La rottura tra Di Maio e Di Battista

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-01-03

Il leader sfida Dibba: “Servono persone che ci mettano la faccia sempre, non a giorni alterni”. Crescono i timori di una scissione. Imminente una valanga di espulsioni contro i morosi

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Nelle more della cacciata di Gianluigi Paragone dal MoVimento 5 Stelle c’è il caso di Alessandro Di Battista, che per la prima volta si è messo esplicitamente di traverso alle direttive dei vertici del M5S elogiando il senatore uscente che intanto minaccia cause su cause. Annalisa Cuzzocrea su Repubblica spiega che la scelta di Dibba ha causato una rottura con Di Maio:

«Pluralismo non significa anarchia — ha detto ai suoi il ministro degli Esteri — il Movimento è fatto di tante voci, mi auguro che tutte siano presenti agli Stati generali di marzo, ma non è possibile accettare che ognuno faccia quel che vuole contro la comunità di cui fa parte». Ogni stoccata ha bersagli precisi. La prima è riservata all’ex ministro Lorenzo Fioramonti e a Gianluigi Paragone: «Al Movimento servono persone che lavorino per ottenere risultati, non visibilità».

La seconda, un’accusa non nuova, pare disegnare i contorni di Alessandro Di Battista: «Servono persone che ci mettano la faccia sempre e non a giorni alterni, secondo le proprie convenienze». È sempre colui che non a torto si è guadagnato il soprannome di “sommergibile”, la prima preoccupazione del leader. La mossa dell’ex deputato a sostegno di Paragone non ha sorpreso Di Maio. I due si sono visti nelle scorse settimane e “Dibba” era stato chiaro: «Io con Gianluigi continuerò a lavorare. Abbiamo la stessa visione del Movimento, dice quel che ho sempre detto io». Il capo della Farnesina conosceva il prezzo della sua decisione, quando l’ha presa: perdere di nuovo il sostegno del più popolare fra gli attivisti, recuperato da poco con la decisione di correre in solitaria alle prossime regionali.

gianluigi paragone alessandro di battista
Restare solo, di nuovo, ora che i ministri M5S — un tempo fedelissimi — sembrano rispondere a nuove logiche: quelle che li tengono al governo con Giuseppe Conte e li vedono costruire un percorso con il Pd dettato dal fondatore Beppe Grillo. Ma non aveva scelta: perché il Movimento è nel caos ormai da mesi e serviva una mossa che, per quanto azzardata, cercasse di porre un argine all’esondazione.

Così il leader si assume due rischi: quello di avere contro Di Battista, nonostante questo faccia crescere i timori di una scissione, con i pasdaràn alla Barbara Lezzi che seguono l’ex deputato alla ricerca delle origini perdute. E quello di accelerare le fuoriuscite alla Camera, dove sarebbe già pronto il gruppo “Eco” di Fioramonti, e gli smottamenti al Senato, dove i “contiani” hanno preparato un documento contro di lui. Rischi calcolati. Dibba è di nuovo in partenza per l’Iran, starà fuori per un po’. E se qualcuno ha pensato di giocare sulle divisioni M5S per rafforzare Conte, ha – secondo il leader – sbagliato strategia. Perché per dirla con uno dei deputati che gli sono rimasti fedeli, «i governi non si reggono sul gruppo misto».

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