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La supercazzola di Marco Minniti sulle "promozioni" dei funzionari di Polizia del G8 di Genova

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-12-28

Il ministero dell’Interno fa sapere che Gilberto Caldarozzi, condannato in via definitiva per falso in relazione ai fatti della scuola Diaz nel 2001, “non è stato promosso” quando a settembre è stato nominato da Minniti vice-direttore operativo dell’Antimafia. Evidentemente il Ministro dell’Interno non aveva nomi migliori da proporre

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Gilberto Caldarozzi, nuovo numero due dell’Antimafia, ha un curriculum di tutto rispetto. Sono pochi i poliziotti che possono vantare una condanna a tre anni e otto mesi per falso (mai scontati) con sospensione per cinque anni dai pubblici uffici e conservare il distintivo. Non proprio una presentazione edificante per un servitore dello Stato che è stato condannato per aver collaborato alla creazione di false prove finalizzate ad accusare chi venne pestato dagli agenti alla scuola Diaz durante il G8 di Genova 2001.

Marco Minniti mette un poliziotto condannato per falso ai vertici della DIA

Nella sentenza la Cassazione scrisse che a Caldarozzi e gli altri condannati “hanno gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero”. Ora quella persona è stata nominata dal Ministro dell’Interno Marco Minniti Vice direttore tecnico operativo della Direzione Investigativa Antimafia. Sempre secondo la Cassazione l’ex capo del Servizio centrale operativo della polizia (SCO) si «è prestato a comportamenti illegali di copertura poliziesca propri dei peggiori regimi antidemocratici». Che sia stato questo a convincere Minniti ad affidargli un ruolo così importante?

In fondo qualche giorno fa Repubblica scriveva che Caldarozzi vanta con Minniti e Gianni De Gennaro (Capo della Polizia nel 2001 e ora Presidente di Finmeccanica) un’antica amicizia. Non è un caso che in attesa di rientrare in Polizia Caldarozzi sia stato chiamato come consulente alla sicurezza proprio a Finmeccanica. L’Antimafia invece dipende direttamente dal ministro dell’Interno. Da un certo punto di vista ora che Caldarozzi ha scontato la sua pena ha tutto il diritto di continuare a lavorare. Ma c’era davvero il bisogno e la necessità di mettere un pubblico ufficiale condannato per falso ai vertici della DIA? La logica poliziesca direbbe di no, ma al Ministero dell’Interno la pensano diversamente.

Il vicequestore Lauro promosso questore a Pesaro

Un discorso analogo si può fare per Adriano Lauro che all’epoca del G8 di Genova era vicequestore e che il 20 luglio si trovava in Piazza Alimonda. Lauro rimarrà nella storia per aver urlato a un manifestante, riferendosi a Carlo Giuliani a terra, “lo hai ammazzato tu, sei stato tu con le pietre, pezzo di m…”. Quattro anni dopo durante il processo ai black-block Lauro ammise candidamente di aver lanciato pietre all’indirizzo dei manifestanti.

Più di recente Lauro è stato protagonista anche a San Nicola nel 2015 negli scontri con Casapound. Anche in quell’occasione c’entravano le pietre: avvicinandosi ai neofascisti Lauro intimò minaccioso: “Mi sono arrivati due sassi in testa, se non ve ne andate vi arresto tutti”. Evidentemente sei bravo ti tirano le pietre ma almeno ti promuovono questore.

La Polizia rassicura: non è una promozione

Il Dipartimento della Pubblica Sicurezza fa sapere in una nota che a “nessuno” dei funzionari e dei poliziotti coinvolti nelle vicende del G8 di Genova “è stato affidato un incarico che rappresenta alcun tipo di promozione”.  Quindi diventare questore non è una promozione mentre essere nominato vice-direttore operativo della DIA non significa che Caldarozzi sia stato promosso. Probabilmente non c’era nessun’altro in grado di ricoprire quel ruolo per il quale – fa sapere il Dipartimento – “per le specifiche esperienze maturate nella lotta alla criminalità organizzata, con particolare riferimento a quella di stampo mafioso” Caldarozzi è “perfettamente corrispondente alla qualifica già ricoperta”.
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Non c’è stata quindi alcuna promozione perché a Caldarozzi è stato affidato un incarico che in un certo senso già ricopriva dal momento che non è stato possibile “procedere ad alcuna forma di destituzione” e in ogni caso tra due anni “cesserà dal servizio per raggiunti limiti di età”. Poco importa che nel frattempo sia stato condannato per falso e che sia stato riconosciuto colpevole di aver collaborato alla creazione delle prove che fornirono il pretesto per la macelleria messicana della DIA. Poco importa che per quello che è successo alla Diaz l’Italia venne condannata dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo per violazione delle norme sulla tortura.
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In base a quali criteri Minniti ha preso quella decisione? Non è dato di saperlo perché il ministro non vuole esporsi e lascia parlare il Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Ed è curioso che qualche mese prima della nomina di Caldarozzi Franco Gabrielli il capo del Dipartimento di Pubblica Sicurezza a proposito della Diaz disse che la gestione dell’ordine pubblico a Genova durante il G8 “fu semplicemente una catastrofe” e che “se io fossi stato Gianni De Gennaro mi sarei assunto le mie responsabilità senza se e senza ma. Mi sarei dimesso. Per il bene della Polizia”. Sappiamo poi come sono andate le cose. De Gennaro non si è dimesso e si è trovato (grazie a Enrico Letta) ai vertici di un’azienda di Stato. Caldarozzi non si è dimesso e Minniti non ha trovato niente di meglio per lui che la direzione dell’Antimafia. Ma a questo punto il problema non è più Caldarozzi è il Ministro dell’Interno.
 

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