Il nuovo decreto sulle misure d’emergenza per il Coronavirus

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-03-02

In bar, pub e ristoranti, è permesso il solo servizio al tavolo «tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei locali», si legge nel testo del decreto, in modo che «gli avventori siano messi nelle condizioni di rispettare la distanza» di un metro uno dall’altro

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Il nuovo decreto del governo Conte sulle misure d’emergenza per il Coronavirus punta prima di tutto sulla riduzione della potestà amministrativa dei comuni: i sindaci perdono parte dei loro poteri e hanno l’obbligo di rispettare le direttive statali. I provvedimenti firmati ieri dividono l’Italia in tre aree. Alle misure per la zona rossa, quella dei focolai del lodigiano e di Vò, e la zona gialla (Emilia Romagna, la Lombardia, il Veneto, le province di Pesaro e Urbino, Savona), si aggiungono quelle che interessano l’intero territorio nazionale.

Il nuovo decreto sulle misure d’emergenza per il Coronavirus

Vale per tutto il Paese l’applicazione del «lavoro agile» per la durata dello stato di emergenza, la sospensione fino al 15 marzo delle gite scolastiche e l’obbligo, alla stessa data, della presentazione del certificato medico per la riammissione in classe per assenze «dovute a malattia infettiva». Chi, da ieri e per i quattordici giorni precedenti, abbia soggiornato in aree a rischio epidemiologico all’estero o sia transitato dalla nostra zona rossa ha l’obbligo di comunicarlo al proprio medico o al pediatra. Fino all’8 marzo partite a porte chiuse nella zona gialla e divieto di trasferta per i tifosi residenti negli stadi del resto d’Italia.

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Il nuovo decreto con le misure d’emergenza per il Coronavirus (Il Messaggero, 2 marzo 2020)

L’Italia, spiega oggi Repubblica, viene divisa in tre parti:

La zona rossa — ovvero i dieci comuni lombardi individuati come focolaio dell’epidemia, più il veneto Vo’ — dove restano in vigore le restrizioni più pesanti: dalla quarantena al divieto di allontanamento, dallo stop a manifestazioni ed eventi fino alla chiusura di scuole, attività commerciali e servizi pubblici.

La zona gialla che interessa tre regioni (Emilia Romagna, Lombardia, Veneto) e due province (Savona e Pesaro-Urbino), imponendo grossi vincoli: oltre a limitare l’accesso a funivie e cabinovie, consentendo la presenza solo per «un terzo della capienza», le scuole non riprenderanno fino all’8 marzo (come stabilito pure dal Friuli Venezia Giulia); chiese e musei potranno restare aperti a patto di evitare «assembramenti», contingentando gli ingressi; ristoranti e bar serviranno solo «i posti a sedere», rispettando la distanza di «almeno un metro» fra avventori, regola che vale anche per i negozi; per riunioni e incontri dovrà essere privilegiato il collegamento da remoto. Con ulteriori specifiche per quattro province — Bergamo, Lodi, Piacenza e Cremona — dove sabato e domenica verranno chiusi supermercati e centri commerciali. E in Lombardia e nella provincia di Piacenza anche palestre, centri sportivi, piscine.

Per il resto del Paese, ovvero la zona verde, si prevede qualche precauzione in più: chi è entrato in Italia 15 giorni fa dopo aver soggiornato in aree a rischio dovrà comunicarlo alla Asl e sottoporsi a controlli, mentre il lavoro telematico viene esteso a tutti i rapporti subordinati. Nella speranza che l’epidemia rallenti.

Le nuove norme per l’emergenza Coronavirus

Tra le novità è prevista la chiusura dei centri commerciali nei fine settimana in particolare nella zona gialla, e cioè in Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Pesaro e Urbino e Savona. Chiuse palestre e centri benessere. In bar, pub e ristoranti, è permesso il solo servizio al tavolo «tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei locali», si legge nel testo del decreto, in modo che «gli avventori siano messi nelle condizioni di rispettare la distanza» di un metro uno dall’altro. Sospese le gite scolastiche per tutta Italia, fino al 15 marzo, e limitazioni anche per gli impianti delle stazioni sciistiche: funicolari, funivie e cabinovie aperte solo se vi accede «un massimo di persone pari ad un terzo della capienza».

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Coronavirus: contagiati e guariti (Il Messaggero, 2 marzo 2020)

Ci sono anche le norme sulle chiese: «L’apertura dei luoghi di culto è condizionata all’adozione di misure organizzative tali da evitare assembramenti di persone, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi e tale da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza tra loro di almeno un metro», dice il decreto del governo che prevede la distanza di sicurezza anche per poter riaprire chiese, sinagoghe, moschee o qualsiasi altro luogo di culto nelle zone a rischio contagio. Oggi riaprirà anche il Duomo di Milano, con ingressi a scaglioni e biglietti solo online.

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