Ma il MoVimento 5 Stelle sapeva che Piera Aiello era “incandidabile” ed è indagata?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-05-08

Il quotidiano online Tp24.it rivela che l’onorevole pentastellata, prima donna testimone di giustizia eletta in Parlamento, è indagata per falso in atto pubblico in relazione ai documenti presentati per potersi candidare alle politiche del 2018. Dalla ricostruzione dei fatti emerge che la forzatura della Aiello era l’unico modo per potersi candidare, vista la sua situazione, ma la vera domanda è un’altra: il MoVimento 5 Stelle lo sapeva?

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Durante la campagna elettorale per le politiche 2018 Piera Aiello era la candidata senza volto. Di lei non circolavano foto e nemmeno manifesti. Perché per 27 anni l’onorevole Aiello – eletta alla Camera con il MoVimento 5 Stelle – era stata una testimone di giustizia. Dal 1991 Piera Aiello ha vissuto sotto protezione, con una nuova identità e in una località segreta. In quell’anno infatti aveva deciso di diventare una testimone contro la Mafia. A portarla a questa decisione la sua storia personale.

Chi è Piera Aiello, la prima donna testimone di giustizia eletta in Parlamento

Nata nel 1967 a Partanna (Trapani) andò in sposa – per decisione del futuro suocero, il boss Vito Atria – a Nicolò Atria. A 23 anni però rimase vedova, il marito era stato freddato da due sicari di Cosa Nostra di fronte ai suoi occhi. Nicolò Atria aveva infatti deciso di vendicare la morte del padre – ucciso nel 1985 a pochi giorni dalle nozze – mettendosi contro i clan rivali. A quel punto Piera Aiello – che aveva già tentato di partecipare ad un concorso per entrare in Polizia – decise di ribellarsi definitivamente al sistema mafioso. Divenne una testimone di giustizia, conobbe il giudice Paolo Borsellino e con le sue testimonianze fece arrestare e condannare numerosi mafiosi trapanesi. Il tutto però le costò un prezzo altissimo: dovette rinunciare alla sua identità diventando un fantasma.

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La vita del testimone di giustizia è difficile e non esente da rischi. Dalla visita medica specialistica all’iscrizione dei figli a scuola tutto diventa un percorso ad ostacoli. Tra le altre conseguenze del vedersi assegnata una nuova identità c’è anche la perdita di uno dei diritti fondamentali del cittadino: l’elettorato attivo e passivo. I testimoni di giustizia sottoposti al programma di protezione non possono votare perché il certificato elettorale è collegato a quell’identità che hanno dovuto abbandonare. All’Espresso Aiello ha raccontato che per potersi candidare con il M5S lo ha fatto di nascosto dal Viminale «ho dribblato la Commissione centrale, altrimenti mi avrebbero impedito di farlo».

Il “mistero” della candidatura di Piera Aiello

Secondo il quotidiano online trapanese Tp24.it quel dribbling però potrebbe costare caro. Il quotidiano infatti sostiene di essere in possesso di informazioni secondo le quali l’onorevole Aiello è attualmente indagata per falso in atto pubblico ed è stata già ascoltata dai magistrati inquirenti. Secondo alcune fonti anonime del Comune di Partanna – riferisce sempre Tp24 – ad iscrivere la Aiello nelle liste elettorali del Comune di Partanna sarebbe stato l’avvocato Peppe Gandolfo, coordinatore di un’associazione antiracket della quale fino a qualche mese fa la stessa Aiello era presidente. Assieme alla Aiello sarebbe indagato anche un funzionario del Comune di Partanna andato in pensione da qualche mese. In un post del 10 gennaio scorso la Aiello dichiarava che la sua candidatura «è stata vagliata e dichiarata VALIDA da un tribunale». Caso chiuso? Si tratta di un dossieraggio per screditare la deputata? Secondo Tp24.it la risposta è no.

