Rimborsopoli M5S: il buco da 226mila euro nelle restituzioni del MoVimento 5 Stelle

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-02-10

Il Movimento rivendica la restituzione di 23,41 milioni al Fondo per le pmi ma Repubblica e Stampa pubblicano una tabella del ministero che ne certifica solo 23,19. Parte la caccia interna ai “furbetti” che potrebbero aver imitato Cecconi e Martelli

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«Lei m’amò / Tu l’amasti / io no / i verbi non coincidono / che c’entro io?», cantava un ispiratissimo Battisti. Qui a non coincidere invece sono i soldi e la situazione è peggiore di un pianto a piovere. Il caso Cecconi & Martelli ha fatto scoppiare il bubbone delle restituzioni del MoVimento 5 Stelle perché certifica un buco da 226mila euro, ovvero la differenza tra quanto, 23.418.354 euro, i parlamentari grillini hanno dichiarato – sul sito autogestito tirendiconto.it – di aver versato nel fondo per il microcredito, tagliandosi lo stipendio, e quanto risulta dal prospetto del ministero dello Sviluppo economico che quel fondo lo gestisce, (23.192.331 euro).

Il buco delle restituzioni del MoVimento 5 Stelle

La tabella che riepiloga i numeri e certifica l’esistenza del buco è stata pubblicata oggi da La Repubblica e La Stampa e arriva dopo che, come racconta Ilario Lombardo, il famoso servizio delle Iene che aveva “seccato” Andrea Cecconi e Carlo Martelli, che doveva andare in onda domenica, è stato invece bloccato per ragioni di par condicio. E dopo che ieri è arrivata un’altra dimostrazione concreta del concetto di trasparenza nel M5S: all’esterno delle Officine Cantelmo di Lecce il candidato premier Luigi Di Maio è stato bloccato dall’inviato del programma Filippo Roma. Davanti alla sede dove era stata fissato l’incontro con gli elettori si sono accalcate numerose persone attorno alla troupe televisiva e al giornalista del format di Mediaset. Tra spintoni e ressa, Di Maio è riuscito a guadagnare il palco, bypassando la conferenza stampa con i giornalisti predisposta dagli organizzatori dell’iniziativa.

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La tabella di Repubblica sui rimborsi M5S (10 febbraio 2018)

Cosa è accaduto? Secondo calcoli interni è di circa 90 mila euro la cifra che i due grillini non avrebbero versato, ma il punto è che mancherebbero ulteriori 136 mila euro dal totale dichiarato su tirendiconto.it.

Cinque anni di decurtazioni per 123 tra deputati e senatori, 23 milioni di euro in tutto, sono una cifra considerevole che mette al riparo il M5S da sospetti che molti altri parlamentari abbiano fatto un raggiro di massa, ma non bastano ad alleggerire il clima di vera e propria paranoia che si sta vivendo in queste ore nello staff di Di Maio.

M5S: il buco con il tirendiconto.it intorno

Il fatto che i grillini abbiano deciso soltanto oggi – e soltanto dopo lo scoppio del bubbone – di effettuare controlli accorgendosi del problema dimostra l’assoluta incapacità di controllo e verifica di quanto accade dentro il partito di Di Maio, e fa sorridere che chi non controlla i suoi avrebbe anche l’ambizione di guidare un paese. Spiega Annalisa Cuzzocrea su Repubblica:

Il conto che si fa incrociando i dati in possesso del Mise e quelli dichiarati dai 5 stelle è semplice: il Movimento dichiara di aver versato 23 milioni e 418mila euro. I bonifici vengono inviati al ministero dell’Economia che poi li gira al ministero dello Sviluppo Economico. Lì, a oggi, risultano 23 milioni e 192 mila euro donati dal M5S. Ne mancano 226mila.

Se a questa cifra si volessero sottrarre quelli trattenuti da Martelli e Cecconi, all’appello mancherebbero – appunto – ancora 136mila euro. Una cifra che, secondo la legenda degli asterischi posti accanto al dato di gennaio, è stata acquisita «per le vie brevi dal Mef in data 9 febbraio 2018». E cioè ieri, quando i bonifici dei due parlamentari colti in fallo, che secondo i vertici sarebbero partiti domenica scorsa, dovevano già essere arrivati.

