Fatti
Il preincarico di governo chiesto da Matteo Salvini
Alessandro D'Amato 02/05/2018
Il leader della Lega vuole impegnarsi per trovare i voti in Parlamento su un suo esecutivo che metta insieme centrodestra e MoVimento 5 Stelle. Ma Mattarella…
Matteo Salvini chiede al presidente della Repubblica un preincarico di governo. Arrivando a Grumello del Monte, nel Bergamasco, Salvini ha sostenuto di volere il preincarico per formare un governo di centrodestra con l’appoggio del MoVimento 5 Stelle. Per scongiurare qualunque ipotesi di governo istituzionale o del presidente su cui potrebbe orientarsi nei prossimi giorni Sergio Mattarella.
L’incarico di governo chiesto da Matteo Salvini
“Il governo istituzionale è stare tutti insieme per non fare nulla”, ha spiegato Salvini in merito ad una sua disponibilità a sostenere un governo istituzionale in caso di protrarsi dello stallo politico. “Proverò a cercare in Parlamento quella forza per fare le cose che ci chiedono gli italiani. Ci proverò fino all’ultimo, ma partendo dal centrodestra che è la prima coalizione e ha vinto in Molise e Friuli”, ha sottolineato il segretario del Carroccio. Alla domanda se chiederà un preincarico per fare un governo, Salvini ha risposto: “Perché no?”.
Salvini ha così preso le distanze da Luigi Di Maio, che il 30 aprile ha chiesto di tornare al voto a giugno (anche se questo è tecnicamente impossibile) dando così l’ennesima svolta alla linea del MoVimento 5 Stelle nella crisi dopo il fallimento (virtuale, per ora) delle trattative con il Partito Democratico.
Cosa pensa Mattarella?
Ormai anche al Colle è sempre più evidente che le possibili strade da percorrere rischiano di trasformarsi in vicoli ciechi. Dei tre forni – Pd-M5s, Lega-M5s, centrodestra-M5s – il presidente della Repubblica non ne ha privilegiato neanche uno. Una gestione trasparente della crisi politica, basata sui numeri. Sono rimbalzate voci in Parlamento dell’intenzione nei giorni scorsi di Salvini di staccarsi da Berlusconi, tam tam di una possibile convergenza dei renziani sul nome di Giorgetti grazie alla mediazione di Berlusconi. Ma il Capo dello Stato ha messo i partiti alla prova sui fatti e finora non è emersa alcuna luce. Anche la strada di un incarico “al buio”, di un governo allo sbaraglio, con numeri ballerini, non sembra percorribile. Non fu data questa possibilità nella passata legislatura neanche a Bersani che aveva numeri molto più ampi.
Ecco perché si rafforza l’idea che un governo del Presidente, di transizione, di garanzia, con una figura esterna ai partiti, possa essere l’unica ‘exit strategy’. Due sono gli scogli: il primo è legato, oltre a chi deve guidarlo (e i nomi fin qui fatti, come Flick, non sembrano avere chance); il secondo a chi lo vota. Nel caso si andasse su questa prospettiva la prima carica dello Stato potrebbe chiedere ai partiti di assumersi la responsabilità di metterci la faccia. Per un esecutivo emergenziale che nasca con la mission di trattare con l’Europa e di varare la legge di bilancio, scongiurando anche il temuto aumento dell’Iva. Lega e M5s, se non dovessero trovare un’intesa in questi giorni, dovrebbero – questo l’auspicio dei vertici istituzionali – farlo partire ma per ora un loro via libera non c’è.