La comunità ebraica dice no alla visita di Giorgia Meloni al Ghetto nel giorno del ricordo del rastrellamento

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-10-16

Uno smacco, un vero e proprio problema di immagine per Giorgia Meloni che dopo gli ultimi episodi che hanno rievocato la contiguità tra alcuni esponenti di Fratelli d’Italia e le nostalgie del fascismo avrebbe voluto chiudere la questione. Ma è rimasta delusa

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L’inchiesta di Fanpage piena di riferimenti a fascismo e nazismo. La manifestazione con l’assalto alla CGIL capitanata dai leader di Forza Nuova per la quale Giorgia Meloni ha stentato parecchio a trovare una matrice. L’incauto Michetti che si azzarda a parlare di ebrei e banche come nel più classico dei luoghi comuni antisemiti. La leader di Fratelli d’Italia dopo tutto questo sarebbe dovuta andare oggi al Ghetto ebraico a Roma per la commemorazione del rastrellamento nazifascista del 16 ottobre 1943. Ma le sue aspettative sono rimaste deluse.

La comunità ebraica dice no alla visita di Giorgia Meloni al Ghetto nel giorno del ricordo del rastrellamento

Troppi episodi imbarazzanti, a dir poco, e in troppo poco tempo. E così forse Giorgia Meloni pensava che bastasse, durante la conferenza stampa di pochi giorni fa al Jerusalem prayer Breakfast a Roma dire “Sono contenta di partecipare” a questo evento “come romana e cattolica, qui risiede la più antica comunità ebraica dell’occidente” e ricordare la “terribile deportazione dei “1259 ebrei del ghetto ad opera della follia nazi-fascista”. Invece dopo aver annunciato che anche lei sarebbe stata presente alla deposizione della corona di fiori in ricordo delle vittime del rastrellamento nazifascista del 16 ottobre 1943 del Ghetto di Roma, “rappresentando la vicinanza e l’amicizia di Fratelli d’Italia e dei Conservatori europei di ECR alla comunità ebraica romana e italiana in questa terribile ricorrenza di dolore per l’intera comunità nazionale”, come recitava la nota di Fdi, tutto è andato a monte.

Oltre a Meloni, ci sarebbero dovuti essere il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, il capogruppo a Montecitorio Francesco Lollobrigida e il senatore Giovanbattista Fazzolari. Ma la delegazione di Fratelli d’Italia dovrà aspettare. La visita al ghetto di Roma infatti, dopo una telefonata tra Giorgia Meloni e Ruth Dureghello è stata spostata a una data ancora non nota, ma certamente fissata dopo le elezioni. Dureghello ha spiegato: “La visita è stata rinviata per questioni di opportunità nell’imminenza del voto, non ci sono altri temi, sarà riprogrammata” e Fratelli d’Italia ha rilasciato un comunicato: “Abbiamo deciso, nel rispetto di tutti e per evitare qualsiasi incomprensione, di posticipare la visita a dopo le elezioni. Il virus dell’antisemitismo non è stato ancora debellato e ribadiamo il nostro impegno per combatterlo senza reticenze”. E se lo smacco è stato abilmente imbellettato con un po’ di diplomazia le ragioni dietro lo slittamento della visita sono meno pacifiche, come racconta Repubblica che spiega anche che prima della porta in faccia c’è stato un fitto scambio di telefonate e messaggi in chat:

Ma la retromarcia, sottolineata dallo stesso partito («Non tutti nella Comunità erano d’accordo che portassimo questa testimonianza»), nasconde anche altre motivazioni: non pochi, nel dibattito che si è acceso nell’organizzazione ebraica, hanno fatto notare come questi siano giorni di acceso scontro politico, sui temi dell’antifascismo, dopo gli incidenti durante la protesta dei No Vax causati da esponenti di Forza Nuova e dei quali Meloni ha indugiato nel denunciare la matrice fascista, e dopo le polemiche per le immagini pubblicate da Fanpage in cui si vedono parlamentari, candidati ed elettori di Fratelli d’Italia in manifestazioni pre-elettorali caratterizzate da saluti romani e ammiccamenti al Ventennio.

Insomma Michetti è stato solo la punta dell’iceberg con la sua incredibile affermazione in cui aveva detto “per gli ebrei c’è stata più pietà perché avevano le banche”. La comunità ebraica ha respinto Giorgia e il suo partito. Perché, spiega Repubblica, ci sarebbe “un sentimento diffuso che non vede nell’azione di Fdi la prosecuzione di una presa di distanze dal passato che aveva invece intrapreso Gianfranco Fini quando a Gerusalemme disse che il fascismo “fu parte del male assoluto”.

E nonostante, per esempio tramite le parole di Tobia Zevi, siano state apprezzate le dichiarazioni di Meloni sul fascismo “Oggi non è un giorno qualsiasi. 39 anni fa la violenza terrorista esplose alla Sinagoga di #Roma, uccidendo un bambino di due anni, un ‘bambino italiano’, Stefano Gaj Tachè. Oggi la leader della destra italiana, Giorgia Meloni, in un’intervista ha espresso parole importanti sul fascismo. Parole a mio giudizio non ancora definitive, ma comunque importanti”, la situazione rischia di scoppiare in mano a Michetti e al partito che lo sostiene. Oltre alla visita rimandata, che rappresenta un evidente problema di immagine c’è anche la querela imminente che Tobia Zevi ha annunciato nei confronti di Enrico Michetti ai sensi della legge Mancino.

“E sempre oggi escono queste parole vergognose scritte (non pronunciate) da Enrico Michetti, candidato a sindaco della Capitale. Da cittadino romano di religione ebraica ripeto ciò che dissi la prima volta che ho ascoltato Michetti: mi preoccupa una sua possibile elezione, e penso che debba preoccupare qualunque persona che si professa democratica. “A Giorgia Meloni dico: hai l’occasione per dimostrare la tua sincerità, prendendo le distanze dal tuo candidato. Da militante politico, infine, penso che anche la politica abbia dei limiti. Di fronte a simili affermazioni antisemite mi consulterò con i legali nelle prossime ore per valutare se ci siano gli estremi per sporgere denuncia-querela contro Enrico Michetti ai sensi della legge Mancino”.

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