«La multa grillina ai voltagabbana? Non vale nulla»

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-01-07

Antonio D’Andrea, che il M5S ha candidato alla Corte, spiega a Di Maio & Co. che sono incostituzionali

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Antonio D’Andrea è stato candidato alla Corte Costituzionale per il M5S. Costituzionalista che insegna a Brescia, il professore oggi spiega a Ilario Lombardo sulla Stampa che la multa grillina per i voltagabbana è un sintomo di degrado costituzionale:

Professore cosa pensa del codice etico del M5S che prevede una multa di 100 euro per chi cambia gruppo?
«Che è una forma di contrattazione che non ha alcun valore giuridico. Sono espedienti di propaganda. Non possono scavalcare il precetto costituzionale che non prevede il vincolo di mandato. L’esasperazione di questo dibattito attraverso vincoli inesistenti è solo nociva»
Vogliono anche costringere i deputati a votare sempre la fiducia a un’eventuale governo M5S.
«Sono volontà che non sortiranno effetti. Il parlamentare, una volta eletto, vota come crede. Il proprio status lo pone nella condizione di fare i conti con la propria coscienza a servizio esclusivo della nazione. La Costituzione è una norma insuperabile e il M5S non può pretendere una coerenza comportamentale con quanto sottoscritto prima di essere eletti».

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Che la multa fosse una balla era chiaro già da prima, visto che Beppe Grillo non ha mai riscosso quelle che avrebbe dovuto dare in beneficenza ai terremotati all’epoca dei problemi nel M5S Europa. Qui però è interessante capire come il M5S stia promettendo qualcosa che non può mantenere per fini prettamente elettorali, infischiandosene della Costituzione “più bella del mondo”.

Il M5S resta coerente con la propria natura di Movimento che soffoca il dissenso interno e prevede che i parlamentari chiedano il permesso per le interviste.
«Non vi è dubbio che sia un’organizzazione chiusa e misteriosa, con una concezione arcaica del gruppo dirigente che si propone alla guida del Paese. Ma la vita e l’organizzazione interna dei partiti attiene a loro stessi e mi interessa meno. Mi preoccupa di più la ricaduta esterna di quelle regole, che ritengo inaccettabili perché compromettono la qualità della selezione politica».

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