Siri vuole querelare Conte?

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-05-07

Il sottosegretario pensa a un ricorso al Tar ma, secondo il Messaggero, anche a una querela per diffamazione

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Il Messaggero scrive oggi in un articolo a firma di Marco Conti che Armando Siri pensa a un’azione giudiziaria nei confronti di Giuseppe Conte, presidente del Consiglio. In primo luogo nei piani di Siri c’è un ricorso al Tar del Lazio contro l’atto che gli farebbe perdere la carica di sottosegretario,

Malgrado Conte cerchi di buttare acqua sul fuoco, la tensione è altissima anche se tutte e due i contendenti si affrettano a precisare che comunque vada non ci sarà la crisi di governo. Di Maio non si perde una piazza televisiva per tornare sull’argomento che monopolizza il dibattito nel Movimento ma che non appassiona e blocca l’esecutivo mentre lo spread vola e i cantieri non si aprono.

«Non arretro, quando Siri se ne sarà andato tornerà il sorriso», promette il ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro. Nel frattempo il diretto interessato,ovvero ilsottosegretario, presenterà nelle prossime ore una sua lunga memoria e raccontano che – in caso di decreto – non escluda un ricorso al Tar perché l’atto sarebbe senza motivazione. Resta il fatto che domani in consiglio dei ministri si potrebbe svolgere una sorta di “processo” a Siri, con i ministri leghisti pronti a difenderlo e i grillini che alla fine mostreranno il pollice verso. Conte,sentito il consiglio dei ministri, a quel punto firmerà il decreto la cui controfirma del presidente della Repubblica Sergio Mattarella è un atto dovuto.

Poi Siri pensa anche a una querela per diffamazione:

Anche se il premier Conte si mostra sereno ed è convinto di aver usato sulla vicenda un metro di giudizio limpido e lineare, sa che rischia di finire nel frullatore della verifica post elezioni europee mentre lo stesso sottosegretario dimissionando non esclude di querelarlo per le dichiarazioni rese giovedì scorso che, secondo l’esponente della Lega, avrebbero dato per scontato una sua azione per la tutela di «interessi di parte».

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