«Vi spiego perché il Pd vota sì al referendum Atac»

di Maurizio Stefanini

Pubblicato il 2018-11-09

E alla fine, proprio nell’ultima settimana prima del voto il Pd scende in campo con forza per il sì al referendum sull’Atac. Ne parliamo con Roberto Giachetti

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E alla fine, proprio nell’ultima settimana prima del voto il Pd scende in campo con forza per il sì al referendum sull’Atac. Ne parliamo con Roberto Giachetti: non solo il candidato a sindaco che fu sconfitto da Virginia Raggi alle ultime elezioni, ma anche l’esponente del Pd che più si è personalmente impegnato fin dalla raccolta delle firme.  
Certo, il Pd ha preso posizione nella sua forma più larga consultando gli iscritti. Più del 62% hanno votato a favore del referendum. Quindi la posizione del Pd è quella che è stata determinata dagli iscritti, oltre che da molti esponenti politici che già si erano schierati. Io ho raccolto le firme addirittura, oltre che autenticarle a suo tempo.

Però ci sono anche esponenti del Pd che hanno preso posizione per il no. C’è un Comitato del Pd per il sì e un Comitato del Pd per il no. Non è un partito spaccato?
Sui referendum ci possono essere sempre posizioni diversificate, ma se il 62% degli iscritti vota per il sì vuol dire che il partito è per il sì. Poi martedì abbiamo fatto una conferenza stampa, e giovedì c’è una manifestazione dove oltre a Giachetti ci sono Nobili, Calenda, Zanda, Marianna Madia, il presidente del partito Orfini, la Prestipino, la Piccoli Nardelli, Tocci, il consigliere regionale Manzella. La stragrande maggioranza dei dirigenti è per il sì, senza negare che c’è anche qualche dirigente per il no.

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Sicuramente è una posizione più chiara di quella che ha preso la maggior parte degli altri partiti, e che è poi sostanzialmente una non posizione. Ma dato al Pd quel che è del Pd, non è una posizione che è stata presa un po’ troppo in extremis?
Lo contesto, perchè la nostra consultazione con gli iscritti è durata un mese. Un mese di incontri tra il sì e il no che hanno coinvolto migliaia di persone: non 100 o 200 persone. Quindi abbiamo fatto un lavoro di pubblicizzazione, di approfondimento e di diffusione, in particolare tra il nostro elettorato, che è stato notevole, anche se forse non è troppo appariscente. Dopo di che, ripeto, alcuni di noi sono già esposti da parecchio tempo. In questa ultima settimana abbiamo fatto la conferenza stampa, poi c’è la manifestazione al Nazzareno e venerdì faremo il volantinaggio in giro per i mercati e per le piazze di Roma. È una cosa che va avanti da più di un mese, non è una cosa degli ultimi giorni.

Comunque, la conclusione è che l’Atac bisogna cambiarla in qualche modo perché non può più andare avanti come è adesso…
Mi pare del tutto evidente. Il punto fondamentale è che puoi privare a dargli anche una parvenza dolce con la parola “concordato”, ma qui in realtà l’Atac si trova in una situazione di fallimento. Ha i libri in tribunale! È dunque del tutto evidente che o noi interveniamo subito con una iberalizzazione che è esattamente l’opposto della privatizzazione; o se si arrivi al fallimento dell’Atac ci sarò una privatizzazione inevitabilmente. La cosa peggiore che potrebbe accadere. L’unica possibilità di rilancio per l’azienda in questo momento è uno shock che avviene attraverso la gara: che poi sarebbe una gara che prevede più lotti. Non sarebbe una gara unica. È importante ricordare la legge che abbiamo fatto nella scorsa Legislatura con il governo Gentiloni, e che prevede che quando c’è la messa a gara dei servizi pubblici c’è l’obbligo per chi acquista di mantenere i livelli occupazionali alle stesse condizioni. Quindi non ha senso spaventare gli elettori con lo spauracchio della gente che resterebbe in mezzo a una strada. Non ci sarà gente in mezzo alla strada perché chi compra sa che c’è questo vincolo di legge. Non può comprare se non garantisce la piena occupazione di chi in questo momento ci lavora. Farà degli investimenti e al Pubblico come è giusto rimangono in mano due partite fondamentali; la definizione di tutta la rete; e soprattutto il prezzo del biglietto. Quello che passa privato è soprattutto la gestione del servizio: quindi gli autobus, la manutenzione, gli autisti e compagna bella ma, cosa molto importane, con una evidente capacità di investimento che come sai ha il privato. Non ce l’ha l’azienda per la ragione che ha i buffi e sta in tribunale perché prossima al fallimento.

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Il referendum viene però il giorno dopo la sentenza della Raggi. Si insiste che non è un referendum su Virginia Raggi, però…
Guarda, il referendum arriva adesso perché Virginia Raggi non solo ha impedito che i romani sapessero dell’esistenza del referendum. Non ha fatto nessun tipo di comunicazione, neanche utilizzando i fondi che la Regione aveva stanziato per questo. Ma soprattutto perché la data della consultazione l’ha cambiata la Raggi, non l’abbiamo cambiata noi. Si doveva fare prima, e lei l’ha spostata. Il fatto che avvenga il giorno dopo le decisioni che riguardano la vicenda giudiziaria della Raggi è del tutto casuale. Se poi vuoi la mia opinione, io penso che inevitabilmente questo referendum sarà anche un referendum sulla conduzione dell’Amministrazione da quando c’è la Raggi perché è del tutto evidente che nella gestione del trasporto pubblico romano e dell’Atac c’è in questo momento una responsabilità evidente della Raggi. Al di là di quello che è successo prima, noi continuiamo a perdere chilometri perché c’è stata una gestione che ha cambiato 10 amministratori, cacciando quelli che stavano ripulendo l’azienda e mettendo al loro posto chi ha fatto caos. Quindi questa è obiettivamente una situazione nella quale la Raggi ha delle grandi responsabilità. E poi probabilmente .- ma questo non si può impedire che i romani lo facciamo – questa sarà anche l’occasione per dare un giudizio più complessivo sull’amministrazione.

Il referendum è comunque consultivo. Ma il voto dei creditori no.
Su questo non c’è dubbio. Io sono un garantista: delle sentenze mi interessa poco. Ma penso che il fallimento assoluto della Raggi dovrebbe comportare per la Raggi di andarsene a casa per incapacità gestionale e politica, non per le vicende giudiziarie. È sotto agli occhi di tutti il dato politico che alle elezioni politiche il dato romano del Movimento Cinque Stelle è stato il peggiore di tutta Italia. Quindi già un prezzo lo hanno pagato. Io immagino che con il precipitare della situazione – vista anche la manifestazione dell’altro giorno e tutto quello che sta accadendo – è possibile che i romani diano un giudizio sulla Raggi utilizzando anche il referendum.

 

Leggi sull’argomento:  L’Atac e il referendum dalla A alla Z – parte 3

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