La Russa propone di investire sulle armi prendendo soldi dal reddito di cittadinanza

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-03-29

Il senatore di Fratelli d’Italia Ignazio La Russa ha proposto in un’intervista al Corriere della Sera di utilizzare parte dei fondi destinati al reddito di cittadinanza per raggiungere l’obiettivo Nato del 2% del Pil dedicato alle spese militari

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Per arrivare a impiegare il 2% del Pil in spese militari, come sancito da accordi presi dall’Italia con gli alleati della Nato, il senatore di Fratelli d’Italia Ignazio La Russa propone di utilizzare una parte dei soldi destinati al reddito di cittadinanza. È l’idea, lanciata a mo’ di provocazione, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera. “È vero che c’è la crisi – ha detto l’ex ministro della Difesa – ma nessuno chiede di arrivare subito al 2%. E comunque si potrebbe usare una quota del reddito di cittadinanza”. E preventivamente ha risposto a eventuali critiche: “Chiediamo una norma che aiuti davvero chi ha bisogno, questa ha sostenuto anche delinquenti e mafiosi. E le spese in Difesa non sono inutili, ma una necessità”.

La Russa propone di investire sulle armi prendendo soldi dal reddito di cittadinanza

La Russa ha presentato in Senato un ordine del giorno sul tema perché “crediamo che rispondere a impegni presi molto tempo fa con la Nato significa avere voce in capitolo nelle decisioni: cioè più libertà e indipendenza”. Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha chiesto al governo e al parlamento di appoggiare la decisione. Per il responsabile della Difesa – come dichiarato in un’intervista a La Stampa – le esigenze di ammodernamento “sono da anni al centro dei richiami che non solo gli specialisti di settore, non solo i vertici militari della Difesa e delle Forze Armate, hanno più volte evidenziato”.  La mossa, per ammissione dello stesso senatore di FdI, non è stata fatta “per far emergere le divisioni nel Movimento 5 Stelle, che pure ci sono”. I grillini si sono infatti spaccati sulla vicenda, tra il leader Giuseppe Conte che frenava sull’investimento alla luce del caro bollette e del caro carburanti e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio che aveva assunto posizioni più “governiste” insistendo sulla necessità di rispettare gli accordi presi.

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