Le condizioni di salute del piccolo Eitan Biran sono l’unico lampo di luce della tragedia della funivia del Mottarone. Il bambino si è svegliato nel corso della giornata di ieri. I medici ancora non hanno sciolto la prognosi (che resta riservata), ma parlano di condizioni stabili che fanno ben sperare. Al suo fianco ci sono la nonna e la zia, con quest’ultima rimasta al suo capezzale fin dal suo ricovero all’ospedale Regina Margherita di Torino. Ancora non ha contezza di quanto accaduto e le prime domande rivolte a chi gli è vicino sono un’ulteriore ferita non satura dopo quanto accaduto domenica scorsa.
Forse ancora non sa di essere l’unico sopravvissuto di quella giornata che era partita come l’occasione per fare qualcosa di nuovo, risalendo lungo il Mottarone a bordo di quella funivia. Forse non ricorda neanche l’abbraccio del padre che ha fatto da scudo durante la caduta di quella cabina. Per questo, la sua prima domanda è stata: “Dove sono mamma e papà”. Poi ha chiesto anche dove si trovasse. Alla zia il delicato compito di raccontare, con calma, cosa è successo domenica mattina.
Nel frattempo le indagini proseguono. Il capo dell’impianto della funivia del Mottarone, Gabriele Tadini si dice pentito e chiede di poter tornare a casa. Attraverso una dichiarazione rilasciata dal suo legale, ha fatto sapere: “C’era un problema da 50 giorni, un problema alle pompe che mettevano in funzione il freno e la sua paura è che la cabina si fermasse in mezzo e fosse necessario il recupero delle persone con il cestello”.
Ma difficilmente tornerà a breve a casa. Perché la Procura di Verbania, che ha aperto il fascicolo di inchiesta che ha portato al suo arresto (insieme a quello del gestore Luigi Nerini e di un altro dipendente) ha chiesto alò gip che i tre restino in carcere. I motivi? Potrebbero inquinare le prove, potrebbero ripetere quanto fatto e visto il clamore mediatico sulla vicenda potrebbero fuggire. L’udienza è prevista per domani.