Luigi Di Maio e il governo M5S con PD, Forza Italia e Lega

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-02-01

La Reuters riporta che il candidato premier M5S ha detto durante un incontro con una comunità di investitori a Londra di essere disponibile a un governo con «una maggioranza a quattro composta da M5S, Pd, Forza Italia e Lega». Lui smentisce. Vediamo perché invece potrebbe essere tutto vero

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Ieri l’agenzia di stampa Reuters ha raccontato in un take che Luigi Di Maio, durante l’incontro con la comunità degli investitori internazionali a Londra in cui era accompagnato da Lorenzo Fioramonti, se nessuno avrà i numeri per un governo immagina «una maggioranza a quattro composta da M5S, Pd, Forza Italia e Lega».

Luigi Di Maio e il governo M5S con PD, Forza Italia e Lega

Successivamente Di Maio su Facebook ha smentito, sostenendo di aver ribadito agli investitori internazionali che «se non dovessimo avere la maggioranza dei seggi, farò un appello pubblico a tutte le forze politiche invitandole a convergere sui temi e sulla nostra squadra di governo, senza alcun tipo di alleanze, inciuci o scambi di poltrone di governo».

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Lo status di Luigi Di Maio sul lancio Reuters

Per la fonte invece Di Maio avrebbe ribadito «ripetutamente» — secondo Reuters — la sua disponibilità a collaborare con gli avversari politici per formare un esecutivo. L’autore della soffiata non può essere identificato, nota l’agenzia, per la «delicatezza politica della questione». Del resto nemmeno il leader del M5S ha rivelato chi siano gli investitori che ha incontrato in un club privato di Knightsbridge.

Di Maio va alla City

La visita è stata organizzata da Francesco Galietti, della società romana di lobbying Policy Sonar. Successivamente è stata organizzata una conferenza stampa ristretta, in un salottino del Millennium Hotel di Knightsbridge. Il Fatto racconta oggi che non ci sono stati contatti con le principali lobby britanniche, dalla Confederation of British Industries all’Institute of Directors. Una fonte riservata riferisce di disinteresse di alcuni dei maggiori fondi di investimento, al corrente della presenza del candidato 5 Stelle ma preferendo non incontrarlo. Quanto alla stampa internazionale, alla conferenza stampa successiva erano presenti soprattutto giornalisti italiani, con l’aggiunta di Cnbc e Russia Today.

Di Maio ha tra l’altro parlato in italiano e per questo la possibilità di un errore di traduzione o di un’incomprensione non è da scartare. Anche perché non è detto che la fonte di Reuters fosse a conoscenze delle astruserie tipiche del sistema italiano e delle procedure per l’incarico di andare a Palazzo Chigi. Molto più probabile però è che in effetti Luigi Di Maio abbia veramente parlato della possibilità di fare un governo con pezzi di Forza Italia, Lega e Partito Democratico.

I numeri e le maggioranze 

Anche perché i sondaggi di oggi dicono che il MoVimento 5 Stelle è molto lontano dall’ottenere la maggioranza anche solo in una delle due camere. Di Maio per arrivare a Palazzo Chigi ha solo due possibilità: sfruttare l’ultimo mese di campagna elettorale per un clamoroso guadagno di consenso e voti oppure sperare che uno o più partiti decidano di appoggiare un governo che abbia in maggioranza anche il MoVimento 5 Stelle.

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La simulazione dei seggi alla Camera dopo il voto con il Rosatellum di Ipsos (Corriere della Sera, 31 gennaio 2018)

Quei partiti, che oggi dicono di non voler assolutamente governare con il MoVimento 5 Stelle, naturalmente tradirebbero così il mandato elettorale ma, ci scommettiamo, se si avverasse questa (improbabile) ipotesi il M5S non li chiamerebbero “traditori” come hanno fatto con i parlamentari che hanno cambiato casacca negli anni della scorsa legislatura.

Il governissimo Di Maio contro tutti

Non si capisce invece che tipo di convenienza avrebbe il MoVimento 5 Stelle nell’accettare l’ipotesi di un “governissimo” con tutti o quasi i partiti presenti in Parlamento: in primo luogo perché è impossibile che l’incarico per un governo del genere venga dato a Di Maio; in secondo luogo perché vista la situazione di tripolarismo imperfetto che vige oggi in Italia è più conveniente – per tutti – stipulare un’alleanza che escluda uno dei tre poli. E in questo caso è inutile dire che è più probabile l’esclusione del M5S. Il quale da parte sua avrebbe di certo tutto da guadagnare da un ritorno all’opposizione e tutto da perdere dal dire sì a un accordo con PD o Forza Italia, che comunque ad oggi nemmeno basterebbe per far raggiungere una maggioranza alla Camera.

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Sondaggi, l’effetto Rosatellum sui risultati possibili (Corriere della Sera, 20 dicembre 2017)

A prescindere da quale sia lo scenario più probabile – ieri il Corriere della Sera ne disegnava uno in cui vincono addirittura tutti – oggi è politicamente sbagliato parlarne nel momento in cui bisogna raccogliere più voti possibile. Per questo tutte le voci e i retroscena che parlano di ipotesi di accordi sono contemporaneamente vere e false: in molti ci penseranno perché la dietrologia è l’unica arte che è stata affinata in questi anni in cui è comunque necessario riempire le pagine dei giornali. Ma senza i numeri che usciranno dalle urne il 4 marzo nessuna ipotesi è oggi plausibile.

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