Marco Minniti: la candidatura omeopatica del PD

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-10-12

I renziani vorrebbero che l’ex ministro dell’Interno – quello del codice di condotta delle Ong, degli accordi con la Libia sui respingimenti e trombato da un impresentabile M5S alle elezioni, come ricordato da Renzi – diventasse il prossimo segretario del partito per combattere Salvini. Un dubbio sorge spontaneo

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Matteo Renzi è uscito dal suo proverbiale riserbo per sponsorizzare la candidatura dell’ex ministro dell’Interno Marco Minniti a prossimo segretario del Partito Democratico. L’ala renziana del partito quindi punterà sul ministro che durante la scorsa legislatura più si è avvicinato alla linea iper sicuritaria e antimigranti di Matteo Salvini. È stato Minniti infatti a stipulare gli accordi con la Libia per il pattugliamento dell’area SAR dove operavano le Ong.

I rottamatori che scelgono il “delfino di D’Alema”

Renzi e i suoi, partiti come feroci rottamatori del vecchio apparato del partito finiscono così per appoggiare un vecchio comunista nato e cresciuto nelle fila di FGIC, PCI e PDS che è stato così vicino Massimo D’Alema da diventarne sottosegretario durante l’esperienza da Presidente del Consiglio del Lider Massimo. D’Alema però non ha perso tempo a scaricare quello che secondo alcuni era addirittura il suo delfino. Il motivo? Proprio la gestione dei migranti: «l’accordo di oggi con la Libia è uguale a quello di Berlusconi con Gheddafi» disse D’Alema nel settembre dell’anno scorso.

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Credits Il Comitato di Conciliazione via Facebook.com

Come se non bastasse Minniti, che oggi è senatore “semplice” come Renzi, alle politiche del 4 marzo è stato sconfitto all’uninominale a Pesaro da Andrea Cecconi, uno degli impresentabili dei rimborsi elettorali truccati del MoVimento 5 Stelle. Gli elettori, pur sapendo che Cecconi era già fuori dal M5S e pur sapendo che aveva barato sugli scontri li ha scelto l’ex pentastellato e Minniti è arrivato addirittura terzo.

Marco Minniti, il candidato omeopatico

Del resto non è proprio una notizia che l’operato del ministro dell’Interno del governo Gentiloni piacesse poco a tutti quegli elettori di sinistra disgustati proprio dalla scelta del PD di rincorrere il centrodestra sul tema dell’emergenza migranti e del pericolo invasione (inesistente). E tutto questo per cosa? Per poter rinfacciare durante i primi mesi di governo gialloverde che il calo degli sbarchi non era merito di Salvini ma degli accordi stipulati da Minniti? Geniale, visto che soprattutto a sinistra (i patridioti preferiscono girarsi dall’altra parte) è nota la qualità del trattamento umanitario riservato dai libici a migranti e richiedenti asilo.

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Oggi Alessandro Gilioli de L’Espresso ha definito quella di Minniti una “candidatura omeopatica” paragonando i renziani a quei ciarlatani che pretendono di curare il simile con il simile. Ed chissà cosa diranno quelli che in questi mesi si sono arrabbiati per le prese d’ostaggio di Salvini quando gli si ricorderà che il famigerato codice di condotta delle Ong che limitava l’operatività e le capacità di soccorso delle organizzazioni non governative che operavano nel Mediterraneo è stato voluto proprio da Minniti. È stato con l’arrivo di Minniti al Viminale che la maggior parte Ong hanno iniziato ad abbandonare il tratto di mare tra Italia e Libia perché non c’erano più le condizioni per salvare le vite dei migranti. Una quindicina di sindaci renziani ha firmato un appello per la candidatura di Minniti alla Segreteria spiegando che il Partito ha «bisogno di figure autorevoli per combattere la destra, in grado di fare un’opposizione forte e capaci di uscire dalle logiche dello scontro interno». E magari Minniti potrà pure spuntarla. Il dubbio però è: perché alle elezioni i cittadini dovrebbero preferire la copia all’originale e votare il PD di Minniti invece che la Lega di Salvini?

Foto copertina via Facebook.com credits Politbjuro – via delle Botteghe Oscure 4, Roma

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