Perché la foto di Maria Elena Boschi in bikini non legittima il sessismo nei suoi confronti

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-08-19

Nel 2019 siamo costretti a leggere frasi come quella del tweet di Tomaso Montanari che non sapendo come criticare il tweet di Maria Elena Boschi sulle “mummie” tira fuori a sproposito Kant per dire che le donne non sono libere di fare quello che vogliono con il proprio corpo. E noi che pensavamo che il problema fosse il Congresso Mondiale delle Famiglie

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Maria Elena Boschi ieri ha deciso di rispondere “per le rime” a Matteo Salvini che le dava della “mummia”. Lo ha fatto con un post e una foto dove mostra in maniera plastica e balneare che tanto mummia non è, visto che è in bikini al mare con tre amiche. Non tutti hanno gradito la scelta comunicativa dell’onorevole Dem. Molti hanno scritto che in questo modo si abbassava al livello di Salvini, uno che fa politica in spiaggia a colpi di selfie mentre balla alla consolle del Papeete. Certo, non è che la foto della Boschi sia perfettamente equivalente a quelle del Capitano, che fa un uso machista del suo corpo.

Il “problema” della foto della Boschi in bikini

C’è però chi invece che discutere sull’efficacia dal punto di vista della comunicazione politica della combinazione foto e post della Boschi ha deciso di portare il discorso su un livello più alto. Perché un conto è dire che con quel tweet la deputata PD non fa altro che andare a giocare sul terreno di Salvini, un terreno in cui il Capitano è campione indiscusso, e far notare i rischi intrinseci di una politica fatta con foto balneari (e la Boschi non è mica l’unica donna a farlo, a titolo di esempio ricordiamo la senatrice Santanchè e le sue dirette dalla spiaggia del Twiga con mise animalier). Una critica di questo tipo – perché sì, è lecito criticare il messaggio e lo stile di Maria Elena Boschi – si sofferma sulle potenziali ricadute. La più banale delle quali è ad esempio quella di chi dice che il post che doveva essere ironico o sarcastico è risultato essere invece un po’ troppo acido con toni quasi di ripicca infantile. Vogliamo discutere della foto in sé? Allora diciamo che è una foto normale, assolutamente non volgare, non ammiccante e di certo non degradante per l’onorevole Boschi o per “le donne” (come se esistesse un concetto di donna assoluto).

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Ma bisogna anche tenere conto del contesto: sono anni che la Boschi viene attaccata per il suo aspetto fisico. L’ex ministra delle riforme è la vittima per eccellenza del sessismo politico di questa nostra tormentata Repubblica. Da Grillo in giù non c’è quasi nessuno che si sia sottratto a questo giochino. In genere sono quasi tutti maschi quelli che un giorno paragonano Laura Boldrini ad una bambola gonfiabile, quello dopo parlano della “patata bollente” riferendosi a Virginia Raggi. L’ultima volta è stato proprio Salvini a scatenare l’ondata di insulti sessisti nei confronti della Boschi.

Tomaso Montanari e Maria Elena Boschi che auto-legittima il sessismo su se stessa

Ora una volta appurato che è lecito usare una foto in bikini per fare un post politico cosa dovrebbe fare Maria Elena Boschi? Nascondere il fatto che è una donna giovane e piacente? Fare finta di non essere una donna? Vestirsi da uomo? Secondo Tomaso Montanari «l’uso politico del corpo delle donne è inaccettabile anche se a farlo è una donna» e con quella foto in costume da bagno Maria Elena Boschi ha addirittura «legittimato centinaia di vignette e frasi ignobili sul suo corpo».