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Il problema è che quel certificato elettorale – a norma di legge – non avrebbe potuto essere presentato ed utilizzato. Non è al momento chiaro – ed è probabilmente su questo che i magistrati stanno indagando – come quel documento sia stato prodotto ed utilizzato per presentare la candidatura della Aiello, che è stata candidata dal M5S nel collegio uninominale di Marsala. Dal MoVimento 5 Stelle della città dicono di non saperne nulla. E probabilmente è così perché i candidati all’uninominale sono stati scelti e vagliati personalmente dal Capo Politico del M5S Luigi Di Maio (non si tratta cioè di persone che hanno partecipato alle parlamentarie). Quella intrapresa dalla Aiello – il “dribbling”-  era del resto l’unica strada per potersi candidare e entrare in Parlamento per proporre una legge di riforma delle misure di protezione dei testimoni di giustizia (che sono cosa ben diversa dai collaboratori di giustizia) che sia più attenta ai loro diritti di persone. La sua scelta è stata coraggiosa perché ci vuole un coraggio formidabile per rinunciare all’identità fittizia e mostrarsi di nuovo a volto scoperto di fronte ai mafiosi. Sembra però davvero incredibile che i vertici del partito che mena vanto della sua capacità di selezione delle candidature non si siano accorti dell’intoppo legale che avrebbe impedito alla Aiello di candidarsi. Lo diciamo chiaramente: Piera Aiello non era certo una “incandidabile” nell’accezione data al termine dal M5S quando parla di imprensentabili, si tratta invece di un impedimento tecnico legato alla sua condizione di testimone di giustizia. Cionondimeno dalla ricostruzione fatta dal giornale trapanese emerge come la Aiello non avrebbe potuto candidarsi. E rimane un ultimo dubbio: il M5S è a conoscenza che una sua deputata è indagata?

La difesa di Piera Aiello

L’onorevole Aiello conferma di essere indagata ma spiega che si trastta di «una vicenda squisitamente politica: la mia candidatura ha tarpato le ali a qualche avversaria, che si è arrampicata sugli specchi per segnalare agli inquirenti irregolarità, che sono inesistenti. Mi sono candidata con il beneplacito degli organismi competenti, che, naturalmente, hanno vagliato la situazione».

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La deputata pentastellata si dice  amareggiata per l’iscrizione nel registro degli indagati da parte della Procura di Sciacca per falso: «Ho dato la vita allo Stato – sottolinea all’Ansa-. Per un quarto di secolo sono stata un fantasma, senza un volto ed un nome. E solo chi ha vissuto la mia stessa condizione può capire cosa significhi tutto ciò. Una vita fatta di rinunce e sacrifici». Al tempo stesso però si dice serena e fiduciosa, convinta che tutto finirà in una bolla di sapone. Piera Aiello conferma di essere stata già sentita dalla magistratura e aggiunge: «posso dimostrare, con documenti alla mano – ha affermato – che ero candidabile». A questo punto rimane solo  un dubbio: la Aiello aveva avvertito i vertici del MoVimento di essere indagata? E se sì perché non si è autosospesa? In caso contrario – e codice etico alla mano alla mano – il M5S potrebbe vedersi costretto a prendere provvedimenti.

Su Facebook la deputata affida alle parole di un amico testimone di giustizia la spiegazione dei meccanismi tenici che le hanno consentito di potersi candidare e la rendono eleggibile. In particolare si legge che «in diritto il cambiamento delle generalità non cancella il diritto costituzionale ad esercitare la capacità giuridica intesa come elettorato attivo e passivo». Più avanti l’autore della lettera spiega che «spetta alla Commissione Centrale autorizzare la persona ammessa allo speciale programma di protezione ad utilizzare le generalità originali per specifici atti o rapporti giuridici». Ora è proprio questo il punto: l’onorevole Aiello ha dichiarato in un’intervista di aver “dribblato” la commissione centrale, quindi questo lascia supporre che non era in possesso delle autorizzazioni necessarie. Inoltre è scorretto dire che è senza fondamento quanto scrive Tp24 perché anche la stessa Aiello ha ammesso di essere indagata (quindi i presupposti per un’indagine ci sono). Il che non significa dire che è colpevole, ma questo è un lavoro che spetterà al Gip e agli avvocati dell’onorevole.

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