Fatti
E alla fine Rocco Casalino non va più a Palazzo Chigi
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2018-05-28
Effetti collaterali del fallimento del governo Conte: la macchina della comunicazione del MoVimento 5 Stelle è buona per convincere gli elettori ma non abbastanza per rassicurare i partner europei e chi ha investito nel nostro debito pubblico
L’Avvocato del Popolo non eletto dal Popolo Giuseppe Conte non sarà il Presidente del Consiglio del Governo del Cambiamento. Lo hanno deciso i due membri del Comitato per l’attuazione del contratto di governo Luigi Di Maio e Matteo Salvini quando hanno rifiutato tutte le alternative offerte da Mattarella tra cui la proposta del Quirinale di nominare il numero due della Lega Giancarlo Giorgetti al Ministero dell’Economia al posto di Paolo Savona. Risultato: la gioiosa macchina da guerra della comunicazione a 5 Stelle si è andata a infrangere con la realtà.
Effetti collaterali della rinuncia di Giuseppe Conte
Mentre Di Maio e Salvini devono ancora spiegare agli elettori perché Savona era così fondamentale per il governo al punto di buttare a mare tutto il lavoro fatto fino ad ora la notizia è che Casalino non andrà a Palazzo Chigi. Giuseppe Conte era infatti un Presidente del Consiglio creato nei prestigiosi laboratoires della Casaleggio Associati. Un contenitore pronto ad accogliere non tanto le istanze del popolo quanto quelle dei due partiti che hanno dato vita alla maggioranza ma che dopo tanti giorni di lavoro e di tavoli non erano riusciti a trovare un nome politico per la poltrona di Palazzo Chigi. Conte – raccontano le cronache dei giorni scorsi – era stato “formato” e istruito dal gruppo della comunicazione del M5S. Nell’appartamento romano dove il premier incaricato si preparava prima degli incontri con Mattarella (e con la stampa) c’era lo staff al gran completo: Rocco Casalino, Pietro Dettori (già fidato collaboratore di Davide Casaleggio prima alla Casaleggio Associati poi a Rousseau) e Silvia Virgulti.
Agli’incontri partecipava anche Dario Adamo, anche lui ex Casaleggio Associati e gestore dei profili social ufficiali del MoVimento. Con ogni probabilità è proprio a Dario Adamo che dobbiamo la pagina Facebook e l’account Instagram ufficiali di Conte. Quelli dove ancora oggi nella bio campeggia «Giurista e Avvocato. Professore ordinario di diritto privato. Presidente del consiglio incaricato dal Presidente della Repubblica». Evidentemente non c’è stato ancora il tempo di aggiornare il curriculum di Conte. Non proprio una novità.
I profili social di Conte dovevano dare un’immagine precisa: professionalità, competenza, pacatezza, umiltà. Niente simboli di partito, messaggi rivolti a tutti e un tono mai sopra le righe, proprio come ci si aspetterebbe da un professore. Mancava giusto il famoso loden di montiana memoria. Ma la stagione è più per un abito in frescolana. E il premier incaricato già aveva iniziato la sua attività. Sabato in un post in inglese in italiano raccontava di aver ricevuto “una telefonata dal Presidente della Repubblica Francese Emmanuel Macron”. Ora chi lo dice a Macron che quello con cui ha parlato non era il Presidente del Consiglio?
Giuseppe Conte, il premier dell’umiltà
Per anni l’Italia è stata governata da un partito che aveva la sua sede in via dell’Umiltà (al suo posto ora c’è un hotel di lusso). Conte, in ossequio ai precetti pentastellati, ha fatto un passo avanti. Andava al Quirinale in taxi, come un cittadino qualunque. Dal Quirinale andava al Senato in taxi. Però il taxi era scortato dalle auto blu della sicurezza. Un po’ come quando Roberto Fico ha preso l’autobus per andare alla Camera o quando si è recato da Mattarella per le consultazioni a piedi ma circondato da un imponente apparato di sicurezza. Quando ieri sera Conte ha lasciato il Quirinale però – forse per lo sconforto – ha scelto l’auto blu e ci ha risparmiato la pantomima di chiamare un taxi.
Conte era davvero un premier del popolo. Come Di Battista quando mangiava la focaccia sugli scalini del Palazzo Conte è stato immortalato mentre andava a prendere la pizza da asporto (sempre con la scorta). L’immagine che si voleva dare era quella di un Presidente del Consiglio sempre al lavoro, che anche in pausa pranzo sceglie qualcosa di popolare, veloce e informale: c’è un’Italia da ricostruire e non abbiamo certo tempo per la spigola al sale della Buvette.
Lo stile Conte abilmente costruito dagli strateghi a 5 Stelle aveva conquistato anche Luigi Di Maio. Il Capo Politico del M5S è stato immortalato mentre portava a spasso il cartone della pizza. La didascalia è inequivocabile “Di Maio si compra la pizza, come Conte”. Ormai il cambiamento stava prendendo il sopravvento in modo inequivocabile. E non è un caso che oggi Carlo Cottarelli abbia scelto di arrivare al Quirinale in taxi “zainetto in spalla”. Chissà chi sarà il primo che in nome dell’umiltà e dell’understatement (virtù che in Italia non esiste) deciderà di andarci in ginocchio. Alla fine la comunicazione di Rocco Casalino si basa su un semplice assunto, quello del “comprereste mai un’auto usata da quest’uomo?” che va bene appunto per le compravendite di automobili. Quando invece si cerca di vendere un Paese intero agli investitori internazionali che ne detengono il debito serve altro per conquistarne la fiducia. Ad esempio? Non indicare come ministro dell’Economia uno che nel suo ultimo libro teorizza di uscire dall’euro di nascosto nella notte. E alla fine forse è un bene che Rocco Casalino non porti questo genere di comunicazione che comunica ma non informa a Palazzo Chigi. Cosa sappiamo davvero delle trattative tra Lega e M5S? Nulla.
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