L’IMU alla Chiesa? Il governo rimanda (all’anno del poi nel mese del mai)

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-12-04

Il dossier dell’esecutivo sulla questione è congelato. Una decisione che sarebbe stata presa dopo una serie di sondaggi secondo cui gli italiani sono in realtà contrari a tassare la Chiesa

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Nella manovra non ci sarà nulla sul dossier dei pagamenti Imu da parte della Chiesa. Un tema caro a Beppe Grillo, che aveva addirittura fatto un appello a Papa Francesco in questo senso. Secondo l’Adnkronos, il dossier dell’esecutivo sulla questione è congelato e verrà riaperto solo a gennaio, salvo blitz dell’ultimo minuto. Una decisione che sarebbe stata presa dopo una serie di sondaggi secondo cui gli italiani sono in realtà contrari a tassare la Chiesa. Percentuali bulgare avrebbero dimostrato che una decisione in questa direzione si trasformerebbe in un vero e proprio boomerang per il governo giallo-verde.

L’IMU alla Chiesa? Il governo rimanda

Sul tavolo ci sarebbe invece l’idea di un intervento sui tanti immobili sfitti di proprietà del Vaticano, tassandoli per indurre a vendere proprietà in disuso. E questo nonostante  la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che impone alla Chiesa di pagare l’ICI sugli immobili commerciali e al governo di recuperarla, riformando una decisione della Commissione che abbuonava ai preti il pagamento della tassa negli anni 2008-2012 in virtù del fatto che fosse impossibile riscuoterla. Subito dopo la sentenza l’ANCI aveva fatto sapere che dal 2008 al 2012, ovvero gli anni contestati, la Chiesa ha evaso nei suoi immobili commerciali la bella cifra di un miliardo l’anno per un totale di cinque miliardi. Ma la sentenza non è immediatamente applicativa e non opera un diritto al recupero delle somme da parte dei Comuni nei confronti dei soggetti che avrebbero illegittimamente beneficiato di queste esenzioni. Per farlo ci vuole una legge. Ma a farla dovrebbe essere il governo Conte.

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Beppe Grillo e l’ICI della Chiesa

Fino a qualche tempo fa era lo stesso Beppe Grillo a chiedere che la Chiesa pagasse l’IMU, l’ICI e le tasse sugli immobili come i cittadini italiani. Sul blog era una delle battaglie più presenti e dopo la sua elezione a Roma Grillo chiese alla Raggi di intervenire proprio sui soldi della Chiesa per rimettere a posto la città. Tutto dimenticato. Anche perché la Lega è stata chiarissima e ha detto di non avere intenzione di litigare con i preti sul tema. A quel punto, racconta sempre il retroscena, i giochi erano fatti:

Ascoltate le preoccupazioni leghiste, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si sarebbe convinto a muovere gli sherpa della maggioranza per rassicurare Oltretevere sulle buone intenzioni del governo. E ai parlamentari del Movimento sarebbe stata comunicata la retromarcia. Tanto che, improvvisamente, il referente dei Cinque stelle che si doveva occupare di studiare una legge con cui far tornare l’Ici nelle casse dello Stato, all’improvviso, scompare.

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«La questione è in mano a Gianluca Perilli», assicurava in mattinata il capogruppo M5S a Palazzo Madama Stefano Patuanelli. Nel pomeriggio, però, lo staff di Perilli assicura che «il senatore vuole mettere in chiaro che non si sta occupando di nessun provvedimento inerente alla sentenza. Se ne era occupato in passato».

Soltanto a Roma, fino a qualche tempo fa, l’Imu teoricamente dovuta al Fisco per gli immobili commerciali della Chiesa era calcolata in almeno 500 milioni l’anno. Su 1314 alberghi, hotel bed & breakfast e strutture ricettive per turisti che ci sono a Roma, 273, ovvero un quarto, sono di proprietà della Chiesa. Dice il Comune che ben 93, cioè il 38 per cento, non ha mai pagato l’Imu, mentre altri 59, ossia il 24 per cento la versano a intermittenza. Pagano regolarmente l’Imu soltanto 94. Meno di quattro su dieci. Così anche per la Tasi. Un terzo (80 su 246) non l’ha mai pagata. Nel caso della Tari, la tassa sui rifiuti, siamo invece al delirio totale. Perché delle 299 (o 297) strutture censite dal comune, soltanto 208 esistono nella banca dati della Tari, con una proprietà riferibile a 187 soggetti di cui, afferma il rapporto «purtroppo 30 privi di codice fiscale o partita Iva». Le altre 91 risultano del tutto sconosciute al fisco comunale. Ora è tutto cambiato, però. Scurdammoce ‘o passato. Anche se magari cinque miliardi in più per il reddito di cittadinanza avrebbero fatto comodo. O no?

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