Ma quindi è Renzi che decide se Minniti si candida?

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-12-05

L’ex ministro dell’Interno fa circolare la voce di essere pronto a ritirarsi dalla corsa per la segreteria del Partito Democratico perché non ha l’appoggio di Renzi. Dimostrando così che il valore politico della sua candidatura è inesistente senza l’appoggio dell’ex premier

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Marco Minniti viene dalla Prima Repubblica e conosce benissimo quindi tutti i modi per inviare segnali a nemici e alleati senza esporsi in prima persona. Per questo ieri ha cominciato a circolare senza che ci fosse alcuna sua dichiarazione pubblica l’intenzione di ritirarsi dalla corsa per la segreteria del Partito Democratico. E oggi, come da copione, i retroscena dei giornali sono pieni di virgolettati di uno che non ha parlato mai, come succedeva nei meravigliosi Anni Ottanta.

Primarie PD, il ritiro di Minniti

E il fatto che i virgolettati siano diversi ci dà anche la certezza che per una volta non sono circolati su Whatsapp, con buona pace di Casalino. «Basta, se è così non mi candido più», gli fa dire il Corriere della Sera intendendo che Minniti non ne può più delle giravolte renziane e mussolinianamente lo avverte: «O sei con me o sei contro di me». «Non è che possiamo continuare con una parte di renziani che si impegnano sulla candidatura di Marco, o almeno dicono di impegnarsi, e lui, Renzi, che ci dice “buon lavoro” e poi si impegna a creare comitati civici, fa girare, non smentita, la voce che sta facendo un nuovo partito. E insomma, così un congresso non lo si vince di certo», gli fa dire Maria Teresa Meli che in questi mesi ha infatti raccontato le Grandi Manovre di Renzi in attesa dell’addio più annunciato della storia e meno praticato dalla cronaca (quello al PD).

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Dall’altra parte della barricata, Repubblica giura che per Minniti «Il mio problema si chiama Matteo Renzi». E precisa:  «La mia missione era tenere nel Pd la li
nea del riformismo e i renziani. Se fanno un’altra cosa, la missione finisce». Non solo: secondo gli amici più cari, dice il quotidiano, “l’addio è già deciso al 90%”. Boom, baby boom. C’è un problema: se Minniti corre solo se ha l’appoggio di Renzi, la verità non è che Minniti vuole mollare perché se uno vuole davvero mollare, lo fa. La verità è che Minniti ritiene pregna di senso la sua candidatura solo se ha l’appoggio di Renzi: sarà quindi Renzi a decidere, appoggiandolo come vuole lui o no, se Minniti dovrà fare il candidato del Partito Democratico. E questo per uno come lui è di sicuro duro da ammettere. Ma è vero.

Minniti si candida solo se Renzi lo appoggia?

Ma se Minniti si candida solo se Renzi lo appoggia, significa che la candidatura di Minniti ha soltanto il valore politico di perpetuare la linea di Renzi. E allora a cosa serve Minniti? Non è meglio che si candidi direttamente Renzi? Se poi il problema è che Renzi si sta organizzando per fare un nuovo partito e movimento, Minniti dovrebbe aver presente che notizie del genere escono da quando l’ex sindaco di Firenze ha perso le primarie del PD con Bersani. In sei anni però Renzi non ha mai mollato il Partito Democratico e questo dovrebbe significare qualcosa per lui.

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Il sondaggio di IPSOS sul Corriere della Sera (24 novembre 2018)

Se non altro perché è chiaro fin da oggi che Renzi non ha nessuna convenienza a lasciare il partito se il segretario sarà Minniti. Ecco perché la questione della permanenza di Renzi nel partito sollevata da Minniti pare mal posta: perché si preoccupa oggi dell’abbandono di domani, se questo dipende dal suo risultato?

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