Lucia Musti e il lampadario corrotto di De Caprio e Scafarto

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-09-16

«Queste intercettazioni erano fatte coi piedi, dove sulla base di un’informazione del tipo “questo lampadario è verde”, allora si diceva che il lampadario era verde perché erano venuti marziani che avevano corrotto»: i racconti della PM su Scafarto e De Caprio. Smentiti dall’interessato che parla di “golpe” contro “i cittadini che non hanno casa e lavoro”

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«Queste intercettazioni erano fatte coi piedi, dove sulla base di un’informazione del tipo “questo lampadario è verde”, allora si diceva che il lampadario era verde perché erano venuti marziani che avevano corrotto e sulla base di un lampadario verde si facevano delle costruzioni di reato». A parlare, racconta oggi Repubblica in un articolo a firma di Dario Del Porto e Liana Milella, è il procuratore di Modena Lucia Musti che il 17 luglio, davanti alla prima commissione del Csm, definisce così il lavoro del colonnello del Noe Sergio De Caprio e del capitano Gianpaolo Scafarto, lamentando le continue pressioni di Scafarto per incontrarla.

Lucia Musti e il lampadario corrotto

La lunga audizione del magistrato, già sbobinata dopo una settimana, è rimasta per tutto agosto nei cassetti del Csm, e solo il 14 settembre, con una posta certificata, è partita alla volta della procura di Roma, che ha messo Scafarto sotto inchiesta. Si sta parlando degli atti dell’inchiesta CPL Concordia e non di CONSIP, ma quello che racconta la magistrata è stupefacente.

Musti, con due colleghi, partecipa a una riunione al reparto operativo dei Cc di Roma, con Scafarto e De Caprio. Chiosa al Csm: «Mi sembravano molto spregiudicati, con un delirio di onnipotenza, soprattutto il colonnello e il capitano, perché poi c’era questo maggiore De Rosa che mi sembrava più equilibrato, ma gli altri due erano veramente matti. Scusi, matti no, erano esagitati, non mi piaceva neanche il rapporto con l’autorità giudiziaria che avevano, perché a me avevano detto: “Dottoressa, lei se vuole ha una bomba in mano, lei se vuole può far esplodere la bomba”».

Raul Bova interpreta Sergi De Caprio

Il presidente Fanfani chiede: «Chi glielo disse?». Musti: «Il colonnello De Caprio mi disse: “Lei ha una bomba in mano, se vuole la può fare esplodere”». Fanfani: «Ma in riferimento a cosa?». Lei: «Ma cosa ne so? Cioè, io non lo so perché erano degli agitati. Io dovevo lavorare su Cpl Concordia, punto, su quest’episodio di corruzione. Dissi ai miei, “prima ci liberiamo di questo fascicolo meglio è”.

La bomba a cui fa riferimento De Caprio, secondo quanto ricostruito da Musti, sono gli atti di CPL Concordia e a consegnarli alla pm è proprio Gianpaolo Scafarto. «Lui veniva per nome e per conto di Woodcock, che mi aveva telefonato e mi aveva detto: “Ti mando Scafarto”», ricorda Musti. Una telefonata tra l’ex premier Renzi e il generale Adinolfi, tra le carte dell’inchiesta, viene pubblicata sui giornali. Non era omissata nel dvd consegnato dai carabinieri a Musti. Ma lo era nelle carte dei pm.

Scafarto, la PM e Matteo Renzi

Com’era facilmente prevedibile, i racconti del comportamento di Gianpaolo Scafarto nei confronti di Renzi hanno scatenato polemiche politiche. L’ex premier ha parlato di scandalo nato per colpirlo e di tradimento dello Stato, evocando il golpe bianco. De Caprio invece è partito all’attacco: «Non ho mai svolto indagini per fini politici» ha detto ieri spiegando che mai avrebbe «forzato il procuratore Lucia Musti». «Non ho mai ho parlato con lei di Matteo Renzi, anzi è stata lei a chiederci di non informare delle indagini il comandante provinciale dei carabinieri di Modena e la prefettura perché li considerava collusi con le cooperative rosse su cui da tempo indagava autonomamente». Poi l’attacco alla politica e ai parlamentari che hanno chiesto un’inchiesta parlamentare: «Stiano sereni tutti, perché mai abbiamo voluto contrastare Matteo Renzi o altri politici, mai abbiamo voluto alcun potere, mai abbiamo falsificato alcunché. L’unico golpe che vediamo è quello perpetrato contro i cittadini della Repubblica, quelli che non hanno una casa, quelli che non hanno un lavoro e quel golpe non lo hanno fatto e non lo fanno i carabinieri». Sembra di sentire Pappalardo.

gianpaolo scafarto consip
Tutti i filoni dell’inchiesta CONSIP

Il Fatto Quotidiano, nell’articolo firmato da Vincenzo Iurillo, racconta invece come andò la storia dell’intercettazione tra Renzi e Adinolfi.

I pm del troncone “corruzione a Ischia”– Giuseppina Loreto,Celestina Carrano e Henry John Woodcock, gli ultimi due hanno poi avviato l’inchiesta Consip – omissarono il capitolo 7 e la telefonata del premier. Scelta corretta: non era pertinente alle accuse contro gli indagati. Analoga scelta, ugualmente corretta, fecero i pm anticamorra del troncone “Cpl-clan dei Casalesi”, misure cautelari a luglio 2015, primo delegato Cesare Sirignano, oggi alla Procura nazionale antimafia.
Ma l’ordine scritto di Sirignano fu disatteso da cinque carabinieri del Noe di Caserta che per sbaglio inserirono l’intercettazione tragli attial Riesame finiti a disposizione degli avvocati. I cinque militari sono stati indagati e parchiviati su richiesta dei procuratori aggiunti diNapoli Giuseppe Borrelli e Alfonso D’Avino, che saranno sentiti dal Csm lunedì.

La difesa di De Caprio e del Fatto

Gli avvocati di Scafarto, Giovanni Annunziata e Attilio Soriano, hanno diffuso una nota per dire “che a distanza di un anno, Scafarto non risulta indagato a Modena per la violazione di segreto attribuitagli dalla stampa e da noi appresa con stupore”. Scafarto è indagato a Roma per aver falsificato una trascrizione aggravando la posizione di Tiziano Renzi. Ai pm di Roma il Csm ha trasmesso l’audizione di Musti. Intanto proprio il Fatto spiega che le parole di De Caprio e quelle di Scafarto raccontate da Musti, stranamente simili anche se si riferivano a due episodi diversi (la CPL e CONSIP, ma in entrambi i casi si diceva: “scoppierà un casino, arriviamo a Renzi”) sembrano frutto di un’interpretazione scorretta.
giampaolo gianpaolo scafarto
Perché mentre l’intercettazione tra Renzi e Adinolfi, non rilevante, non poteva che essere al massimo motivo d’imbarazzo per l’allora premier, nell’inchiesta CPL si parlava di “cooperative vicine al l’ala di Bersani e D’Al em a, che nel Pd hanno sempre rappresentato un mondo ostile al renzismo. Migliaia e migliaia di pagine sui favori di Cpl a D’Alema –la presentazione del libro a Ischia, l’acquisto di 2000 bottiglie del suo vino –e se una bomba può esplodere, riguarderebbe solo il mondo delle cooperative rosse”. Se c’era una bomba era quella.

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