Antonfrancesco Vivarelli Colonna: il sindaco di Grosseto che vieta il 5G

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-04-24

Eletto con il centrodestra, ha firmato un’ordinanza (in vigore da oggi) che vieta la sperimentazione e l’installazione di impianti con tecnologia 5G nel territorio comunale

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Il sindaco di Grosseto Antonfrancesco Vivarelli Colonna, eletto con il centrodestra, ha firmato un’ordinanza (in vigore da oggi) che vieta la sperimentazione e l’installazione di impianti con tecnologia 5G nel territorio comunale. Questo “per prevenire qualsiasi possibile rischio per l’ambiente e la salute dei cittadini. Si tratta della tecnologia di quinta generazione, che garantisce multi-connessione e velocità, ma su cui al momento non esistono studi sull’impatto sull’ambiente e sulla cittadinanza”, secondo il primo cittadino (non è vero, in realtà).

Antonfrancesco Vivarelli Colonna: il sindaco di Grosseto vieta il 5G

“Abbiamo quindi fatto riferimento al principio di precauzione, articolo 191 del trattato sul Funzionamento Unione Europea, sull’approccio della gestione del rischio – dice il sindaco Vivarelli Colonna -: se vi è la possibilità che un’azione possa danneggiare persone o ambienti, e se non c’è consenso scientifico, la politica non deve essere perseguita. Solo in un secondo momento, con le indicazioni della comunità scientifica alla mano, si valuterà se procedere. In questo caso manca manca uno studio a medio-lungo termine”. Altro riferimento in questo senso è la Legge nazionale n.36 del 22 febbraio 2001 che contempla il principio di precauzione. “Tra l’altro – continua il sindaco di Grosseto – abbiamo ricevuto richieste di cautela da diverse associazioni, come ‘Atto primo: salute, ambiente e cultura’, l’associazione A.m.i.c.a e il Coordinamento nazionale nuove antenne”.

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Di solito i sindaci quando vietano il 5G si rifanno a uno studio del Ramazzini che è l’unico studio che viene citato quando si parla di 5G. Si tratta di una ricerca condotta su oltre duemila topi che sono stati esposti alle radiazioni per 19 ore al giornoIn un’intervista a Il Salvagente la dottoressa Fiorella Belpoggi (che ha diretto l’area di ricerca) spiegava che l’obiettivo non è quello di arrivare ad una messa al bando della tecnologia ma di chiedere all’industria di individuare dei metodi (la dottoressa parla dell’uso degli auricolari come sistema per evitare un’eccessiva esposizione) per salvaguardare la salute. Qualche tempo fa la dottoressa Belpoggi – che è stata ascoltata in Commissione a Montecitorio faceva sapere che «l’Istituto Ramazzini ha ancora in essere l’apparato espositivo utilizzato per studiare le frequenze del 3G, facilmente adattabili al 5G»

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Isabella Conti alla Leopolda, credits: Agenzia Vista via YouTube

Nemmeno il Ramazzini quindi ha condotto uno studio sul 5G ma unicamente uno sulla tecnologia più vecchia, il 3G (oggi lo standard è il 4G). Alla Stampa la dottoressa Belpoggi ricorda che gli studi sono fermi al 3G e che per il momento le uniche evidenze scientifiche sono quelle di alcuni studi condotti sui ratti. “Il 5G ha una frequenza diversa dal 3G?”, chiede l’intervistatore, la ricercatrice risponde in un modo che dire convincente è un eufemismo: «è più alta, lei pensi che dopo questa c’è quella della luce che è sicuramente innocua altrimenti ci saremmo già estinti».Ma non è esattamente così perché proprio la IARC – che ha inserito i campi elettromagnetici a bassa frequenza nell’elenco delle sostanze “possibilmente cancerogene” – ha inserito la luce del sole (o meglio la radiazione ultravioletta) tra i carcinogeni sicuri per l’uomo, visto che contribuisce alla formazione dei tumori della pelle. Non ha però vietato di esporsi alla luce solare, ma di farlo con moderazione. Il dosaggio – e quindi l’esposizione – è tutto, anche per il 3G o il 5G. «Oggi non possiamo affermare che il 5G sia cancerogeno, ma nemmeno che non lo sia», conclude la dottoressa Belpoggi. Certo, non si capisce come mai a questo punto non si faccia una battaglia anche contro il 4G e il 3G.

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