I tre nomi per il dopo Zingaretti

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-03-06

Dopo le dimissioni formalizzate ieri sera da Nicola Zingaretti grande è la confusione sotto il cielo del Partito Democratico. Le opzioni sul tavolo sono due: eleggere in Assemblea un segretario o indire il Congresso affidando a un reggente la gestione del partito

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Cosa succede dopo Zingaretti? Le dimissioni formalizzate ieri sera da Nicola Zingaretti testimoniano che grande è la confusione sotto il cielo del Partito Democratico. Le opzioni sul tavolo sono due: eleggere in Assemblea un segretario o indire il Congresso affidando a un reggente la gestione del partito. Su questo stanno ragionando le aree interne, ognuno con sue posizioni.

I tre nomi per il dopo Zingaretti

Base riformista e i Giovani Turchi (di Matteo Orfini) sarebbero per perimetrare il mandato della nuova leadership con i tempi di un Congresso anticipato. Il Corriere spiega quali sono i nomi dei contendenti alla segreteria del Partito Democratico dopo Zingaretti:

.La corsa per la leadership del partito sarà rinviata a un congresso da tenersi nei primi mesi del prossimo anno. E sarà quindi in quei primi mesi del 2022 che scenderanno in campo i veri candidati alla segreteria del Partito democratico. Alle assise lo scenario più probabile, al momento, vede da una parte Andrea Orlando e dall’altra Stefano Bonaccini. O Dario Nardella. Ma all’Assemblea gli eserciti degli opposti schieramenti non si fronteggeranno. La clamorosa uscita di scena di Zingaretti, infatti, rischia di mettere in difficoltà un Pd che già negli ultimi sondaggi sembrava in affanno. Fermo al 18,5 per cento dei consensi, nel migliore dei casi

Giovanna Vitale su Repubblica invece fa l’identikit di una ‘figura di garanzia’, un traghettatore davvero di alto profilo, capace di mettere pace tra le varie anime del partito e garantire tutti e condurli alle prossime primarie, visto che di fatto, per il Congresso sarebbe disponibile una finestra non larghissima a cavallo tra le prossime amministrative e l’inizio del nuovo anno. Un timing che nei vari colloqui avrebbe preso forma. Ma questo ‘slot’ sarebbe un po’ angusto per un vero Congresso e, soprattutto, verrebbe chiuso senza possibilità di proroghe dall’elezione del nuovo capo dello Stato. E infatti oggi c’è anche chi sostiene che si stia ragionando su un congresso dopo il voto sul Colle. E se, come oggi appare, il Parlamento indicherà Draghi la legislatura finisce e si andrà subito al voto e ci sarebbe una campagna elettorale durissima”, ammette ‘off the record’ un dirigente che sta lavorando dietro le quinte. Insomma, tutti appuntamenti che il Pd non può rischiare di affrontare da comparsa, con una leadership depotenziata. Il tutto, con il governo Draghi da presidiare giorno per giorno per non lasciarlo nelle mani del centrodestra

L’ipotesi di designare la franceschiniana Roberta Pinotti alla segreteria piace poco a Base riformista, la componente di Guerini-Lotti, che preferirebbe Andrea Orlando, bersaglio migliore per continuare ad attaccare la linea dell’alleanza con i 5S. D’accordo con i fedelissimi del vicesegretario: «Ci sono precedenti illustri, la promozione a segretario del vice è già avvenuta con Franceschini quando si dimise Veltroni e con Martina quando lasciò Renzi». Areadem però ha forti dubbi: «Andrea fa già il ministro del Lavoro, in una fase tanto complicata il segretario del Pd si deve fare a tempo pieno, non a mezzo servizio». Oltretutto Orlando potrebbe creare qualche difficoltà anche al premier Draghi, che si troverebbe nel governo un leader di partito: scelta esclusa al momento della sua formazione. Fra i due litiganti può spuntare una terza figura di compromesso: Anna Finocchiaro. Ex ministra, di sinistra e soprattutto donna. La sfida per l’assemblea è appena cominciata

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