Fase 2: la riapertura a zone in Piemonte

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-04-07

Se il Paese avvierà una fase 2 a metà aprile, con la graduale riapertura delle attività produttive, è probabile che il Piemonte dovrà aspettare. Per questo non si pensa a riaprire già dopo Pasqua, come in altre regioni, ma a un orizzonte temporale più lungo che guarda al 4 maggio

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La fase 2 per la riapertura in Piemonte è lontana mentre la regione si trova nel pieno dell’emergenza Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19. Quattromila nuovi casi e 500 morti la scorsa settimana e solo 93 ieri, il doppio di quelli registrati domenica. Per questo non si pensa a riaprire già dopo Pasqua, come in altre regioni, ma a un orizzonte temporale più lungo che guarda al 4 maggio, come del resto pensa di fare oggi il governo nazionale.

Fase 2: la riapertura a zone in Piemonte

La Stampa spiega oggi che il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio riflette sui numeri e pensa che la fase 2 è lontana, visto che la regione sconta una popolazione più anziana e quindi più vulnerabile:

Ma il comitato tecnico scientifico dell’unità di crisi ipotizza anche che, rispetto al Veneto – dove i decessi totali sono 625, cioè circa la metà dei nostri 1284 a fronte di un numero sostanzialmente analogo di casi positivi – il ceppo del virus che ha attaccato Lombardia e Piemonte sia più aggressivo. Un ulteriore vantaggio per la regione guidata da Zaia, sempre secondo l’osservatorio di corso Marche, sarebbe che in Veneto i casi sono stati per lo più circoscritti a piccoli comuni, più semplici da monitorare. Mentre da noi il virus ha colpito subito in maniera massiva nell’Alessandrino e nel Torinese. Resta però il fatto che il Veneto, esempio unico in Italia, ha fatto un enorme sforzo di prevenzione e contenimento del contagio, eseguendo 140 mila tamponi (noi siamo a 43 mila) e attivando i presidi territoriali. Un sostegno fondamentale, di cui il Piemonte è sguarnito.

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Coronavirus: i numeri del Piemonte (fonte dati)

Qualunque sia la ragione, il Piemonte stenta a vedere la luce in fondo al tunnel. «Rispetto alla Lombardia abbiamo un ritardo di dieci giorni sull’evoluzione del contagio», sottolinea il presidente. «Anche per questo avrei prorogato le chiusure almeno fino al 20 aprile, ma ho voluto adeguarmi alle direttive nazionali». Se il Paese avvierà una fase 2 a metà aprile, con la graduale riapertura delle attività produttive, è probabile che il Piemonte dovrà aspettare. «Io posso adottare provvedimenti più restrittivi, ma mi auguro che sia lo s tesso governo a ragionare almeno per macro-aree perché come abbiamo visto il virus non rispetta i confini geografici», aggiunge Cirio.

Si dovrà fare quindi una valutazione sulle aree geografiche: in contesti agricoli, ad esempio, ci sono meno difficoltà rispetto ai centri urbani. Infine bisognerà valutare un rientro anche in base alle fasce di età, per tutelare i più anziani. Il pericolo da scongiurare, come spiega il direttore delle Malattie infettive dell’Amedeo di Savoia Giovanni di Perri, «è il contagio di ritorno, a volte più agguerrito della prima ondata. Serve una strategia molto cauta per ripartire limitando al massimo i rischi».

Leggi anche: Cosa riapre il 4 maggio: il piano per la ripartenza nella fase 2

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