Fact checking
La fake news di Conte che si è fatto l’ospedale a casa
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2020-04-16
Il Tempo ha accusato Palazzo Chigi di essersi fatto l’ospedale a casa. E di aver pensato a sé stesso (e ai suoi collaboratori) prima che agli italiani. Il tutto a causa di una serie di forniture e approvvigionamenti di materiale sanitario per Palazzo Chigi, la presidenza del Consiglio “ha messo da parte veri e propri arsenali con cui resistere nel bunker anche per lunghi mesi”. Ma…
Nei giorni scorsi il Tempo, in una serie di articoli firmati dal direttore Franco Bechis, ha accusato Giuseppe Conte di essersi fatto l’ospedale a casa. E di aver pensato a sé stesso (e ai suoi collaboratori) prima che agli italiani. Il tutto a causa di una serie di forniture e approvvigionamenti di materiale sanitario per Palazzo Chigi, la presidenza del Consiglio “ha messo da parte veri e propri arsenali con cui resistere nel bunker anche per lunghi mesi”.
La fake news di Conte che si è fatto l’ospedale a casa
Il racconto del quotidiano romano partiva dalla lettera con cui il 26 febbraio scorso Palazzo Chigi ha acquisito la disponibilità da parte di un’azienda veneta di consegnare entro cinque giorni a trattativa diretta “500 mascherine APVR FFP3”, al prezzo di 7,98 euro cadauna, consegnate secondo programma da un’azienda veneta, la Kit ufficio di Scorzè in provincia di Venezia.
Alla stessa data e con gli identici tempi di consegna (cinque giorni) trovate per Conte & c anche 10 mila mascherine chirurgiche a un ottimo prezzo (0,20 euro l’una) assicurato da un’azienda del bergamasco, la Mediberg di Calcinate. Quindi ai primi di marzo palazzo Chigi aveva già le prime protezioni necessarie, e a quel punto ha potuto pensare anche agli altri italiani, chiedendo a Consip di fare una gara che è stata più o meno disastrosa, visto che una serie di lotti sono stati revocati e secondo il commissario agli approvvigionamenti sanitari, Domenico Arcuri almeno la metà dei quantitativi ordinati arriverà quando il coronavirus se ne sarà andato dall’Italia.
La bergamasca Mediberg nell’ultima settimana di marzo ha integrato l’ordine già eseguito a inizio mese con ulteriori 32.400 mascherine chirurgiche sempre al prezzo di 0,20 euro l’una. Sempre la stessa azienda a metà marzo per altro aveva consegnato a palazzo Chigi altre 1.800 mascherine chirurgiche da 0,20 e pure 900 “camici visitatore non chirurgico” al prezzo di 0,80 euro l’uno. Il 10 marzo sono arrivati invece da un’azienda del foggiano – la Cerichem Biopharm di Cerignola- 270 taniche da cinque litri l’una di gel disinfettante al prezzo di 16,50 euro per tanica, e al prezzo di 3 euro l’uno altri 50 “flaconi di sapone antibatterico da 500 ml con dosatore” e 130 “flaconi di gel disinfettante da 500 ml con dosatore”.
Il 3 marzo invece a Palazzo Chigi una ditta di Pomezia, la Cipriani Utensiltecnica, ha consegnato 310 confezioni da 100 pezzi l’una di “guanti monouso in nitrile” per un prezzo complessivo di 1.500 euro. Anche le mani del premier e dei suoi così erano protette. Pochi giorno dopo un’altra ditta, la Alse medica di Roma, ha consegnato 330 “camici in TNT idrorepellente con rinforzo” al prezzo di 1.120 euro complessivi. Il primo aprile è arrivato da altri due fornitori non meglio specificato “materiale sanitario” per un totale di 7 mila euro.
