Economia
Quando la Lega voleva tagliare le province
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2019-04-28
Luigi Di Maio si è opposto all’idea del suo governo, a cui ha lavorato anche la grillina Castelli. Ma intanto il Carroccio…
Ieri un progetto di legge che prevede il ritorno all’elezione diretta delle province, su cui stanno lavorando Stefano Candiani della Lega e Laura Castelli del MoVimento 5 Stelle, ha triggerato Luigi Di Maio che si è opposto all’idea del suo stesso governo. Oggi invece Gian Antonio Stella sul Corriere riepiloga tutte le volte che la Lega si è schierata per l’abolizione delle province che oggi rivuole in auge:
«La riforma è stata compromessa dalla finanziaria 2015, con tagli irragionevoli al bilancio delle Province», sostiene Achille Variati, che fino a febbraio ha vissuto da presidente Upi tutta la fase cruciale, «Dal 2017 va un po’ meglio. Ma a fronte dei costi per la manutenzione di oltre 5mila scuole e 130mila chilometri di strade i tagli avevano ridotto del 60% la capacità di investimenti. Che i costi siano aumentati, poi!».
Certo è che l’insistenza leghista sul ripristino delle vecchie entità locali ha qualcosa di paradossale. Era stato il Carroccio infatti, d’accordo con Silvio Berlusconi («delle Province non voglio parlare, vanno abolite»), a decidere il primo storico taglio radicale degli organismi di cui oggi invoca la resurrezione: una Provincia su tre, tutte quelle sotto i 300.000 abitanti. Via. Abolite. Era il 14 agosto 2011, Ferragosto. Titolo a tutta pagina della Padania: «Costi della politica, tagli epocali / Difesi risparmicomunivirtuosi».Titolone a pagina 3: «La “Casta” colpita al cuore/ Calderoli: tagliate 50.000 poltrone». Il grafico con la mappa dei tagli era già più cauto: «Le 36 Province a rischio»…
Con le regole immaginate nella bozza di riforma, il consiglio provinciale non cancellerebbe l’assemblea dei sindaci, cioè l’organo di secondo livello (votato cioè dagli amministratori locali del territorio e non dai cittadini) creato dalla riforma Delrio. E le Province tornerebbero a vivere anche nei territori delle Città metropolitane, affiancate dagli organi della Città che si limiterebbero alle zone davvero metropolitane. Altri posti, altre poltrone. Per una politica affamata.
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