Attualità

Ma perché il Viminale tiene prigioniera Genova per Casapound?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-05-23

Dal momento che Salvini, Di Maio e quelli di CasaPound ci ripetono che è anacronistico parlare di fascismo e di “destra e sinistra” nel 2019 come mai oggi Genova è blindata e sotto assedio per la presenza dei fascisti del terzo millennio in città?

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Siamo un paese strano, impediamo ai migranti di sbarcare con la scusa che la loro presenza potrebbe recare «turbamento al buon ordine dello Stato». In nome della difesa della libertà di espressione vengono rimossi gli striscioni per «ragioni di ordine pubblico». E sempre per ragioni di sicurezza oggi Genova è stata blindata dalle forze dell’ordine perché CasaPound ha scelto una città medaglia d’oro per la Resistenza per  uno dei comizi conclusivi della campagna elettorale.

Genova in gabbia, arriva CasaPound

Sul palco di Piazza Marsala per il comizio del raggruppamento “Destre Unite” con il quale CasaPound si presenta alle europee ci saranno l’Avvocato Marco Morigià con i free-vax anti euro di Riscossa Italia – e Gianni Plinio, che le formazioni di destra se le è passate tutte da MSI, ad AN e Fratelli d’Italia per arrivare a CasaPound dove a suo avviso si possono ritrovare gli ideali del fascismo che ha fatto anche cose buone. Non si tratta di un comizio qualsiasiè il primo comizio neofascista a Genova dagli Anni Sessanta.

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Fonte: Liguri Tutti via Facebook.com

Non è un comizio, è una provocazione, scrive su Facebook il consigliere comunale PD Alessio Terrile secondo il quale «quando per un comizio elettorale in centro città sono necessari 300 uomini delle forze dell’ordine, blindati, barriere, evacuazione delle auto parcheggiate e dei cassonetti, tombini saldati, emerge chiara la verità: quello di Casapound non è un comizio ma una provocazione alla città». Una città dove il sindaco «nega gli spazi al PD e rifiuta il patrocinio al Gay Pride» ma dove evidentemente i neofascisti possono manifestare liberamente.

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Ci sarà sicuramente chi ci spiegherà che fino a quando CasaPound sarà un partito legittimamente riconosciuto avrà il diritto come tutti di poter celebrare i suoi comizi. Ma c’era davvero bisogno di concedere gli spazi a Genova, città martire della Resistenza a gente che si proclama “fascisti del Terzo Millennio”? L’editore AltaForte è stato cacciato dal Salone del Libro perché dichiaratamente fascista, ormai quelli di CasaPound non si nascondo più dietro il non conforme. Il gioco è chiaro, oggi come ieri a Casal Bruciato o a Torre Maura. A CasaPound interessa occupare degli spazi, rivendicarli simbolicamente alla causa dell’estrema destra.

Perché CasaPound è brava solo a fare le provocazioni

Spazi che vengono occupati solo per provocare una reazione da parte dei movimenti antifascisti, per far vedere che i violenti sono gli altri. Perché sicuramente ci diranno che l’imponente dispiegamento di agenti di Polizia è dovuto al pericolo che i pacifici manifestanti di CasaPound possano essere aggrediti dagli antifascisti. In piazza davanti alla Prefettura scenderanno questo pomeriggio Anpi, Libera, Cigl e Comunità di San Benedetto assieme con i camalli del porto di Genova.

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Le segreterie genovesi di Filt Cgil Nazionale, Fit Cisl e Uiltrasporti Nazionale hanno diramato un comunicato in occasione dello sciopero indetto per oggi nel quale fanno sapere che «i portuali locali non ci stanno; per cui, contemporaneamente, è prevista una protesta contro tale irriguardosa decisione. I sindacati hanno come valore fondante l’antifascismo e trovano doveroso essere presenti per manifestare il proprio dissenso».

Un’altra manifestazione antifascista – e ricordiamo che la Repubblica italiana è antifascista –  dovrebbe essere quella del presidio organizzato da Non una di meno in Piazza Corvetto. Ma CasaPound ha già vinto, perché tanti o pochi che siano quelli che si ritroveranno in Piazza Marsala potranno raccontare di essere “sotto assedio” per colpa del clima infame e parlare dei tentativi di censura nei loro confronti. Inutile nascondercelo: era quello che volevano succedesse, altrimenti nessuno si sarebbe occupato del comizio più di quanto hanno fatto notizia in questi giorni altre iniziative elettorali del partito di Di Stefano e Iannone. Ma è semplice smontare questo gioco: esprimere il dissenso è un diritto in uno stato democratico. Quindi anche chi protesta, lungi dal voler censurare qualcuno o qualcosa, sta esercitando un proprio diritto. E cosa c’è di più democratico che dissentire da CasaPound?

Leggi sull’argomento: Il sottosegretario Michele Geraci e il rapporto deficit/PIL che non dipende dal PIL

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