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La sbroccata a sorpresa di Di Battista a Dimartedì
neXtQuotidiano 10/10/2018
L’ex parlamentare torna a prendersela con Bankitalia per la storia dell’azionariato. Sbagliando, come sempre da cinque anni a questa parte
In questo video tratto da DiMartedì possiamo ammirare la miliardesima sbroccata di Alessandro Di Battista, che al telefono dal Messico (anche se lui risponde “non te lo voglio dire” a Giovanni Floris che gli chiede da dove chiami) esordisce dicendo che sono cinque anni che lui martella per far cambiare la proprietà di Bankitalia (che ieri ha bocciato la manovra del governo Lega-M5S: per questo Dibba è così arrabbiato); sarà molto triste per l’ex deputato scoprire che Lega e MoVimento 5 Stelle non se lo sono filato di pezza e nella Manovra Der Popolo non c’è nulla a questo proposito.
Poi il deputato sostiene che le banche siano arrabbiate perché il governo non vuole dare loro soldi e per questo Bankitalia boccia la manovra. Una tesi complottistica che dimentica tutte le volte che via Nazionale ha bocciato le manovre di altri governi (come del resto l’UPB) e che è basata su un assunto di partenza che si potrebbe definire tranquillamente “sciocchezza sesquipedale”:
Gli azionisti di Banca d’Italia sono le banche (oggi private) che discendono dagli istituti di credito (all’epoca pubblici) che nel corso del tempo sono entrati nel suo capitale. La Banca d’Italia è stata una società per azioni fino al 1936. In quell’anno venne convertita in Istituto di diritto pubblico dall’articolo 3 della legge bancaria del 1936 (ovvero il sopra citato regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 marzo 1938, n. 141, e successive modificazioni e integrazioni). Diciamo che esiste una proprietà formale in capo ad azionisti oggi privati, ma la Banca opera nell’ambito del diritto pubblico. Ciò implica, ad esempio, che lo status giuridico di ente pubblico esclude la possibilità di fallimento della Banca d’Italia e, tramite il suo intervento nei casi di crisi, la possibilità di fallimento delle banche private, garantendo la stabilità dell’intero sistema bancario italiano.
Però c’è un evidente conflitto d’interesse: i soci della Banca sono i gruppi bancari sul cui operato la Banca d’Italia è chiamata dalla legge a vigilare. E’ così?
Non è così. In teoria, il fatto che le azioni della Banca d’Italia debbano appartenere solo a banche, assicurazioni ed enti pubblici economici (ad esempio l’INPS), è da alcuni considerata un’anomalia foriera di possibili conflitti di interesse. Nella realtà, però, le quote di partecipazione detenute dalle banche, notoriamente nella storia non hanno mai consentito a queste la benché minima possibilità di incidere sugli indirizzi di vigilanza, né su qualsiasi altro aspetto dell’attività della Banca d’Italia. Il potere dei soci si limita all’approvazione del bilancio ed alla nomina del Consiglio Superiore, che svolge funzioni amministrative, e partecipa al processo di nomina dei membri del Direttorio e del Governatore, che esercitano il potere di vigilanza.
Nella sua telefonata Di Battista ripete con orgoglio che spinge da cinque anni sul punto. Magari basteranno altri cinque anni per farglielo capire. Magari no.