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Fermiamoci alla prima frase: abbiamo qui un uomo, un maschio, che dice alle donne (non ad una sola donna, ma alle donne) che cosa possono o non possono fare con il loro corpo. Dice che l’uso politico del corpo è inaccettabile. Perché? Non lo spiega. Non serve qui elencare le storie delle donne che hanno usato “politicamente” il proprio corpo. Non tanto perché fossero donne e quindi il loro corpo fosse intrinsecamente un’arma, quanto per il fatto che quello era il corpo che avevano e che abitavano. C’è chi ha usato politicamente il proprio corpo spogliandosi e partecipando alla liberazione sessuale e chi invece ha usato il proprio corpo sedendosi dove non le era concesso all’interno di un autobus. Ci sono donne che hanno usato il loro corpo per opporsi al potere psichiatrico e al dominio del medico maschio sulla loro psiche (le cosiddette “isteriche”) e altre che hanno fatto lo sciopero della fame per ottenere diritti civili che oggi diamo per scontati. Vogliamo addentrarci nella storia antica? C’è l’esempio di Cleopatra. Vogliamo sbirciare nella storia biblica? C’è l’episodio di Giuditta che uccide Oloferne.

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Se non capisci la differenza tra questo fotomontaggio e il tweet della Boschi allora hai un problema

Torniamo al presente, che è quello che ci interessa. Ogni corpo è un corpo politico, il corpo di Maria Elena Boschi, della donna, delle donne è un corpo politico e il suo “uso politico” non è per nulla inaccettabile. A meno naturalmente che non sia qualcuno, un avversario politico o uno storico dell’Arte a usare il corpo di quella persona, di quella donna, per fini politici (vedi i vari esempi di insulti sessisti riportati qui sopra). Ma Montanari va oltre: scrive che l’uso di una sua foto in bikini addirittura finirebbe per legittimare gli attacchi sessisti. Per carità: coprite tutte le donne che fanno politica perché ci sono in giro maschi che non riescono a capire che una foto in costume da bagno non li autorizza certo a dire che una è una troia, ad esempio. E già che ci siete coprite anche le gambe delle sedie e dei tavoli, che alludono troppo.

Lasciate stare Kant se dovete fare i bigotti

Ma su che basi Montanari fonda i suoi ragionamenti? Pare di capire che la proverbiale fonte del diritto sia quanto scritto da Kant quando formulò il suo imperativo categorico e scrisse «agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo». Si tratta di un caso lampante di fallacia retorica nota come argumentum ab auctoritate. Kant scriveva in piena era napoleonica, un periodo in cui l’essere umano (che era generalmente il maschio) non godeva delle libertà civili di un cittadino del XXI secolo e di sicuro nell’enunciare la sua massima universale non stava pensando a questo caso particolare. Tra le altre cose è bene ricordare che quello che Kant voleva dire era che l’agire morale di una persona doveva tenere conto degli altri (detto molto semplicisticamente) e non agire unicamente secondo il proprio tornaconto e Kant non stava senza dubbio dicendo che non possiamo agire secondo un fine specifico (e rispettoso della nostra e dell’altrui umanità).

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Cosa succederebbe se tutte le donne agissero come Maria Elena Boschi? Assolutamente nulla, visto che già lo fanno e che non toglie a quelle che non postano selfie in bikini il potere di non farlo. Ma vogliamo spostare ancora un po’ più in là l’asticella di questo ragionamento para-filosofico? Cosa succederebbe se un qualsiasi essere umano smettesse di usare la propria persona “come un mezzo” per raggiungere uno scopo, fosse anche battere il record sui cento metri piani o dimostrare che l’essere umano può andare sulla Luna? Kant è stato senz’altro un grandissimo pensatore, ma ridurre la Critica della Ragion Pratica ad un Bignami per giustificare posizioni sessiste è davvero avvilente. Ed in ogni caso se non si “riconosce” l’autorità kantiana fare riferimento al filosofo di Koningsberg lascia un po’ il tempo che trova, soprattutto in mancanza di valide argomentazioni. Cosa resta quindi? Un “ragionamento” maschilista e bigotto di una persona, un maschio, che vuole solo dire ad una donna quello che può o non può fare con la propria persona. 

Leggi sull’argomento: Cosa succede il 20 agosto al governo di Giuseppe Conte

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