Il decennio orribile dell’economia italiana

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-12-30

Il numero di famiglie povere si è quasi raddoppiato in 10 anni raggiungendo il milione e 800mila nel 2018, per un totale di 5 milioni di poveri, di cui un milione e mezzo sono immigrati

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Quello che andrà a chiudersi tra quarantotto ore è stato un decennio orribile per l’economia italiana.  Dal punto di vista della crescita economica, racconta oggi Carlo Cottarelli su La Stampa, è stato il peggiore dell’unità d’Italia:

Il reddito prodotto (il Pil) è aumentato in media dello 0,2 per cento l’anno, meno di quanto fosse avvenuto nel decennio precedente (0,5 per cento), nonostante la crisi globale del 2008-09, e meno di quanto fosse avvenuto negli Anni ’40 del secolo scorso (0,4 per cento), nonostante il disastro della seconda guerra mondiale. Si potrà dire che, col crescere del livello del reddito, diventa più difficile mantenere ritmi di crescita elevati, ma questo vale anche per gli altri Paesi. Eppure il Pil francese nello stesso periodo è aumentato in media dell’1,3 per cento all’anno, quello tedesco del 2 per cento. E nonostante sia stata pesantemente coinvolta dalla crisi dell’euro, la Spagna è crescita in media a un tasso dell’1 per cento, cinque volte il nostro tasso di crescita, grazie a una forte accelerazione negli ultimi anni.

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La crescita 2010-2019 (La Stampa, 30 dicembre 2019)

Questa perdita di terreno rispetto alle principali economie dell’area dell’euro è dovuta sia al basso tasso di crescita del reddito pro capite, sia al rallentamento demografico. Il calo nel numero dei nati è impressionante: nel 2018 i nati in Italia sono stati meno di 440mila contro quasi 577mila dieci anni prima, un calo del 23 per cento. Alla fine degli Anni ’60 i nati erano quasi un milione all’anno. Se le notizie sul «capitale umano» sono cattive, quelle sul capitale fisico non sono migliori: il rapporto tra investimenti e Pil era del 19,4 per cento nel 2009; è ora stimato essere stato di circa due punti percentuali più basso nel 2019. Vent’anni fa si era sopra al 20 per cento.

Oggi il ministro Giuseppe Provenzano ha parlato di un piano di investimenti da 100 miliardi in dieci anni per il Sud. Non è il primo a prometterlo, sarebbe bello che il suo fosse il primo governo a realizzarlo. Intanto  il numero di famiglie povere si è quasi raddoppiato in 10 anni raggiungendo il milione e 800mila nel 2018, per un totale di 5 milioni di poveri, di cui un milione e mezzo sono immigrati. E il problema strutturale dell’economia italiana rimane ancora la produttività:

Tra le varie aree geografiche, il Mezzogiorno ha sofferto le difficili condizioni economiche dell’ultimo decennio in modo particolare: secondo l’ultimo rapporto Svimez nel 2018 il Pil del Mezzogiorno era ancora di oltre 10 punti più basso di quello del 2008, mentre nel Centro-Nord il divario era di soli 2,4 punti percentuali. C’è qualche buona notizia? Il tasso di attività, cioè la percentuale di popolazione che partecipa al mercato del lavoro è aumentata dal 62,3 per cento di fine 2009 al 65,7 per cento dell’ottobre 2019. Il numero degli occupati è cresciuto nello stesso periodo da 22,6 milioni a 23,4 milioni. Ma è un piccolo aumento, non troppo distante dall’aumento del Pil: l’implicazione di questi numeri è che la produttività pro capite è stata stagnante.

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