Con droga e prostitute più Pil per tutti

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2014-09-10

Dalle attività illegali 15,5 miliardi. Ma l’effetto sui conti sarà modesto. Anche se gli swap non conteggiati ci fanno risparmiare. E c’è chi fa due conti. E scopre che se tutte queste attività fossero legalizzate…

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Prima di tutto, tranquillizzatevi: è vero che con droga e prostituzione ci sarà più Pil per tutti, ma non è vero che il calcolo delle attività illegali nel computo del prodotto interno lordo (o del prodotto interno lurido, come scrive Libero stamattina) porterà a grandi benefici contabili e nei numeri dell’economia, come chiedevano tra gli altri ieri sera Alessandro Sallusti e Federico Geremicca a Matteo Renzi. La rivalutazione del pil con il conteggio delle attività illegali comincia infatti dal 2011 per arrivare al 2014, e da questa sequenza di annate viene calcolato l’incremento del Pil in base alle attività illegali. L’effetto sarà al massimo dello 0,2% del Pil nel 2013.
 
CON DROGA E PROSTITUTE PIÙ PIL PER TUTTI
Spiega il Corriere della Sera:

Ieri l’Istat ha ricalcolato il Pil del 2011, per la serie storica aggiornata fino al 2013 bisogna aspettare ancora un paio di settimane. Applicandole nuove regole, l’istituto di statistica ha tenuto conto anche di un pezzo dell’economia illegale (droga, prostituzione e contrabbando),considerato come investimenti le spese per ricerca, sviluppo e armamenti, e infine corretto alcuni parametri. Rispetto al vecchio metodo di calcolo, il Pil è cresciutodi 59 miliardi di euro, conun aumento del 3,7%. Un tasso di crescita da miracolo degli anni 60,che se fosse reale avrebbe risolto in un colpo solo tutti i nostri problemi. Le attività illegali che entrano nel calcolo valgono lo 0,9% del Pil: 10,5 miliardi di euro la droga, 3,5 la prostituzione, 300 milioni ilcontrabbando di sigarette, più unaltro miliardo e spiccioli legati all’indottodei tre settori. Aggiungendoa queste voci anche il nero,che veniva già conteggiato, vienefuori che la cosiddetta «economianon osservata» è pari al 12,4% delPil. Una valore molto più basso rispetto alle stime che circolano da tempo: proprio ieri l’Ocse, che però si riferisce a tutte le attività illegali,ha indicato il 27%. Più del doppio.

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La prima pagina di Libero con l’illustrazione di Benny in copertina

C’è però una speranza per il deficit, e questo è una buona notizia. Gli swap, ovvero gli interessi pagati dal ministero del Tesoro sui derivati utilizzati negli anni precedenti per coprirsi dal rischio di oscillazione dei tassi di interesse, non vanno più conteggiati come passività. Un bel risparmio, di 1,8 miliardi nel 2011 e di quasi 3 nel 2013. Repubblica spiega:

Una grossa spinta al nuovo Pil viene dall’economia illegale, «non criminale», insistono Roberto Monducci e Gian Paolo Oneto, responsabili per la contabilità naziona ledell’Istat. Ebbene, i tre ambiti decisi dall’Europa e al loro discusso esordio — traffico di droga, prostituzione e contrabbando di sigarette e alcol— pesano per 15,5 miliardi alla crescita del Pil (un punto netto):10,5 dalla droga, 3,5 dalla prostituzione, 1,2 dall’indotto,300 milioni dalle sigarette. Apporto più ampio quello della spesa in ricerca e sviluppo, 20,6 miliardi (1,3%), non più voce di costo ma investimento. Proprio come le armi e le attrezzature da guerra (navi, sottomarini,aerei militari, veicoli), maminore contributo al Pil: 3,5 miliardi(0,2%). L’economia sommersa(già da tempo nel Pil)viene stimata ex novo, conun’incidenza ridotta rispettoal passato (11,5% dal 16% del2008). Si tratta di 187 miliardidi euro che sommati ai 15,5 dell’illegalefanno balzare oltre i200 miliardi il peso dell’economianon osservata (illegale piùsommerso).

Le infografiche dei quotidiani sul ricalcolo del Pil:


LA VERITÀ INGANNEVOLE
Danilo Taino intanto segnala che cambia poco, davvero poco:

Torna alla mente e ricorda che il Pil èimportante ma non è tutto. Sarebbe dunque una buona idea approfittare dell’introduzione nella contabilità nazionale di certe attività criminali, della prostituzione e degli investimenti per ricerca e sviluppo — cioè di quel che ha fatto ieri l’Istat — per rimettere al suo posto quello spettro con le catene, il Pil appunto,che da un po’ di anni ha preso posto nel salotto degli italiani (e non solo nel loro,naturalmente).Sembra diventato un vitello d’oro, dalquale dipende il nostro benessere. Manon c’è niente da adorare: ora è fatto anchedi cocaina e di contrabbando. Non èun fine: è uno strumento statistico, senzameriti e senza colpe, senza idee e senzamorale, con il quale misurare le attivitàvolontarie che si svolgono in un Paese.E neanche troppo preciso, a dire il vero.Sarebbe meglio considerarlo un numeroutile per fare confronti internazionali (setutti usano gli stessi criteri).

Ma potrebbe invece cambiare tanto, come si spiega tra le righe sulla Stampa, a partire dal calo della pressione fiscale:

Con il nuovo conteggio, è scesa dal42,5% al 41,6%. Anche in questo caso,però, non avremo indietro l’un per centodi quanto abbiamo pagato. È piuttostovero il contrario: quanto abbiamopagato ha inciso di meno. Si può ragionare sul fatto che i 200 miliardi di economia illegale, se emergessero, contribuirebbero eccome a migliorare la situazione. Ma vale solo per il sommerso:almeno finché l’obiettivo degli Stati nei confronti di droga, prostituzione e contrabbando sarà l’azzeramento. Per riportare all’economia legale anche quei settori bisognerebbe, anzitutto, legalizzarli.E poi costringerli a fatturare.

Sanando così un’illegalità talmente diffusa, in molti casi, da rendere la legge fuorilegge. Ma per questo ci vorrebbero statisti, non politici.

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