Gli articoli di Bechis sono stati successivamente ripresi nel question time di ieri a Montecitorio dal capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Francesco Lollobrigida: “Oggi in quest’Aula avremmo voluto il Presidente Conte a spiegare come mai, mentre gli italiani a fine febbraio cercavano di capire che cosa stesse accadendo nella Nazione in riferimento all’emergenza coronavirus, proprio in quelle ore Palazzo Chigi si approvvigionava dotandosi di mascherine, gel igienizzanti, defibrillatori e quant’altro”. E ancora: “Gli italiani lo hanno scoperto di lì a poco che cosa stava succedendo, ritrovandosi chiusi in casa nella migliore delle ipotesi o in ospedale nella peggiore. Il tutto – ha aggiunto – mentre mandavate Zingaretti a Milano a combattere il razzismo a suon di aperitivi invece di portare in Lombardia dispositivi di protezione per medici, infermieri e cittadini. State continuando a scappare dalle vostre responsabilità, su questo oggi come sul Mes la prossima settimana, quando impedirete che il Parlamento possa esprimersi attraverso un voto dell’Aula. Ma state certi: la storia parlerà, e la storia arriverà presto”, ha concluso.
Perché Conte non si è fatto l’ospedale in casa
In attesa che la storia parli e che arrivi il redde rationem, magari anche per chi ha raccontato che Gualtieri aveva firmato il MES, il ministro per il rapporti con il Parlamento Federico D’Incà ha risposto in Parlamento alle accuse del Tempo mentre Palazzo Chigi pubblicava sul suo sito una lunga nota esplicativa dalla quale si evincono una serie di cose interessanti. La prima è che il presidio sanitario dislocato a via della Mercede è operativo dal lontano 1994, ed è stato pensato e posto a servizio di tutti i lavoratori distribuiti nelle 15 sedi della Presidenza, nonché delle varie Autorità di riferimento. Quindi affermare che Conte si sia fatto l’ospedale in casa è una fake news. Poi si scopre che buona parte degli ordini di cui si parla nell’articolo erano stati fatti… a novembre 2019:
Gli acquisti di cui si ragiona negli articoli, riguardanti bombole di ossigeno, defibrillatori e camici sono stati effettuati nel quadro di una “ordinaria programmazione” dei fabbisogni del presidio sanitario della Presidenza del Consiglio dei ministri, che non ha nulla a che vedere con questa fase di emergenza.
Lo dimostra il fatto che la data della determina di approvvigionamento (primo atto della procedura negoziale) risale al 14 novembre 2019, a fronte di una richiesta della responsabile dell’Ufficio sanitario del luglio 2019. La mera consegna, invece, è avvenuta alcuni mesi dopo: il 25 febbraio 2020, per le bombole d’ossigeno, e il 20 marzo 2020, per i defibrillatori (queste date e tutto l’iter negoziale è documentato nel portale della trasparenza ed è quindi di immediata consultazione).
Anche l’acquisto dei farmaci rientra nel quadro di una “ordinaria programmazione” dei fabbisogni del medesimo presidio sanitario, e non riguarda questa fase di emergenza. In particolare, la data della determina di approvvigionamento risale al 14 novembre 2019. Dopo una prima procedura andata deserta, i farmaci risultano attualmente in fase di consegna.
E anche questo cambia i termini della questione. In più, le famigerate mascherine non sono state ancora consegnate: alla faccia della via privilegiata della presidenza del Consiglio. Ma c’è un altro colpo di scena:
Quanto agli acquisti di guanti, gel disinfettante e mascherine chirurgiche, si fa presente che il Ministro per la Pubblica Amministrazione ha emanato, il 25 febbraio 2020, una direttiva che ha imposto a tutte le amministrazioni pubbliche l’adozione di misure di igiene e di protezione a beneficio di tutti i dipendenti e di tutti coloro che, a diverso titolo, operano o si trovano presso l’amministrazione.
Nei giorni successivi all’emanazione di questa direttiva del Ministro per la Pubblica Amministrazione, il Responsabile del Dipartimento per i servizi strumentali della Presidenza del Consiglio ha avviato le procedure negoziali che hanno portato all’acquisto e alla consegna di 1250 litri di gel igienizzante, di 310 confezione da 100 guanti ciascuna, di 11.600 mascherine chirurgiche. Altre 32.400 mascherine chirurgiche sono state pure ordinate e dovrebbero essere consegnate, in base all’originaria previsione a fine maggio.
Quindi anche qui nessuna informazione riservata in base alla quale la presidenza del Consiglio si è mossa prima di avvisare gli italiani. C’è anche da ricordare che le scorte non sono poi tanto scorte, visto che il numero complessivo dei soli lavoratori degli Uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che sono circa 3mila e sono dislocati non solo a Palazzo Chigi ma in circa 15 sedi differenti e si considera il limitato numero di ore suggerito per l’efficace utilizzo di una mascherina.