Come hanno preso i patridioti l’abolizione (poi “smentita”) delle pensioni alle vittime delle leggi razziali

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-10-29

Molti italiani ritengono che sia giusto e di “buon senso” tagliare cinquanta milioni al fondo per le pensioni delle vittime delle Fascismo perché sono passati 70 anni e non ha più senso parlare di guerra e di razzismo ma bisogna invece pensare al futuro del Paese come sta facendo il governo del cambiamento. Prima gli italiani!

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Il governo del Cambiamento ha deciso di tagliare cinquanta milioni di euro dal fondo a sostegno in favore di pensionati di guerra, perseguitati politici e vittime delle leggi razziali? La viceministra dell’Economia Laura Castelli dichiara che si tratta di una fake news ma  c’è la tabella pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale in allegato al Decreto Fiscale che conferma invece l’abolizione delle pensioni concesse ai perseguitati dal Fascismo.

Non è fascismo, è semplice buon senso

Si tratta di pensioni da 500 euro al mese destinate a coloro che sono nati prima del 1945 e che hanno dimostrato, di fronte ad un’apposita commissione, di essere stati vittime di una persecuzione razziale da parte dell’allora Regno d’Italia. Chissà, forse al governo del Cambiamento hanno pensato di sostituirle con la pensione di cittadinanza da 780 euro, ma la dichiarazione della Castelli che smentisce «in modo categorico che sia stato tolto anche solo un euro dall’assegno per le vittime delle leggi razziali e per i perseguitati dal fascismo per motivi politici» lascia intendere che così non è.

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Nel frattempo però, vera o falsa che sia la notizia, l’opinione di molti italiani è favorevole all’abolizione dell’assegno pensionistico destinato alle vittime delle leggi razziali. Perché? le ragioni sono le più disparate, ma quella che va per la maggiore è che lo sanno tutti ormai che di quelle vittime non ce n’è più nessuna in vita. Molti commentatori infatti riportano la notizia della morte di Lello Di Segni, cui è stato dato grande risalto su tutti i giornali.

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Il signor Di Segni però era l’ultimo sopravvissuto del rastrellamento nazista del 16 ottobre 1943 nel Ghetto ebraico a Roma. Non era l’ultimo sopravvissuto delle leggi razziali. Prova ne è – se non bastasse la dotazione del Fondo a confermare che qualcuno quelle pensioni le percepisce – che un’altra illustre sopravvissuta dei campi di sterminio, la senatrice Liliana Segre (nata nel 1930), siede ora sui banchi del Parlamento italiano.

Da leggere: Barbara Lezzi spiega che il TAP lo dovevano bloccare i governi precedenti

Fascismo? No, buon senso

Per molte persone non serve allarmarsi o gridare al ritorno del Fascismo perché non c’è nessuna persona rimasta a percepire quella pensione. L’abolizione delle pensioni per i sopravvissuti è invece una manovra di buon senso (noto leit motiv della propaganda salviniana) perché è anche ora di smetterla con questo rimando continuo al fascismo. Anzi oggi i giornali marchiano come fascismo proprio ciè che deve essere definito buon senso. Laura Castelli su Facebook invece scrive che «è triste constatare ogni giorno di più la totale perdita di credibilità a cui è giunta la stampa in questo paese. Mi auguro che quanto prima giungano scuse pubbliche e che si dia risalto alla verità». Chissà, forse è stata una manina con attaccato un bel braccio teso?

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C’è chi crede che 50 milioni di euro siano troppi, anche perché la guerra è finita da un pezzo ed è ora di finirla di parlare di fascismo. Oppure c’è chi spiega che non ha senso continuare a pagare perché non c’è più nessuno a cui dare quei soldi. È davvero così incredibile che ci siano in Italia persone che hanno subito persecuzioni politiche e razziali durante l’ultimo conflitto mondiale? A quanto pare evidentemente c’è chi la pensa così.

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Anzi, si tratta di una spesa inutile perché si rischia di dare i soldi ai “finti partigiani” che poi si scopre che “all’epoca della guerra avevano cinque anni”. Il punto delle leggi razziali del 1938 però è che sono andate a colpire tutti, indiscriminatamente. All’epoca non c’era nessun ministro che si dichiarava “ministro e papà”, o forse c’era, ma alla fine tra le vittime delle leggi razziali ci sono stati molti bambini, perseguitati perché ebrei e costretti ad abbandonare la scuola.

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Intanto a chiarire la questione, che curiosamente la viceministra Castelli non si era peritata di spiegare al pubblico, arriva una nota dell’Ucei. L’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane  ha ricevuto rassicurazioni dal Quirinale e dal Governo: «Secondo gli aggiornamenti ricevuti e accolti con sollievo dall’Ucei  gli importi cancellati nel provvedimento fiscale fanno riferimento ad avanzi di bilancio derivanti dalla normale diminuzione del numero degli assistiti. Tali importi vengono così rimessi a disposizione del bilancio generale dello Stato».

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Insomma a quanto pare non ci sarà nessun taglio alle pensioni per le vittime delle leggi razziali. Rimangono tuttavia alcuni punti poco chiari. Perché l’onorevole Castelli non l’ha detto subito? E perché nel decreto fiscale la dotazione del Fondo è stata cancellata e non è stata rimessa?

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La risposta alla prima domanda sta nelle logiche interne della propaganda pentastellata. Quella alla seconda invece riguarda il fatto che quei cinquanta milioni servono per le coperture alla manovra; la voce relativa alle pensioni per le vittime delle leggi razziali è indicata tra le riduzioni delle dotazioni ai ministeri, sono quindi tagli alla spesa. È quindi un intervento del tutto intenzionale e voluto. Per coprire cosa? Le spese del decreto fiscale.

Leggi sull’argomento: Il governo toglie le pensioni agli ebrei vittime delle leggi razziali

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