L'appello a Renzi: regolamenta la prostituzione!

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2015-02-06

La richiesta delle “sex worker” a Mattero Renzi, fai di noi delle “donne oneste” dando loro la possibilità di aprire una partita IVA e pagare le tasse

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La prostituzione è un lavoro come un altro, se il tuo datore di lavoro non ti ha rapita o comprata come schiava (insomma se non sei in mano ad un racket), se il tuo luogo di lavoro rispetta le principali norme di sicurezza e soprattutto se, come tutti i lavoratori, paghi le tasse. Sono le tre condizioni fondamentali per poter esercitare una professione alla luce del sole, non sentirsi schiave e godere dei diritti che spettano ad ogni lavoratore dipendente o autonomo che sia. Oramai non sono solo figure pittoresche come Giancarlo Gentilini a chiedere la riapertura delle case chiuse ma anche un DDL (del 2013) firmato da una senatrice PD oltre che le stesse professioniste del sesso in cerca di condizioni di lavoro più dignitose e guadagni migliori. Perché si sa che ormai il cliente italiano (2,5 milioni di individui secondo un recente studio del Gruppo Abele) è uno che è molto attento al design.

La situazione della regolamentazione della prostituzione nel mondo (via wikipedia.org)
La situazione della regolamentazione della prostituzione nel mondo (via wikipedia.org)

REGOLARIZZARE O NON REGOLARIZZARE QUESTO È IL DILEMMA
L’esercizio della prostituzione in Italia di per sé non costituisce reato, lo sono invece lo sfruttamento della prostituzione. Ad esempio l’atto di “caricare” una prostituta in macchina è illegale in quanto costituisce favoreggiamento della prostituzione. Al di là delle considerazioni morali sul tema (è più indecoroso vedere ragazze sfruttate sulle statali e nelle strade delle città o sapere che ci sono luoghi sorvegliati e sicuri?) e il vecchio refrain sul “mestiere più antico del mondo” nel 2015 è giunto il momento per lo Stato italiano di affrontare il problema della legalizzazione della prostituzione e della possibilità per chi si prostituisce di aprire una partita IVA. In questo modo sarà possibile per le lavoratrici (autonome) del sesso versare i contributi per avere in futuro diritto ad una pensione. Per le forze dell’ordine il vantaggio sarebbe quello che i luoghi della prostituzione non sarebbero più in mano alla criminalità ad esempio di chi affitta gli appartamenti a coloro che si prostituiscono in casa oppure le organizzazioni criminali che gestiscono la prostituzione in strada e il giro delle prostitute d’appartamento. Per le casse dello Stato il vantaggio più evidente (ma in realtà tutto da quantificare) sarebbe un maggiore introito fiscale. Certo, se si dà rette a certe fantasiose statistiche il giro d’affari potenziale della prostituzione regolamentata sarebbe di 3.5 miliardi di euro, ma difficilmente la realtà delle cose sarebbe così una volta che le lavoratrici del sesso avessero la possibilità di aprire una partita IVA.

COME VANNO LE COSE IN SVIZZERA
Un interessante articolo di Silvia Marchetti per Newsweek ci aiuta capire grazie al racconto di Carly, una prostituta italiana che ogni giorno va a lavorare in Svizzera, come funzionano le cose in uno dei pochi paesi europei che ha regolarizzato la prostituzione. Carly ha scelto di andare a lavorare in Svizzera perché le strade italiane “non sono sicure” per chi pratica il suo mestiere. Nel Canton Ticino invece le prostitute sono seguite da una speciale unità della polizia, chiamata Teseu, che ha il compito di monitorare l’attività delle lavoratrici del sesso. Il controllo esercitato dalla Teseu rende la prostituzione un mestiere più sicuro e al tempo stesso garantisce alle autorità la possibilità di verificare in modo costante l’attività delle prostitute nell’area di competenza. Per poter esercitare la professione è naturalmente necessario un permesso che viene rilasciato, dopo una registrazione come “sex worker” dal comando di Polizia di zona. Ed è proprio la polizia a inoltrare i dati delle prostitute all’agenzia delle entrate svizzera per poter consentire la riscossione delle tasse. Questo è un aspetto naturalmente importante dell’attività regolamentata, infatti un’altra motivazione che ha spinto Carly a diventare una lavoratrice transfrontaliera è la possibilità, un giorno, di poter percepire una pensione. E lei non è certo l’unica italiana (tra le 600 lavoratrici registrate) a lavorare come prostituta in Canton Ticino, un vero e proprio paradiso per le prostitute nostrane. Alla domanda se la prostituzione venisse regolarizzata anche in Italia Carly risponde che no, preferirebbe senza dubbio continuare a lavorare in Svizzera perché i servizi e l’assistenza sono migliori. Insomma, regolamentare la prostituzione non è sufficiente per convincere le prostitute a uscire dal sommerso, è necessario che lo Stato fornisca anche servizi adeguati alla loro condizione lavorativa. E gli svizzeri, si sa, sono precisini quindi hanno anche creato apposite aree per chi vuole consumare in macchina in tutta tranquillità. Nel frattempo però Efe Bal, quella che è considerata “la trans più famosa d’Italia” amica di Salvini e Cruciani, dovrà pagare circa 700.000 euro di multa per non aver pagato le tasse sui proventi della sua attività di escort (dichiara di guadagnare circa 150.000 euro all’anno).

Foto copertina via Flickr.com

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