Matteo Renzi e la direzione PD senza streaming

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-07-06

Chi ha deciso che non ci sarà la diretta oggi? C’è chi accusa Orfini, c’è chi punta il dito sul segretario. Che è pronto a fare la guerra a Franceschini. In vista delle candidature alle politiche

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«Noi facciamo lo streaming, i 5 Stelle se lo sono dimenticato»: Matteo Renzi dovrà rinunciare a una delle sue battute più ricorsive se davvero oggi la Direzione del Partito Democratico non si potrà vedere online come annunciano i giornali. A meno di clamorose retromarce dell’ultim’ora, che sarebbero comunque comprensibili, la diretta di Largo del Nazareno andrà in soffitta forse definitivamente. Su richiesta, fanno trapelare i giornali, di Matteo Orfini.

Matteo Renzi e la direzione PD senza streaming

Certo, essendo reduce dai tanti clamorosi successi a Romanon ultimo il fantastico risultato all’unanimità dei circoli che dovevano essere chiusi nella sponsorizzazione del candidato della sua corrente – è normale che si dia retta a quello che dice Orfini, che notoriamente è uno dei più apprezzati politici romani. Goffredo De Marchis ci spiega oggi su Repubblica le motivazioni di quello che sembra proprio un gesto di debolezza di un partito allo sbando:

Si torna all’antico, perché lo streaming era diventato una passerella per i dirigenti, «quelli che correvano a mettere il video dell’intervento sulla propria pagina Facebook», dice Orfini, «la diretta serviva a parlare fuori invece dobbiamo parlarci tra di noi».
In più, come i reality, la diretta di partito rende tutti un po’ più “brutti” del vero, distanti dal mondo reale proprio quando vorrebbero essergli più vicini. Pier Luigi Bersani si prestò a una brutta figura quando accettò lo streaming dell’incontro con i 5 Stelle per convincerli a fare un governo con lui. Toccò poi a Renzi (per la legge elettorale) accarezzarsi nervosamente la pancia sotto la camicia bianca in diretta mentre Beppe Grillo faceva scattare la trappola dell’aggressione. Alla fine il segretario del Pd recuperò con una battuta: «Esci da questo blog, Beppe».

pd orfini
Sulla Stampa invece si sostiene che la decisione sia del segretario e non del presidente del partito. E anche Maria Teresa Meli sul Corriere della Sera sostiene che invece sia Renzi ad aver scelto per l’addio allo streaming: :«Evitiamo la solita scena del Pd che litiga. In questa riunione dobbiamo parlare di cose di lavoro, ma se c’è la tv sai in quanti si alzano per prendere la parola e distinguersi…».

Streaming, partito liquido e partito solido

Non si capisce perché questo ragionamento, valido, non sia stato fatto prima. Ma si capisce benissimo perché il PD arriva a farlo adesso. Perché la guerra interna al partito, soprattutto tra le correnti che hanno portato Renzi alla segreteria con un consenso bulgaro e un terzo dei voti in meno rispetto alle primarie precedenti, è vera e tangibile. Il nemico interno è stato individuato: è quel Dario Franceschini che si è azzardato a dissentire in pubblico. «Non voglio fare la guerra a nessuno, nemmeno a Dario. Diciamoci la verità, io non l’ho attaccato, lo strappo lo ha fatto lui e ora deve essere lui a ricucire. Se in direzione non parla e fa la parte di quello che non dice niente, nessun problema, ma se invece parte contro di me, allora la mia reazione sarà durissima. Del resto, i numeri sono dalla mia, lui al massimo in direzione avrà una decina di voti perché anche i suoi gli hanno detto che ha sbagliato ad attaccarmi dopo le dichiarazioni di Romano», dice infatti Renzi sempre secondo il Corriere.
dario franceschini matteo renzi
E la direzione PD senza streaming diventa quindi soltanto un dettaglio di una guerra interna in vista delle candidature alle prossime elezioni. Quelle saranno la cartina di tornasole di chi ha davvero vinto il congresso. E, a quanto pare, porteranno tanti renziani fedeli in una prossima legislatura in cui però non ci sarà molto da spartire, sicuramente molto meno rispetto a quelle del 2013. Ed è lì che si parrà la loro fedeltà vera.

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