La previsione è dell’ISTAT ed è contenuta nelle Prospettive per l’economia italiana nel 2018-2019: con i tassi d’interesse più alti di 100 punti il prodotto interno lordo calerà dello 0,7%. È questo, spiega oggi Rossella Bocciarelli sul Sole 24 Ore, il vero motivo per il quale non si può convivere a lungo con uno spread dei tassi d’interesse pari a 300 punti base, che corrisponde a un rialzo dei tassi sui btp di 150 punti da aprile a oggi e a un incremento di circa 90 punti base nei rendimenti all’emissione delle obbligazioni delle imprese negli ultimi sei mesi: il freno alla crescita e agli investimenti indotto dal rialzo dei tassi rischia di controbilanciare, annullandoli, gli effetti espansivi della manovra definita con la legge di bilancio.
Espansivi, ovviamente, a seconda dei punti di vista. Qualche giorno fa Paola Taverna ha esultato su Twitter perché l’istituto di statistica ha certificato che l’introduzione del reddito di cittadinanza potrebbe portare a un aumento del Prodotto Interno Lordo pari allo 0,2-0,3%; quello che la vicepresidente del Senato non ha capito è che l’ISTAT faceva una premessa a questo ragionamento: lo 0,2-0,3% del PIL di crescita arriverà a patto che si investa nella misura una cifra pari a nove miliardi di euro, ovvero lo 0,5% del PIL. Quindi investiamo cinquanta centesimi di euro per riaverne indietro venti o trenta.
Tornando al PIL e allo spread, è l’ISTAT a pronosticare che l’impatto di un peggioramento delle condizioni di mercato del credito, determinato da un aumento dei tassi di interesse sul quadro economico, pari a 100 punti base, determinerebbe un peggioramento del PIL pari allo 0,7% rispetto allo scenario base. E questo senza tener conto dei rischi al ribasso che gravano sulle stime prodotte: il rallentamento del commercio mondiale e le decisioni della Bce, un impatto minore del reddito di cittadinanza (per l’eventuale aumento della propensione al risparmio e dell’inflazione) nonché il peso del peggioramento delle condizioni di finanziamento.