L’ultima rendicontazione presentata da Andrea Cecconi [Fonte: TiRendiconto]
Ma Emanuele Buzzi sul Corriere della Sera spiega che c’è un altro dato che emerge dalle rendicontazioni: quello di cui si è parlato per tanto tempo online, ovvvero l’aumento dei costi di vita e lavoro per alcuni deputati e senatori, che ha avuto un’impennata nel 2017:

Negli ultimi sei-nove mesi, infatti, un 10%-15% del gruppo parlamentare ha restituito solo la parte d’indennità «dovuta» o poco di più (si parla di al massimo poche centinaia di euro). I bonifici versati al fondo spesso collimano al centesimo proprio con la cifra legata all’indennità. Nulla di illecito, ma un passo che stride con un Movimento che si definisce «francescano».

Questo 10-15% di pentastellati ha avuto spese sempre tali da assorbire tutta la quota dedicata ai rimborsi. Nel novero — solo per citare qualche nome — ci sono Cinque Stelle che hanno lasciato il Movimento (come Chiara Di Benedetto), parlamentari che non sono stati ricandidati (Roberto Cotti) o a rischio rielezione (Paolo Bernini e Cosimo Petraroli), ma anche big ortodossi che hanno avuto un buon riscontro alle Parlamentarie come Manlio Di Stefano e Carla Ruocco.

Il servizio delle Iene su Cecconi & Martelli

E mentre sulla Stampa si racconta che un’anteprima del servizio verrà mandata in onda domattina (probabilmente su Facebook) dalle Iene, Luca De Carolis e Paola Zanca sul Fatto Quotidiano spiegano  che finora non c’è stato alcun controllo sullo strumento principedella trasparenza,il sito in cui ogni mese i parlamentari rendicontano le loro spese e allegano copia del bonifico con cui restituiscono il dovuto:

Altrimenti, per dire, la senatrice Enza Blundo avrebbe dovuto ricevere da tempo una richiesta di chiarimenti da parte del gruppo: da marzo 2014 a settembre 2015 sul sitonon risulta nessuna copia di bonifico allegato, nonostante lo status del suo profilo sia verde (ovvero in regola con le restituzioni). Glielo abbiamo chiesto noi, ieri, e la Blundo ci ha spiegato che probabilmente l’errore è da attribuirsi al suo collaboratore (“all’epoca se ne occupava lui”) e che non ha “nessun problema”a dimostrare i versamenti fatti in quei 18 mesi di buco.

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I numeri del ministero sulle restituzioni M5S (La Stampa, 10 febbraio 2018)

Insomma, il punto non è economico ma politico. E riguarda la fragorosa caduta dal pero che effettuano i 5 Stelle ogni volta che qualcuno di loro viene beccato dalla stampa o dagli altri attivisti a fare qualcosa che non va. Si parte ogni volta dalla negazione di un problema con accuse alla stampa cattiva, alla parziale ammissione dell’esistenza di un problema con accuse alla stampa cattiva, per arrivare finalmente alla conoscenza reale del problema grazie a quanto scrive la stampa cattiva, a cui di solito segue di nuovo la fase della negazione dell’esistenza del problema accompagnata dalla frase “Eh ma allora gli altri?”. Un metodo perfettamente gestibile, per carità: le maestre degli asili di tutta Italia lo risolvono ogni giorno. Il dramma però è che chi si comporta così vorrebbe anche governare un paese. Con lo stesso metodo, evidentemente.

EDIT: Dimostrando nell’occasione onestà intellettuale e coerenza, la deputata Carla Ruocco del M5S rilascia questa nota alle agenzie di stampa in cui dice sì alla messa in onda del servizio delle Iene: “Quando Renzi fece una figuraccia con i disabili prima del referendum le Iene non poterono uscire col servizio. E dov’era Anzaldi all’epoca? Dove Fiano? Dove il resto del Pd? A trincerarsi dietro la stessa par condicio che oggi attaccano. Per noi le Iene possono anche uscire col servizio, non abbiamo nulla da nascondere. Chi sbaglia nel M5S paga, loro invece ne fanno curriculum e li candidano. a proposito: quanto ha restituito Anzaldi? Zero, come i suoi colleghi di partito. Vergogna, e’ l’unica cosa che dovrebbero provare”.

EDIT2: Sul tema dell’articolo ci sono da registrare queste due dichiarazioni di Luigi Di Maio e di Riccardo Nuti:

“Qualcuno oggi ha detto che noi abbiamo una falla, un buco e che mancano dei soldi all’appello”. Lo ha detto Luigi Di Maio, candidato premier del M5s, parlando con i giornalisti a margine di un’iniziativa elettorale a Lamezia Terme. “Abbiamo fatto le verifiche – ha aggiunto Di Maio – e, probabilmente, quello che ‘Repubblica’ chiama buco è solo un problema di contabilizzazione perché dai calcoli del Mef non ci sono ancora, e questo è sicuro, i bonifici di febbraio, cioè dell’ultimo mese di restituzione”.

riccardo nuti m5s

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