Evo Morales e la storia del golpe in Bolivia

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-11-11

Un mandato d’arresto che non c’era. la denuncia di presunti brogli elettorali fatta ancora prima che il conteggio fosse ultimato (e smentita dagli analisti), la complicità di movimenti di estrema destra. Tre elementi che fanno dubitare che in Bolivia il problema fosse semplicemente quello di avere “più democrazia”

article-post

Cosa è successo in Bolivia? Perché il presidente Evo Morales è stato costretto a dimettersi? In un tweet Morales ha dichiarato che «un funzionario di polizia ha detto pubblicamente di avere istruzioni per eseguire un ordine di arresto illegale contro la mia persona» e ha parlato apertamente di «golpisti che distruggono lo Stato di Diritto» in Bolivia. Ci sono però due cose che non tornano in quello che è successo ieri notte a La Paz.

Il mandato d’arresto che non c’era

Prima di Morales a twittare dell’arrest era stato uno dei leader della protesta boliviana, il presidente del Comité pro Santa Cruz Luis Fernando Camacho, che sempre su Twitter ha sostenuto che «è confermato! Esiste un ordine di cattura per Evo Morales!» aggiungendo che «la polizia ed i militari lo stanno cercando nel Chapare, luogo dove si è nascosto».  Secondo i governi di Argentina, Cuba e Venezuela quello che è accaduto ieri in Bolivia, i poliziotti e l’esercito che si schierano contro il Presidente e la caduta di Morales è un colpo di Stato.

evo morales golpe bolivia - 1

 

Il mandato di arresto però non esisteva, come ha confermato il comandante delle forze di polizia boliviane. Morales è apparso in video per annunciare le sue dimissioni dopodiché se ne sono perse le tracce. Secondo alcuni si sarebbe rifugiato a Chimoré nello stato di Cochabamba (come del resto aveva annunciato in video) e non sarebbe quindi scappato dal Paese come sostengono le opposizioni.

evo morales golpe bolivia - 5

I governi di Argentina, Cuba e Venezuela hanno definito un colpo di Stato i fatti che in Bolivia hanno portato ieri sera alle dimissioni del presidente Evo Morales. Secondo il capo di Stato dell’isola caraibica, Miguel Diaz-Canel, a La Paz c’e’ stato un attacco “violento e vigliacco” contro la democrazia. Sulla stessa linea il presidente venezuelano, Nicolas Maduro. “Condanniamo in modo categorico – ha fatto sapere il capo dello Stato via Twitter – il golpe contro il nostro fratello presidente”. Alberto Fernandez, eletto alla guida dell’Argentina il mese scorso, ha denunciato invece la “violenza che ha impedito a Morales di concludere il suo mandato e alterato il processo elettorale”. Anche il presidente del Nicaragua Ortega si è aggiunto al coro dei capi di governo che hanno denunciato il colpo di stato in Bolivia.

I brogli che non ci sono stati

Dopo tre settimane di proteste popolari la situazione è caotica e sui media italiani non è nemmeno chiaro per quale motivo Morales si sia dovuto dimettere. Si parla genericamente di brogli elettorali alle ultime elezioni che hanno visto trionfare per la quarta volta consecutiva dal 2006. Ma secondo Mark Weisbrot – direttore del Center for Economic & Policy Research – non sarebbe mai stata dimostrata l’esistenza di frodi o brogli alle elezioni del 20 ottobre scorso.

evo morales golpe bolivia - 2

Il Center for Economic & Policy Research (CEPR ha eseguito uno studio sulle elezioni generali boliviane del 2019 puntando il dito contro l’OSA, l’Organizzazione degli Stati Americani che è stata chiamata a redigere un rapporto sullo svolgimento del voto. Secondo Weisbrot l’OSA e l’amministrazione Trump (il candidato d’opposizione Carlos Mesa sarebbe gradito agli USA) hanno invece cercato, senza averne le prove, di screditare l’esito delle elezioni del 20 ottobre (il 24 ottobre Morales ha proclamato la vittoria dando il via alle proteste) con illazioni circa lo svolgimento della consultazione elettorale. Denunce che sono iniziate prima ancora che la conta dei voti fosse terminata (per la cronaca Morales ha ottenuto il 47,1% e Mesa il 36,5%). L’opposizione si aspettava di andare al ballottaggio ma dal momento che Morales ha ottenuto più di dieci punti percentuali di distacco questo non è stato necessario.

evo morales golpe bolivia - 4

Il punto cruciale è che già il giorno dopo la chiusura delle urne quelli che in teoria dovrebbero essere degli osservatori indipendenti (i funzionari dell’OSA) avevano già espresso rammarico e preoccupazione per quello che andava a delinearsi come l’esito del voto e che disattendeva le previsioni della vigilia, iniziando così a far circolare la versione che ci fossero stati dei brogli dei quali, per ovvie ragioni temporali, ancora non c’era la certezza matematica. L’analisi dei flussi elettorali fatta dal CEPR ha però dimostrato l’inconsistenza di queste affermazioni spiegando che le discrepanze tra il “quick count” (che non è un calcolo ufficiale ma le proiezioni dell’esito degli scrutini basati sull’afflusso dei dati) dei voti e il calcolo finale è dovuto al fatto che una fetta consistente dei voti a favore di Morales è arrivata dalle aree rurali dove il calcolo è più lento e più lenta è la trasmissione delle informazioni. Eppure anche oggi Carlos Mesa sostiene che a portare alle dimissioni di Morales sia stato proprio il risultato delle elezioni (eppure Morales aveva accettato di indire nuove elezioni). A sostegno della teoria del golpe militare c’è il fatto che l’uomo che di fatto ha deposto Morales, Williams Kaliman è il comandante delle Forze Armate, il quale non aveva alcun potere per farlo.

Lo zampino dei neofascisti

L’opposizione a Morales del resto non è poi così pacifica o democratica come la si racconta. Tre giorni fa una sindaca eletta con il partito di Morales (la cui elezione non ha nulla a che fare con i presunti brogli) è stata aggredita e sequestrata dai manifestanti antigovernativi che le hanno tagliato i capelli, versato della vernice colorata in testa e costretta a camminare per strada tra due ali di folla.

Lo stesso movimento di Camacho è appoggiato dall’Unión Juvenil Cruceñista, una milizia paramilitare anticomunista e ultracattolica (non a caso Camacho si è fatto fotografare nel palazzo presidenziale in ginocchio di fronte ad una Bibbia) con simpatie naziste. In alcune città i manifestanti anti-Morales hanno bruciato le bandiere dei popoli indigeni. Insomma la situazione – come ha spiegato Mattia Salvia su Rolling Stone – va ben al di là dei presunti brogli. E chi volesse cercare un movente economico lo troverebbe nello sfruttamento delle miniere di litio del Salar de Uyuni. In Bolivia c’è oltre il 50% delle riserve mondiali di litio, vitali per la produzione di batterie: Morales voleva nazionalizzare le miniere per avviare la produzione di batterie made in Bolivia.

Leggi anche: Adesso o mai più: finalmente possiamo cancellare Brexit

 

Potrebbe interessarti anche