La delibera del Piemonte che manda i malati di COVID-19 a curarsi nelle RSA

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-04-10

Il provvedimento per alleggerire gli ospedali autorizza il trasferimento di pazienti alle residenze sanitarie assistenziali L’assessore alla Sanità Icardi: “Non è così”. Ma a Torino già 80 positivi sono stati collocati in una casa di riposo

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C’è una delibera in Piemonte che prevede di alleggerire la pressione sui presidi ospedalieri attivando posti letto per pazienti positivi al Coronavirus nelle Rsa operativa dal 20 marzo. Impone percorsi e spazi dedicati, come è ovvio. Esattamente come in Lombardia. Ma all’interno delle stesse strutture – 730 in tutta la regione – che ospitano circa 30 mila anziani fragili, non autosufficienti e spesso pluripatologici: i bersagli preferiti dal virus. Oggi ne parla La Stampa in un articolo a firma di Lidia Catalano e Alessandro Mondo:

«Nessuno ha trasferito o ha intenzione di trasferire pazienti positivi dagli ospedali alle Rsa. L’idea è di impiegare strutture nuove e inutilizzate», puntualizza da giorni l’assessore alla Sanità Luigi Icardi. Ma il testo del documento, che a oltre due settimane dall’approvazione non è ancora stato pubblicato sui canali ufficiali – «per motivi tecnici» spiegano dalla Regione – dice esattamente il contrario. Tant’è che i trasferimenti sono già iniziati, e solo nella città di Torino si contano almeno un’ottantina di pazienti positivi collocati in una casa di riposo.

Questo nonostante soluzioni del genere fossero state osteggiate da subito da Cgil, Cisl, Uil e Fisascat, secondo cui «a livello strutturale le Rsa non sono dotate di padiglioni isolati atti a garantire la separazione fisica degli spazi, ma ancora di più non sono in grado di rispondere alla necessità di avere una doppia struttura di personale senza contatti, il che aumenta il rischio di un utilizzo promiscuo delle maestranze».

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Ieri la consigliera grillina Francesca Frediani ha chiesto l’intervento degli ispettori ministeriali per verificare l’operato delle Rsa. Sotto accusa, tra le altre cose, la carenza di dispositivi di protezione che hanno esposto al contagio non solo gli ospiti ma anche il personale delle strutture. Era difficile da escludere. Già una settimana prima della delibera regionale, il Covid 19 aveva varcato le soglie delle Rsa. Le prime segnalazioni risalgono al 13 marzo.

Poco dopo è iniziata la processione dei carri funebri nei comuni dell’hinterland torinese: 25 morti a Grugliasco, 15 a Brusasco, 22 a Trofarello, 41 in una struttura di Vercelli, dove la metà degli ospiti era risultata positiva ai tamponi. Ma l’elenco è lungo. Tutti decessi che secondo un pesante atto di accusa degli Ordini dei medici provinciali all’unità di crisi «potevano essere evitati con una strategia preventiva che non è mai stata attuata ed è in cima alla lista delle falle nella gestione dell’epidemia in Piemonte».

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