Il controinciucio tra Salvini e Di Maio: Lega e M5S tornano insieme?

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-08-15

«La tela con i cinquestelle è definitivamente strappata? Io non chiudo mai le porte fino in fondo». Sembra uno scherzo, rischia di diventare il primo auto-ribaltone della storia

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Ieri Giancarlo Giorgetti ha palesemente mostrato tutta la sua insofferenza nei confronti della mossa di Matteo Salvini, che ha tolto la fiducia al governo LegaM5Sfacendo tutto da solo” e senza consultare gli altri nel Carroccio. Una posizione di rottura per l’ex vice del Capitano, considerato un suo fedelissimo oltre che l’uomo dietro le svolte governiste della Lega (soprattutto sull’euro, in virtù della sua amicizia con Mario Draghi).

Il controinciucio tra Salvini e Di Maio: Lega e M5S tornano insieme?

Ora si capisce che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, che ha rinunciato al posto di commissario a Bruxelles per rimanere qui pronto al voto e a un posto nell’immaginario governo leghista dopo le elezioni, ha evidentemente cambiato idea oppure ha deciso di cambiare posizione politica per ragioni di opportunità. E, udite udite, adesso lavora a un tentativo di controinciucio tra Salvini e Di Maio. Insieme al ministro Centinaio. Scrive Repubblica in un articolo a firma di Tommaso Ciriaco:

Giancarlo Giorgetti, già poco convinto della tempistica dello strappo, è rimasto molto colpito da una telefonata ricevuta due giorni fa dal Colle, anche se fonti ufficiali non confermano il contatto. In privato, Salvini inizia allora a pensare di non aver calcolato al meglio i tempi. «Finché c’è Renzi che fa così, non è facile che partano – ha iniziato a spiegare l’altro ieri ai parlamentari incontrati a Roma, poi ancora ieri a Giovanni Toti – Ma se la partita passa ad altri, tutto è possibile».

Significa, ha confidato ai fedelissimi Salvini, che «se un governo parte, dura. Potremmo trovarci per anni all’opposizione». E infatti il dubbio ha iniziato a farsi largo come un virus. Fino all’incredibile uscita di ieri del ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio, vicinissimo a Giorgetti, ieri a Circo Massimo su Radio Capital: «La tela con i cinquestelle è definitivamente strappata? Io non chiudo mai le porte fino in fondo». Sembra uno scherzo, rischia di diventare il primo auto-ribaltone della storia.

Giorgetti parla anche in prima persona e in un’intervista rilasciata a Carmelo Lopapa propone un governo che sterilizzi l’IVA e poi le urne, anche se soltanto come seconda ipotesi:

«Noi pensiamo ancora che possa prevalere il buon senso. Che ci siano le condizioni per andare al voto entro il 27 ottobre. Che un governo si insedi anche un mese dopo, a fine novembre, e appronti una manovra, intanto per congelare l’Iva. Lo ha già fatto Gentiloni nel 2017. Poi serviranno misure politiche, concrete. E su quelle abbiamo già le idee chiare».

Anche i vostri ex alleati sembrano avere le idee chiare, sottosegretario Giancarlo Giorgetti. Le elezioni non sono più alla vostra portata come qualche giorno fa.
«Sarebbe davvero singolare che si perda altro tempo. Non vogliono elezioni in autunno? A quel punto la cosa quasi inevitabile è che si insedi un governo elettorale fino al voto e che presenti un bilancio a legislazione vigente, come si dice in gergo. E poi un decreto a fine anno con misure in vigore da gennaio: a cominciare dalla sterilizzazione dell’aumento dell’Iva, ovviamente. Purché a inizio anno si torni davanti agli elettori».

Il mistero della rottura tra Lega e M5S

Nell’intervista Giorgetti offre anche una ricostruzione di comodo della rottura decisa da Salvini. Dopo aver detto nelle interviste in video che Salvini ha deciso da solo, si rimangia tutto con l’eleganza tipica del politico che pensa che si possa dire tutto e il contrario di tutto impunemente:

«Guardi, Matteo è un capo. Si è assunto le sue responsabilità. Ha sempre chiesto il parere a tutti. Anche a me. Ho detto come la pensavo anche subito dopo le Europee. Adesso lo accusano. Lui paradossalmente è il leader che ha cercato in tutti i modi di difendere questa esperienza di governo, di portarla avanti».

Poi cosa è successo l’8 agosto?
«Che lui ha messo in fila i ministri, i capigruppo, i dirigenti del partito. Ha chiesto se preferivano restare al governo, sulle loro poltrone, oppure fare qualcosa di concreto per questo Paese. E a sorpresa in coro gli hanno detto basta. Poi ha sentito una ventina di imprenditori e figure di spicco dell’economia e il responso è stato lo stesso: al voto. Matteo non ha dormito per tre notti e ha tratto le conclusioni. Gli altri hanno le direzioni o le piattaforme Rousseau. Noi abbiamo un leader».

matteo salvini

Nell’intervista video dice invece che “Un capo decide lui da solo”, e poi “sarebbe stato più facile votare se si fosse fatto prima”. Un modo per ricucire uno strappo con “il capo” in attesa di tessere la tela del controinciucio. Riuscirà?

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