Cultura e scienze
La ricerca di Giuseppe De Donno sul plasma iperimmune… che dà ragione a Burioni
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2020-07-27
Nello studio si spiega in primo luogo come “su 46 pazienti trattati in 4 ci sono stati gravi effetti collaterali, tra i quali una grave insufficienza polmonare causata dalla somministrazione di plasma”. E poi arriva la sorpresona
Il professor Roberto Burioni ha raccontato su Facebook una divertentissima storia che riguarda la cura del plasma del dottor Giuseppe De Donno e uno studio scientifico pubblicato su Haematologica.org nel quale vengono descritti i risultati ottenuti in Italia nello studio pilota con il plasma iperimmune per la cura di COVID-19, firmato, tra gli altri, proprio da De Donno.
La storia di Burioni, De Donno e del plasma iperimmune
Nello studio si spiega in primo luogo come “su 46 pazienti trattati in 4 ci sono stati gravi effetti collaterali, tra i quali una grave insufficienza polmonare causata dalla somministrazione di plasma”; tre pazienti (6,5%) sono deceduti entro 7 giorni rispetto alla percentuale del 15% di mortalità che si ricava dalle statistiche nazionali e in totale cinque eventi avversi gravi si sono verificati in 4 pazienti (2 probabilmente, 2 possibilmente correlati al trattamento). Ma la parte più bella è un’altra:
Vi ricordate quelli delle Iene, che mi accusavano di sminuire l’efficacia del plasma iperimmune per promuovere l’uso dei miei anticorpi monoclonali (che non esistono, come potranno verificare dolorosamente in tribunale)? Ebbene, questo è il finale dell’articolo (che vi ricordo ancora è firmato anche da Giuseppe De Donno):
“Questo è uno studio volto alla dimostrazione del concetto alla base della terapia, quindi questi dati non devono essere sovrainterpretati e l’efficacia non può essere ancora affermata. Tuttavia questi dati aprono la strada a futuri sviluppi come la dimostrazione rigorosa dell’efficacia del plasma iperimmune in uno studio clinico randomizzato ed eventualmente alla possibilità di conservare il siero iperimmune per anticipare una potenziale seconda ondata pandemica, allo sviluppo di prodotti farmaceutici standardizzati costituiti dalla frazione (del plasma) di anticorpi purificati e, ultimi nella lista ma non per ordine di importanza, ALLA PRODUZIONE DI ANTICORPI MONOCLONALI SU LARGA SCALA”.
Burioni si riferisce al servizio di Alessandro Politi in cui le Iene hanno accusato di conflitti d’interesse Burioni perché lavora sugli anticorpi monoclonali (anche se non ha mai lavorato sul Coronavirus SARS-COV-2). Quello che si “scopre” dalla ricerca di De Donno e degli altri è che proprio quello che aveva scritto il professore del San Raffaele sulla possibilità teorica di utilizzare gli anticorpi monoclonali e che aveva scatenato la simpatica replica dello stesso De Donno che riproduciamo qui non per accanimento, ma per puro spirito di completezza dell’informazione (il punto che riguarda gli anticorpi monoclonali è quello sintetizzato con un “vedo che si sta già arrovellando a come fare per trasformare una donazione democratica e gratuita in una ‘cosa’ sintetizzata da una casa farmaceutica”).
Mentre la fine di questa storia probabilmente la dirà il tribunale, dal punto di vista che più interessa, ovvero sulla funzionalità della cura del plasma iperimmune, è importante invece capire che a dispetto dell’aura di cura miracolosa con cui era stata ammantata da alcuni ultras laureati su facebook, le cose purtroppo sono sempre più complicate di come ce le raccontano. E ad ammetterlo stavolta c’è anche De Donno.