Cosa succede all’Italia mentre i politici promettono flat tax come se non ci fosse un domani

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-05-08

Sbizzarritevi oggi a promettere flat tax come se non ci fosse un domani. Perché a breve sarà “finita la pacchia”, come direbbe Salvini (non per Siri a San Marino, certo), perché, come scrive oggi Il Sole 24 Ore, le elezioni europee passeranno ma non cancelleranno le richieste dei mercati, che già da un paio di settimane …

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Sbizzarritevi oggi a promettere flat tax come se non ci fosse un domani. Perché a breve sarà “finita la pacchia”, come direbbe Salvini (non per Siri a San Marino, certo), perché, come scrive oggi Il Sole 24 Orele elezioni europee passeranno ma non cancelleranno le richieste dei mercati, che già da un paio di settimane hanno ricominciato a farsi sentire portando lo spread con i titoli tedeschi verso quota 260-270. E c’è un appuntamento dal commercialista che il governo italiano non potrà mancare in autunno: quello in cui si fanno i conti del fabbisogno per la prossima legge di bilancio. Che partirà da una base di 35-40 miliardi.

I conti del quotidiano sono semplici: Iva e accise, come sappiamo, ne valgono 23,5 ed è impossibile evitare gli aumenti a deficit a meno di non volersi infilare in un’altra tempesta finanziaria. Poi ci sono le uscite obbligatorie, calcolate dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio in 2,7 miliardi per il 2020. A cui bisognerebbe aggiungere il miliardo che serve per il rinnovo dei contratti nella scuola. E poi?

Su questa base vicina ai 27 miliardi si innesta la correzione del passato, che imporrà di recuperare almeno una parte dei 12 miliardi di mancato aggiustamento 2018 e 2019, e quella del presente. Ma lo stesso Def aggiunge un aggiustamento del deficit da 4 miliardi, in carico prima di tutto ai 2 miliardi aggiuntivi di spending scritti ma da attuare. Da questo punto di vista le stime di Bruxelles non contemplano grosse sorprese, perché l’aumento di deficit strutturale calcolato per il 2020 (1,2% del Pil) è praticamente pari agli aumenti Iva che le calcolatrici europee non considerano.

Nei programmi italiani, si diceva, quest’ultimo aggiustamento è a carico della spending review: ma i due miliardi messi a preventivo per il prossimo anno (0,1% del Pil) da soli non bastano, e avrebbero bisogno quanto meno di una replica della clausola della spesa da altri due miliardi già attivata quest’anno. Riassumendo: un conto “pieno”, che contempli il recupero integrale degli sforamenti 20182019, volerebbe fino a 40 miliardi. Da qui partirà l’ennesimo round di negoziati con la Ue per scontare almeno in parte la vecchia mancata correzione oppure per far salire il deficit a quota 2,9% (ipotesi comunque finora smentita ufficialmente dal ministro Tria): in entrambi i casi, lo “sconto” difficilmente arriverebbe vicino ai 10 miliardi.

E flat tax, pacchetti famiglia e cuneo fiscale? Quelli ad oggi sono nella fantasia dei politici in campagna elettorale. Domani sarà tutto un altro giorno.

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