’incontro in Consob ci sarà, secondo quanto raccontato da De Bortoli, quello con Federico Ghizzoni, in cui la ministra «chiede di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria» all’amministratore delegato di Unicredit. Da quanto ricostruito finora ci sono state almeno due occasioni di incontro ufficiali tra l’esponente di governo e il banchiere. Non si sa invece quali e quanti siano stati gli incontri privati. La prima occasione pubblica è a dicembre 2014 per un evento Unicredit; la seconda il 7 febbraio 2015 al Forex, l’appuntamento annuale della comunità finanziaria, che quell’anno si svolge a Milano. Almeno un manager all’epoca in Unicredit racconta che a cavallo tra il 2014 e il 2015 il dossier Etruria viene affidato da Ghizzoni alla squadra che si occupa di fusioni e acquisizioni, che poi decide di non procedere. Non risultano esami simili sui dossier delle altre tre banche che finiranno commissariate.
Quel giorno alla Camera…
Ma quindi Maria Elena Boschi ha mentito quel giorno alla Camera in cui, difendendosi da una mozione piuttosto assurda presentata dal MoVimento 5 Stelle, ripeté più volte che nessun favoritismo era stato fatto nei confronti del padre per la vicenda di Banca Etruria? Dal punto di vista tecnico non ci sono “pistole fumanti” o fatti che la Boschi ha raccontato su cui si possa dire che ha detto una bugia, e ovviamente non c’è nessun reato. Dal punto di vista politico è chiara a tutti quelli che non hanno il salame sugli occhi che Maria Elena Boschi si è mossa in più occasioni per “salvare” Banca Etruria dai processi che mettevano a rischio (diciamo…) l’indipendenza della banca di cui il padre è stato consigliere e vicepresidente. Si è mossa per Banca Etruria e non per le altre tre banche successivamente risolte, né per le altre che erano in crisi. E proprio quella Banca Etruria, come ha raccontato qualche giorno fa La Stampa, dove società collegate al padre ricevevano prestiti (ma la GdF non ha riscontrato alcuna anomalia sulla vicenda).
Maria Elena Boschi potrebbe però rispondere a questi rilievi nel modo più logico: un parlamentare eletto in quei territori ha non il diritto, bensì il dovere di interessarsi a quello che sta succedendo a una banca. E questo a prescindere dalle parentele. Banca Etruria era la banca del territorio di Maria Elena Boschi e lei aveva il dovere politico di interessarsi al suo destino, visto che da questo dipendeva quello delle attività produttive della zona. Però, attenzione: questa difesa, ad esempio, dimostrerebbe che quanto raccontato da De Bortoli su Ghizzoni era vero mentre è difficile per la Boschi, non accettare anche il fatto che parlare con il presidente della Consob di problemi del genere costituirebbe una “pressione implicita” nei suoi confronti, come sostenuto oggi da Marco Palombi sul Fatto Quotidiano e ieri da Marco Travaglio in tv. E allora perché minacciare querele a tutti? La verità è che fare politica è (anche) questo: mentre è falso che Maria Elena Boschi abbia mai detto “Non mi sono mai occupata di Banca Etruria” – sono parole che le ha ripetutamente messo in bocca il MoVimento 5 Stelle per criticarla – è vero che la ministra ha espresso preoccupazione in più occasioni con figure apicali per il destino di una banca del suo territorio. Non ha mai favorito con atti di governo BPER: l’accusa di averlo fatto con il decreto per la trasformazione delle Popolari in SPA è curiosa, perché sembra non aver compreso che quella trasformazione avrebbe messo in difficoltà proprio chi era in quel momento ai vertici di quella banca (e delle altre) visto che cancellava il voto capitario su cui si reggevano quelle leadership. Il problema però è che la Boschi non ha mai pronunciato parole chiare, semplici e nette per spiegare la situazione: “Era la banca del mio territorio, cosa avrei dovuto fare? Non interessarmene? Cioè, avrei dovuto fare il contrario di quello che fa la politica da quando esiste?”. Per questo oggi è nei guai.