DEF: il buco con il governo intorno

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-10-01

Il DEF dei giallorossi promette di incassare sette miliardi dalla lotta all’evasione: un obiettivo ambiziosissimo e difficile da portare a casa solo con la stretta sul contante. Per il resto, le prime scelte di politica economica annunciate dal governo Conte Bis sono nel segno di una sostanziale immobilità

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Una manovra da 30 miliardi, da coprire per la metà in deficit e per 7 miliardi, cioè quasi mezzo punto di PIL, con proventi da lotta all’evasione. La Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (DEF) è stata approvata dal governo giallorosso ieri sera e non contiene alla fine nessuna ipotesi di rimodulazione selettiva dell’IVA, ma in compenso promette cose molto difficili da mantenere.

L’aggiornamento del DEF approvato dal governo Conte BIS

Perché promette introiti da privatizzazioni a 3,6 miliardi, ma da realizzarsi anche tramite i dividendi delle aziende di Stato: niente coperture scritte sull’acqua come successe al precedente esecutivo che ne prometteva 20, ma la certificazione della funzione di banca del governo per le partecipate, che così dovranno tagliare gli investimenti. Ma soprattutto perché oltre 7 miliardi devono invece arrivare da «nuove misure di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, nonché interventi per il recupero del gettito tributario anche attraverso una maggiore diffusione dell’utilizzo di strumenti di pagamento tracciabili». Ovvero dalla guerra al contante che oggi però dovrebbe portare in cassa una cifra imponente e mai realizzata prima. Oppure da un inasprimento fiscale che potrebbe essere delineato successivamente, magari a carico solo di talune aziende (la web tax?).

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I numeri del DEF (Il Messaggero, primo ottobre 2019)

Lo scenario economico in cui l’esecutivo ha fatto le proprie valutazioni prevede per quest’anno una crescita del Pil dello 0,1 per cento, che nel 2020 salirebbe allo 0,4 in termini tendenziali e allo 0,6 in termini programmatici, ovvero tenendo presente l’effetto delle stesse misure in programma a partire proprio dalla cancellazione degli aumenti Iva. Spiega il Messaggero che i numeri sono molto diversi da quelli precedenti:

Il centro studi Eutekne, uno dei principali think tank italiani sui temi fiscali, ha prodotto immediatamente una nota che chiarisce quan to siano ambiziose le cifre indicate dal governo nel capitolo lotta all’evasione. Lo scorso anno, nella prima legge di bilancio firmata dall’attuale presidente del consiglio, Giuseppe Conte, l’unica copertura derivante da questa voce era l’obbligo i trasmissione telematica da parte degli esercenti dei cosiddetti «corrispettivi».

Una misura quantificata in 334 milioni il primo anno e 1,4 miliardi il secondo anno. Prima di lui, il governo Gentiloni aveva inserito in manovra la fatturazione elettronica, una vera e propria rivoluzione con la comunicazione diretta tramite l’Agenzia delle Entrate di ogni ricevuta di pagamento rilasciata. Ma anche in questo caso le previsioni di incasso erano contenute a 202 milioni il primo anno e a 1,7 miliardi il secondo.

Sotto l’etichetta di lotta all’evasione il governo Renzi aveva inserito una stretta sulle compensazioni d’imposta (il cosiddetto split payment), obbligando il venditore a versare l’Iva al posto dell’acquirente. Una misura molto invasiva, quantificata in manovra in soli 2,7 miliardi.

Sette miliardi da trovare

Ed è difficile anche solo pensare di reperire 7 miliardi di euro “con il rafforzamento della fatturazione elettronica con l’estensione anche a chi rientra nel regime forfettario, le sanzioni per chi non si dota di un bancomat, la stretta sugli evasori”. E a proposito di debito, ricorda ancora il Messaggero, il ministro Gualtieri ha annunciato che nell’ambito del cosiddetto green new deal saranno emessi specifici titoli di Stato “verdi”, destinati a finanziare spese ambientali (per questa voce è previsto anche un maxi-fondo da 50 miliardi). Tra i provvedimenti collegati alla legge di bilancio è invece stata inserita la riforma del catasto, più volte rimandata.

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Enrico Marro sul Corriere della Sera giustamente ricorda che i margini ristretti di manovra del Conte Bis dipendono dalle elargizioni del Conte One, che, l’anno scorso, non sapendo come far quadrare i conti, decise di aumentare le già pesanti «clausole di salvaguardia» ereditate dal governo Gentiloni. Ma poi conclude così:

Da molti anni ormai contiamo su quella che i governi (indipendentemente dal loro colore), con una buona dose di ipocrisia, definiscono «flessibilità», ossia quanta parte della manovra Bruxelles ci concede di finanziare con un aumento del deficit anziché con maggiori entrate o minori spese. Quest’anno addirittura metà della manovra sarà coperta in deficit. Non riusciamo a cambiare rotta. Anche per questo la crescita è ferma da un ventennio e il debito pubblico continua ad aumentare. Forse un governo che la smettesse di vendere la NaDef e la prossima manovra come fossero una svolta e dicesse la verità su come stiamo messi avrebbe già posto le premesse per i cambiamenti necessari. Si spera.

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Francesco Manacorda su Repubblica invece spiega che le prime scelte di politica economica annunciate dal governo Conte Bis sono nel segno di una sostanziale immobilità:

Stretto fra tre azionisti litigiosi la strategia di sopravvivenza di Conte e del suo esecutivo bis pub facilmente diventare quella di muoversi e muovere il meno possibile; lasciando fermo anche ciò che andrebbe modificato. Non è una prospettiva che nel lungo termine l’Italia si pub permettere. La coperta sarà anche corta, ma se non si tira da qualche parte — accettando il rischio che chi rimane scoperto si lamenti — l’effetto “espansivo” di qualsiasi manovra di bilancio rimarrà ancora più limitato di quello che impongono i numeri.

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